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Repubblica: I cervelli perduti di Firenze

Pochi studenti alle proteste? A Firenze non se ne vedevano tanti da trent´anni. Tre, quattro volte i partecipanti al famoso movimento dei professori, guidato da Paul Ginsborg e Pancho Pardi

29/10/2008
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la Repubblica

Il reportage
FIRENZE

L´Onda sveglia Firenze e in piazza va in scena la sfilata dei cervelli perduti

"Ci siamo ripresi la città" dicono i ragazzi della protesta e non è uno slogan
Il ricercatore precario: "Che succede con i tagli? Che me ne torno ad Harvard"

CURZIO MALTESE

Ottantamila in corteo nelle strade cittadine. Cinquemila in Piazza Signoria, in un silenzio irreale e contagioso perfino per i turisti, ad ascoltare la lezione di astronomia di Margherita Hack all´ombra del David. Mille o duemila nelle assemblee più calde, «come nel ‘68» commenta qualche docente con l´occhio umido. Domani trenta pullman partiranno per lo sciopero generale di Roma, roba da sindacato. «Ci siamo ripresi la città» dicono i ragazzi e non è uno slogan. Dal centro di Firenze gli studenti sono stati deportati in questi anni nelle nuove e quasi sempre spaventose sedi periferiche di Novoli, Sesto Fiorentino, perse nel grigio dei centri commerciali. Avete presente un campus californiano? Ecco, il contrario. Non un campus, ma nemmeno un campo, un giardinetto, un´aiuola, un portico, una panchina per studiare. E le tasse sono uguali a Berkeley: duemila euro.
«Firenze ha una grande università suo malgrado» racconta Francesco Epifani («non parente»), 24 anni, uno dei capi della rivolta a Matematica. «I bolognesi si sono ritirati sulle colline e guardano dall´alto la città degli studenti. Qui invece ci hanno sloggiato dal centro e ci tollerano soltanto come ramo secondario del turismo». E´ due volte vero. Nel senso che gli studenti benestanti vengono spolpati al pari di comitive di russi: gli altri fanno i camerieri.
Nella città d´arte più famosa del mondo, l´università e le gloriose istituzioni culturali campano come le antiche famiglie patrizie cittadine: ogni anno si vendono un palazzo. «E´ l´unico modo per chiudere il bilancio e rinviare di anno in anno il commissariamento» spiegano al rettorato. L´anno scorso l´ateneo fiorentino ha messo all´asta la splendida Villa Favard accanto a Santa Maria Novella, ex sede di Economia. Quest´anno è toccato all´ex convento delle Montalve, fra le colline di Careggi. Nella partita di giro a guadagnarci sono soltanto i costruttori fiorentini, più quelli importati come l´intramontabile Salvatore Ligresti. S´arricchiscono con gli appalti delle nuove sedi e investono una parte degli utili comprando a prezzi di liquidazione i palazzi d´epoca nel cuore di Firenze e sulle colline.
In questo vorticoso giro di soldi le università s´indebitano. Non solo Firenze. Nella piccola università di Siena, nonostante i soldi pompati dal Monte dei Paschi, il debito è di 245 milioni. Ma l´Onda è arrivata perfino alle isole felici, come la Normale di Pisa. I «normalisti» non scioperano e non occupano («Come si fa? Viviamo già qui dentro»), ma sono solidali. Hanno appeso sulla facciata di Piazza dei Cavalieri lo striscione che è diventato un simbolo in tutta Italia: «Un Paese vale quel che ricerca». Nella notte un temporale o una manina l´ha buttato giù. «Ma domani ne facciamo uno ancora più grande».
Sopravvivono con le toppe anche le prestigiose istituzioni fiorentine, l´Istituto del Rinascimento, l´Accademia della Crusca. La presidente della Crusca, Nicoletta Maraschi, appena tornata da un giro all´estero per promuovere l´italiano nel mondo, ha subito sposato la protesta degli studenti. Oggi terrà la sua lezione di storia della lingua italiana in piazza Santissima Annunziata. «Il degrado è impressionante, di anno in anno, di governo in governo, di taglio in taglio. Era normale che prima o poi esplodesse il disagio. Dovremmo congratularci con gli studenti, invece di attaccarli. Chiedono una riforma seria, un reclutamento fondato sui meriti e non sulle conoscenze, un progetto complessivo che manca da molti anni. Sono la prima generazione davvero europea, girano il mondo, anche se non abbastanza, e chiedono gli standard dei loro coetanei francesi, tedeschi, inglesi, spagnoli».
E´ l´effetto Erasmus. Ne parlo con Massimo Livi Bacci, demografo, uno dei punti di riferimento della cultura fiorentina, autore di un libro che si vede circolare in queste settimane negli atenei. Attualissimo fin dal titolo: "Avanti giovani alla riscossa". Quasi tutti i capi della protesta che ho incontrato a Roma, Milano, Firenze, Bologna, studenti o ricercatori, professori e associati, avevano alle spalle un´esperienza comune, l´Erasmus oppure un contratto all´estero. «Ma certo, tornano in Italia e scoprono che siamo fuori dall´Occidente, in ritardo su tutto» commenta Livi Bacci. «Io l´Erasmus lo renderei obbligatorio per tutti i giovani, non solo gli studenti. Un anno fuori da casa, da mamma e papà, in un altro paese. Obbligatorio come un tempo il servizio militare». Come si esce dalla crisi giovanile italiana, è il sottotitolo del libro. Come se ne esce, professore? «Con investimenti, di sicuro non con i tagli. Con una politica per i giovani che in Italia non c´è. Ci sono le solite emergenze settoriali, un mese l´emergenza precari, un´altra l´emergenza studenti. Ci sono i ministeri delle politiche giovanili: nel complesso, una bella pagliacciata. La Gelmini ha l´aria di saper poco o nulla di come funziona nel resto d´Europa. Questa cosa del turn over dei ricercatori ridotto al venti per cento è ridicola. Ma ha un´idea il ministero di che cosa vuol dire in concreto?».
Un´idea me la faccio io incontrando nei corridoi di Farmacia un esubero vivente, il ricercatore precario Duccio Cavalieri. «Che succede se passano i tagli? Faccio le valigie e torno in America. Sono stato cinque anni ad Harvard, benissimo, ben pagato, dirigevo un laboratorio di microbiologia. Sono tornato tre anni fa nel mio paese, pieno di speranze. In tre anni, con lo stipendio di un impiegato, ho fatto ottenere all´università di Firenze finanziamenti europei per 750 mila euro che altrimenti sarebbero andati in Spagna, Francia, Portogallo… Ora mi dicono che sono un lusso. Non il barone, io sono un lusso, capito?».
Ad Architettura i ricercatori tengono corsi con duecento studenti, aule stracolme, alla paga di tre euro all´ora, meno di un ragazzo di un call center. A Economia i professori di ruolo hanno proposto un fondo di solidarietà per pagare gli stipendi a tre dei ventitré ricercatori «tagliati». A Giurisprudenza 32 ricercatori associati, in attesa di chiamata da anni, hanno inviato una lettera aperta al rettore: «La chiamata di ciascuno di noi costerebbe 3 mila euro. E´ troppo?». Il professor Lorenzo Foà, fisico di fama internazionale, docente alla Normale di Pisa, ha lanciato l´allarme dall´Unità: «Formiamo cervelli gratis per i paesi stranieri». Gli studenti dell´Onda l´hanno preso alla lettera. A Piazza della Signoria hanno organizzato la «fuga dei cervelli», con cervelli di cartapesta, stile carnevale di Viareggio. I turisti ridevano, gli italiani anche. Ma non ne abbiamo motivo.

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