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Repubblica-I Comuni tagliano la spesa sociale

Rapporto Spi-Cgil sul finanziamento del Welfare: dagli asili all'assistenza anziani. La riduzione maggiore tra il 2002 e il 2003 I Comuni tagliano la spesa sociale Sacrifici anche oltre ...

08/09/2005
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la Repubblica

Rapporto Spi-Cgil sul finanziamento del Welfare: dagli asili all'assistenza anziani. La riduzione maggiore tra il 2002 e il 2003
I Comuni tagliano la spesa sociale
Sacrifici anche oltre il 20% nel Sud, salgono tasse e tariffe
Nel 2005 i fondi di provenienza statale e regionale sono calati del 17 per cento rispetto al 2003
Ai primi posti in Italia per pagamenti procapite Trento e Bolzano. Agli ultimi posti Avellino e Taranto
LUISA GRION


ROMA - Più tasse locali, meno servizi, meno investimenti e un divario sempre più crescente fra Nord e Sud. L'Italia dei Comuni ha il fiato al collo: lo dimostra un'indagine della Spi-Cgil che - facendo le pulci ai bilanci degli enti locali ha scoperto come negli ultimi anni vi sia stato un netto ed inesorabile crollo nel welfare offerto e quindi nella qualità della vita degli italiani.
Da quando sulle amministrazioni si è stretta la doppia tenaglia del taglio ai trasferimenti da una parte e del rispetto del patto di stabilità dall'altra i municipi - per far quadrare i conti - hanno dovuto alzare le entrate e tagliare i costi. Ne ha fatto le spese - prima di tutto - l'investimento per interventi sociali che nel Sud, solo fra il 2003 e 2004 ha messo a segni sforbiciate fino al 20 per cento.
Considerata la voce nel suo senso più stretto (assistenza, beneficenza, servizi all'infanzia), se nella media del 2002 le amministrazioni investivano 168,36 euro, nel 2004 la quota raggiungeva a stento i 162. Nel Sud il dato più tragico: da 124 a 100 euro circa. Cosa ha prodotto in concreto il taglio? Meno assistenza scolastica, meno cultura: a Crotone, Reggio Calabria, Taranto e Avellino la voce di spesa non raggiungeva - nel 2003 - i 60 euro annui pro-capite contro i 200 di Firenze, Udine, Bologna, Pordenone e Modena. Solo per la scuola il Sud in genere spendeva 35 euro contro una media nazionale di 50 (valore che scende però al di sotto dei 10 euro a Vibo Valenzia, ma anche a Trento e Gorizia). Ed è molto improbabile che negli ultimi mesi vi possa essere una svolta visto che - in media - dal 2003 al 2005 i trasferimenti agli enti locali hanno subito un taglio del 17 per cento.
Il guaio, infatti, è che per chiudere i bilanci i Comuni - nello stesso periodo - hanno dovuto aumentare la pressione fiscale: nel 2000 quella locale era di 416,26 euro pro-capite , tre anni più tardi era già arrivata a 574,40 ( ma si passa da un massimo nel Centro-Nord di690 euro ad un minimo, nel Sud di 385). La tendenza all'aumento delle entrate è d'altra parte generale : lo dimostra anche il dato fornito ieri dal ministero dell'Economia secondo il quale i dati di competenza del gennaio-maggio 2005 (quelli che si utilizzano per il calcolo del deficit ai fini europei) mostrano un incremento del 2,9 per cento al netto dei condoni e del 5,7 sui versamenti effettivi (un balzo legato essenzialmente alla cosiddetta Ire, l'ex Irpef, e Ires, l'ex Irpeg).
Tornando ai Comuni, l'allarme che lanciano i curatori della ricerca, guidati dal sociologo Francesco Montemurro, è che a fronte di una emergenza economica lo scollamento del Paese, invece di ricomporsi sia vada sempre più ampliando. Il welfare, dappertutto in crisi, rischia di procedere a due velocità e questo anche per alcuni "storici difetti" della amministrazione meridionale che fatica, più delle altre a liberarsi dalle pastoie burocratiche (la spesa sul totale corrente incide del 33 per cento contro una media nazionale del 26,9) e meno delle altre riesce a riscuotere i crediti. A fronte di un taglio di ulteriori risorse previsto nel 2005 non c'è - da parte dei municipi meridionali - la possibilità e la capacità di recuperare tutte le entrate locali. La quota di proventi da servizi pubblici (rette e ticket) non raggiunge i 50 euro contro, valore che si triplica in molte città del Centro-Nord.


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