"È una posizione anacronistica e provocatoria, io rispetto le tradizioni di tutte le regioni"
ALESSIA GALLIONE
MILANO - Ha detto no ai presidi del Sud in provincia di Vicenza. Ma adesso Morena Martini, assessore alla Scuola del Pdl e autrice della contestata mozione approvata la scorsa settimana dal consiglio provinciale per chiedere «pari opportunità» tra dirigenti scolastici del Nord e del Sud, dice no anche alla richiesta della Lega di un test di dialetto per i professori.
Assessore Martini perché è contraria?
«La mia formazione e la mia cultura mi portano a rispettare le usanze e le tradizioni di tutte le regioni. Questa è una presa di posizione della Lega di natura secessionista. La trovo anacronistica e provocatoria. Punterei l´attenzione su altro».
Su cosa?
«Quello che vorrei è che tutti i professori, in Veneto come in Campania, avessero le competenze per insegnare. E la competenza non ha colore politico ne può essere prerogativa di una sola regione».
Che senso aveva la sua proposta, allora?
«Con la mozione, che ricordo è stata approvata in modo bipartisan da maggioranza e opposizione, chiediamo giustizia. In alcune regioni, purtroppo del Sud, non sono state rispettare le regole nel reclutamento dei dirigenti. Noi siamo stati ligi alle norme e adesso in Veneto ci sono tanti bravi insegnanti, che aspirerebbero a entrare in ruolo. Deve essere ripristinato uno stato di diritto che è stato disatteso e chi aveva i meriti e i titoli per ricoprire un ruolo si è visto scavalcare da chi, magari, non ce l´aveva».
Quindi non è contraria ai presidi del Sud?
«Se per ricoprire tutti i 70 posti vacanti in Veneto arrivassero insegnanti preparati e in base alle regole, no. Nessuna volontà discriminatoria».
Non crede, però, che questa richiesta abbia aperto il fronte a posizioni ideologiche?
«Non sono pentita. Anzi. In questo modo abbiamo sollevato un caso e ricevo e-mail di ringraziamento anche da presidi del Sud. Il 17 per cento dei nostri insegnanti non è nato in Veneto, ma non è un problema. Quello che il Nord chiede è che ci sia uno stesso metodo di valutazione ovunque e a qualsiasi livello, dagli insegnanti agli alunni».
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