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Repubblica-I BUCHI DELLA MANOVRA TREMONTI

I BUCHI DELLA MANOVRA TREMONTI EUGENIO SCALFARI QUATTRO eventi di diversa importanza ma tutti di notevole interesse per il pubblico italiano domineranno la settimana che comincia domani: du...

27/06/2004
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la Repubblica

I BUCHI DELLA MANOVRA TREMONTI
EUGENIO SCALFARI
QUATTRO eventi di diversa importanza ma tutti di notevole interesse per il pubblico italiano domineranno la settimana che comincia domani: due di politica internazionale e due di politica interna. Il vertice della Nato a Istanbul, l'insediamento a Bagdad del governo provvisorio iracheno, le elezioni di ballottaggio in alcune province e comuni italiani, la manovra economica predisposta dal nostro governo per assestare le falle del bilancio e promuovere lo sviluppo della domanda e del reddito.
Quest'ultimo, non c'è dubbio, è quello che più interessa i nostri concittadini ed è infatti ad esso che intendo destinare quest'articolo (sull'esito dei ballottaggi sapremo tutto tra questa sera e domattina, sicché mi sembra inutile strologare a poche ore dalla conclusione di questo importante appuntamento elettorale).
Non senza tuttavia spendere qualche parola sul vertice Nato e sulla richiesta - che è del governo provvisorio iracheno ed anche del presidente Bush - di invitare gli alleati europei a fornire uomini e mezzi per istruire militari e poliziotti iracheni a compiere la loro parte per recuperare la sicurezza e sconfiggere insorgenze e terrorismo. Sempre più si accresce l'interdipendenza tra le questioni internazionali e quelle domestiche sicché analizzarne i nessi non serve a soddisfare un astratto desiderio di completezza ma a meglio comprendere il contesto nel quale i singoli problemi vanno collocati.
***
Non è ben chiaro, anzi non è chiaro affatto, che cosa si intenda con la parola "istruttori". Ricordo per chi non lo sapesse o l'avesse dimenticato che all'inizio della guerra Usa in Vietnam il governo americano si limitò a inviare in quel paese alcune migliaia di istruttori per preparare l'esercito di Seul a combattere contro i ribelli, denominati "vietcong". Progressivamente gli istruttori americani diventarono decine di migliaia; poi non si parlò più di istruttori ma d'una vera e propria armata combattente che arrivò nell'ultima fase di quella guerra sciagurata a mezzo milioni di uomini.

Il contesto della guerra e del sanguinoso dopoguerra iracheno è molto diverso da quello vietnamita, ma resta che la richiesta di istruttori contiene anche questa volta un retropensiero: si usa una parola più pudica ma si pensa a truppe combattenti vere e proprie. Istruttori infatti non servono in un paese che fino ad un anno fa disponeva d'una efficientissima polizia al servizio d'un regime dittatoriale, nonché di un esercito regolare dotato di divisioni di eccellenza (Guardia repubblicana) capaci di fronteggiare l'esercito iraniano al quale inflissero un milione di morti.
Del resto è stato lo stesso Colin Powell in un'intervista di tre giorni fa che ha fatto il giro dei giornali di tutto il mondo a dichiarare che "il problema non è quello di insegnare ai militari e alla polizia iracheni a maneggiare le armi e a svolgere compiti che conoscono benissimo, bensì a sostenere la causa dell'indipendenza del loro paese e a battersi per il loro governo contro ribelli e terroristi".
Pensare che gli istruttori della Nato possano istillare nell'animo dei soldati e dei poliziotti iracheni questi sentimenti è pura illusione o pura ipocrisia. Diciamo dunque pane al pane e vino al vino: per internazionalizzare la crisi irachena si cerca ora la copertura della Nato, essendo di fatto venuta meno quella dell'Onu dopo il rifiuto di Kofi Annan di mandare la sua gente a farsi massacrare a Bagdad per espletare compiti secondari che possono benissimo essere svolti dal Palazzo di Vetro a New York.
Il governo tedesco, fiutando l'aria e non volendo essere scortese con Bush, ha infatti già detto di essere disposto a gestire scuole di istruzione militare, ma non a Bagdad bensì a Berlino o in un qualunque luogo del territorio della Germania federale. Una "Nunziatella" o una scuola di guerra a Modena, Civitavecchia, o all'Accademia di Livorno non si rifiuta a nessuno. Se è questo che vogliono.
Lo stesso Colin Powell che se ne intende ha detto nell'intervista sopracitata che i tempi necessari per la stabilizzazione nell'Iraq non saranno inferiori a cinque anni. Se basteranno. Il costo finora è stato di 126 miliardi (miliardi) di dollari. Per l'Italia il costo è stato finora di un miliardo di euro. "Continuez mon brave" come diceva quel comandante francese agli ufficiali che si erano ben comportati. "Continuez".
* * *
Veniamo alla nostra manovra economica.
In un mio articolo di tre mesi fa (un tempo che sembra già lontanissimo) avevo descritto in che cosa sarebbe consistita: due provvedimenti distinti, un decreto legge con effetto immediato che avrebbe dovuto tagliare le spese correnti per 12 miliardi di euro in modo da contenere il deficit di stabilità entro la soglia europea del 3 per cento; un disegno di legge che sarebbe entrato in vigore nel gennaio 2005 per ridurre le imposte (Irpef) della stessa cifra (12 miliardi).
Avevo avuto queste informazioni da una fonte molto attendibile e infatti, poche ore dopo la pubblicazione di quel mio articolo, fonti governative confermarono che il ministro dell'Economia stava lavorando esattamente in quella direzione. Quanto al "premier", a lui interessava soltanto il tema della riduzione dell'Irpef; sugli altri dettagli (dettagli!) sorvolò. Giurò che il piano sarebbe stato varato di lì a pochi giorni, con il che il famoso contratto con gli italiani da lui stipulato nel corso d'una ormai celebre trasmissione televisiva, sarebbe stato interamente (interamente) adempiuto.
Purtroppo per lui quel luminoso piano si ingolfò. Fini e Follini lanciarono lai e costruirono posti di blocco; cominciò un'estenuante verifica che forse (forse) sta per concludersi. Il giocattolo di Berlusconi non poté essere utilizzato prima delle elezioni europee, ma viene finalmente riproposto oggi.
Non mi pare sia diverso da quello inizialmente predisposto: manovra in due tempi, meccanismi identici. La sola novità parrebbe la concessione al partito di Fini del ministero delle Attività produttive e al partito di Follini forse (forse) il ministero della Sanità. Forse una delega per il Mezzogiorno ad Alleanza nazionale e un paio di sottosegretariati che non si negano mai a nessuno. Buttiglione alla Commissione di Bruxelles mandando a casa l'ottimo Mario Monti e dunque il posto di ministro addetto agli Affari europei come buonuscita per il dolente Marzano spodestato d'un ministero di fatto inesistente.
Chi giurava sulla tenuta di Fini e Follini avrà di che riflettere.
Personalmente ho sempre pensato e scritto (con tutto il rispetto per così esimi personaggi) che si trattava di tigri di carta o cani da pagliaio che abbaiano ma non mordono. Del resto che possono fare Fini e Follini? Segare l'albero sul quale stanno seduti? Questo, francamente, non si può chiedere a nessuno salvo che al professor Pancho Pardi, quello dei girotondi, che ha fatto in modo a Firenze di obbligare il sindaco Ds ad andare al ballottaggio.
Ma Pardi è un'eccezione testimoniale. Di solito chi sta seduto su un albero ci rimane fino a quando non arrivi una motosega...
* * *
Il taglio per decreto di 7 miliardi di euro inciderà sulle spese della Pubblica amministrazione, sui trasferimenti a Comuni e Regioni, sugli incentivi alle imprese. Come previsto. E' stato abbandonato il "taglia-spese" perché è un rimedio peggiore del male: blocca la cassa per qualche mese e determina nel trimestre successivo un salto di uscite molto rischioso.
Nell'esercizio scorso quel salto è stato dell'8,9 per cento. Meglio non riprovarci.
E' probabile che l'Ecofin darà il suo benestare al provvedimento e non farà partire la lettera di ammonimento (warning) per il governo italiano. Questo è un buon risultato. Con alcuni aspetti negativi. 1. Rischio di deflazione a causa di minori spese per 7 miliardi (14 mila miliardi di vecchie lire) in una fase congiunturale ancora stagnante o di ripresina ancora gracilissima. 2. Penalizzazione delle imprese meridionali. 3. Difficoltà serie per Comuni e Regioni, sempre più costretti ad aumentare tasse e sovrattasse, con il che la pressione fiscale cresce anziché diminuire. Proprio l'altro ieri la Corte dei conti ha documentato quanto Vincenzo Visco aveva più volte affermato e cioè che sotto la gestione Berlusconi-Tremonti il carico tributario procapite è aumentato e non diminuito come l'ineffabile Schifani continua a sostenere ogni giorno in tivù.
In parziale alternativa a queste fonti di copertura Tremonti pensa al raddoppio della tassazione sulle rendite da capitale. Lo pensa ma non l'ha ancora detto poiché avrebbe un pessimo effetto sul voto di oggi. Bugiardi sono, bugiardi restano. Intanto i cani da pagliaio abbaiano alla luna.
* * *
E siamo alla riduzione delle imposte a partire dal 2005. Faccio qualche domanda.
1. La riduzione produce minor gettito per 7 miliardi. Qual è la copertura? Non certo la cifra di minori spese tagliate per decreto nel 2004, destinata a tenere il deficit sotto la soglia del 3 per cento. E allora dove? Con le imposte sulla maggiore domanda che dovrebbe derivare dal taglio fiscale? E' accettabile una copertura a "babbo morto", anzi "a domanda rediviva"? L'accetterà il presidente della Repubblica? L'accetterà Bruxelles? 2. Proprio in questo stesso numero del giornale Visco esamina il vero stato delle finanze italiane. Il disavanzo è notevolmente maggiore di quanto appare sotto il belletto delle "una tantum". Per i condoni si è raschiato il fondo del barile. Servono soldi freschi per rimpiazzarli. Dove saranno presi? Quale sarà il fabbisogno del 2005? Il debito pubblico aumenterà o diminuirà? 3. Tutto fa ritenere che sia imminente un rialzo dei tassi di interesse in Usa. Londra ha già preceduto. Che farà la Banca centrale europea? Può darsi che al primo rialzo Usa non reagisca, ma reagirà sicuramente al secondo. Di conseguenza l'onere del debito pubblico aumenterà, tanto più se le cedole dovranno pagare un'imposta del 23 anziché del 12,5. Se l'onere del debito crescesse ci vorrebbero entrate aggiuntive. O no?
* * *
La filosofia di Tremonti è chiara ed è sempre la stessa dal 2001 ad oggi: punta sulla ripresa e nell'attesa si barcamena manipolando le cifre, cercando di infondere ottimismo e tirando a campare. Il "premier" adora questa filosofia, vi aderisce con tutta l'anima. E' cresciuto in questa cultura, su di essa ha costruito le sue fortune di impresario e venditore di pubblicità.
Adesso realizza che un buon venditore di pubblicità non è necessariamente un uomo di Stato. Ma grida al complotto, non si rassegna, minaccia di abbattere il Tempio come Sansone e di seppellirci sotto le rovine gli odiati Filistei.
Per questo i Filistei sono tigri di carta. Hanno paura. Perciò abbozzano.
Ma gli fanno perder tempo e lui di tempo ne ha sempre di meno.
Concludo esprimendo una certezza: l'economia italiana ha bisogno di tutto fuorché d'una riduzione d'imposta. Farà piacere anche a me quando arriverà, ma non servirà a niente come non servì assolutamente a niente la riduzione di imposte adottata da Ronald Reagan. Forse pochi ricordano o sanno che da Reagan ebbe inizio una delle più lunghe recessioni dell'economia americana degli ultimi cinquant'anni. Egregio ministro del Tesoro, lei queste cose dovrebbe saperle, non è vero? Stanno scritte negli annali della storia americana e nelle statistiche della Federal Reserve. Le chiedo: le sa o non le sa?


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