ROMA - «I dati segnalano gli errori commessi, le difficoltà degli studenti, i punti su cui fare razionalizzazioni: il sistema del 3+2 richiede correzioni e aggiustamenti». Guido Fabiani, rettore dell´università "Roma 3" commenta così i dati del rapporto ma precisa che la riforma, che è parte del processo che omogeneizza l´alta formazione in Europa, «resta valida».
Lo scorso anno gli studenti fuori corso hanno raggiunto il numero più alto dall´entrata in vigore della riforma, anche gli iscritti che non hanno dato esami in un anno segnano una cifra record: cosa non funziona?
«Il triennio appesantito da un numero eccessivo di corsi e dal frazionamento degli esami può disorientare gli studenti: credo che oggi ci sia consapevolezza del fatto che vadano ridimensionati. Ma il numero degli insegnamenti deve essere rivisto con cautela preservando anche i corsi di nicchia altamente specialistici come, ad esempio, le materie scientifiche di frontiera».
Come rimediare ai dati negativi che riguardano la lentezza degli studi, i tempi della laurea e gli abbandoni?
«I ritardi ci sono, ma i tempi della laurea sono migliorati rispetto al passato, quando la media era di 7 anni. Per contrastare gli abbandoni e sostenere gli studenti in difficoltà l´università deve migliorare l´orientamento all´entrata e in itinere, un´attività che avrebbe bisogno di maggiori risorse e personale. Ma la lentezza degli studi è anche il risultato di un sistema produttivo che non accoglie di più i laureati: non si deve prescindere da una logica di sistema per affrontare le carenze. Spesso la domanda del tessuto produttivo delle piccole e medie imprese italiane non è esplicitata, non è chiaro di quali professionalità abbiano bisogno: il ponte di informazioni tra università e imprese è un altro punto su cui lavorare ancora».
Il numero di insegnanti è cresciuto dopo la riforma, oggi quasi la metà insegna materie che valgono meno di 4 crediti.
«Si possono ridurre corsi di studio e insegnamenti e razionalizzare la spesa, ma le risorse destinate all´università restano insufficienti se confrontate con il sistema europeo».
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