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Repubblica: Gli italiani di Oxford giovani cervelli in fuga

Sono più di un centinaio i nostri connazionali che studiano nella più prestigiosa università britannica. Un numero ancora ridotto, ma in costante incremento, che è la spia di una tendenza

22/03/2009
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la Repubblica

Sono più di un centinaio i nostri connazionali che studiano nella più prestigiosa università britannica. Un numero ancora ridotto, ma in costante incremento, che è la spia di una tendenza: aumentano i ragazzi che scelgono di laurearsi fuori dall´Italia. Un esercito di quarantamila unità che investe in un futuro lavorativo più solido e global
Gli elementi per essere ammessi? Conoscenza dell´inglese, passione, buoni voti, ma soprattutto curiosità intellettuale

ENRICO FRANCESCHINI

OXFORD
Ci sono luoghi dove le donne sembrano più belle, gli uomini più alti, la gente più povera. La sensazione a cui il visitatore non riesce a sfuggire, nelle strade di questa gotica cittadella, è che i giovani siano tutti più intelligenti della media. Indubbiamente hanno l´aria sveglia e un aspetto intellettuale. Ma a rafforzare l´impressione che siano dei formidabili cervelloni è il posto in cui studiano: la Oxford University, migliore università d´Europa, una delle prime dieci del mondo, dalle cui aule sono passati, prima dei ragazzi e delle ragazze che in questo momento mi trovo davanti, qualcosa come venticinque primi ministri britannici, tra i quali Blair e la Thatcher, svariati re, Abdullah di Giordania e Harald di Norvegia tra i più recenti, decine di capi di stato o di governo stranieri, inclusi tre premier australiani, due dell´India, un presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton, e il defunto premier pachistano Benazir Bhutto, oltre a quarantasette premi Nobel, una dozzina di santi, ottantasei arcivescovi di Canterbury, compreso quello in carica, e poi, citando alla rinfusa, Lawrence d´Arabia, l´astrofisico Stephen Hawking, scrittori come Oscar Wilde, Evelyn Waugh, Graham Greene.
Da quelle stesse aule, in questi giorni, passano anche 154 studenti italiani. Sono la quarta nazionalità più diffusa a Oxford, in ambito europeo, dopo tedeschi (655), irlandesi (178, ma per loro è quasi come restare a casa) e francesi (177). Un anno fa, gli italiani che studiavano a Oxford erano 142: dunque aumentano. Così come cresce, in generale, il numero degli italiani che studiano in Inghilterra: le domande d´iscrizione, dal 2008 al 2009, hanno compiuto addirittura un balzo in avanti del 21 per cento, per l´esattezza da 958 a 1160, secondo i dati dell´Ucas, l´agenzia che si occupa della gestione delle richieste di ammissione alle lauree di primo livello, gli "undergraduate degrees".
Saranno le croniche difficoltà dell´università italiana, la sterlina che si è indebolita quasi del 40 per cento rispetto all´euro, la globalizzazione e la crisi economia mondiale che rendono sempre più necessaria una laurea internazionale, preferibilmente nella lingua franca della Terra, l´inglese. Come che sia, i nostri connazionali che, usciti dal liceo, vengono a studiare qui, attraversando la Manica, sono sempre di più. Vanno a Brighton e a Leicester, riempiono i numerosi atenei di Londra, alcuni puntano alle due università più prestigiose, Oxford e Cambridge, "Oxbridge", come le chiamano da queste parti fondendole in una cosa sola. È un passo che va preparato per tempo: le iscrizioni devono solitamente essere presentate a gennaio per i corsi che iniziano nell´autunno successivo, ed essere pronti a gennaio significa avere raccolto informazioni e organizzato il materiale già alcuni mesi prima. Vuol dire che, se uno sta frequentando ora il quarto anno di scuola media superiore, è già ora che cominci a chiedersi come si fa ad andare a fare l´università in Inghilterra, cosa serve, quanto costa e quali possibili vantaggi comporta.
È così difficile entrare a Oxford? «Meno di quel che si pensi», risponde Ferdinando Giugliano, napoletano, che qui ha studiato e studia economia, prima da undergraduate, quindi per un master, ora con un dottorato. «Tre elementi sono fondamentali. Conoscere l´inglese, magari non perfettamente, ma abbastanza bene da capire e farsi capire; avere e dimostrare una passione genuina per gli studi che ti interessano; e naturalmente i buoni voti. Ma il voto non è tutto. Quando vieni invitato a un colloquio selettivo, dopo che la domanda cartacea è stata approvata, quello che i docenti cercano negli studenti è la curiosità intellettuale». Che ambiente ha incontrato, lui, all´arrivo? «L´impatto iniziale può essere duro, se sei un undergraduate, ovvero appena uscito dal liceo. A quel livello, il 90 per cento degli studenti, qui a Oxford, sono britannici, generalmente usciti da scuole private molto buone, spesso appartenenti a classi sociali elevate. L´italiano è qualcosa di esotico. Ma poi un po´ alla volta ci si abitua». Le immagini che abbiamo visto in tanti film, le cene con gli studenti in camicione nero, seduti uno a fianco all´altro ai lunghi banconi della mensa, che aspettano di mangiare fino a quando il rettore non ha letto una preghiera in latino ("Dominus Illuminatio Mea", il Signore è la Mia Luce, è il motto di Oxford, ripetuto ovunque), sono autentiche: «Servono a creare una convivialità», continua Ferdinando, oggi membro dell´Italian Studies at Oxford, associazione che riunisce gli studenti post-graduate e i docenti di origine italiana. «Ma non si sta insieme solo a tavola, l´università ti organizza una vita comunitaria, sport, cultura, attività sociali, feste in maschera». E qual è il vantaggio di studiare in un ambiente simile? «Primo, il rapporto stretto con gli insegnanti, l´incontro settimanale con il tutore, che ti dà un argomento, una tesina da sviluppare, la discute con te, e magari su quell´argomento il tuo tutore è il massimo esperto mondiale. Secondo, impari a pensare fuori dagli schemi, acquisti fiducia nei tuoi mezzi, ti responsabilizzi molto. Terzo, quando finisci non sei tu a cercare il lavoro, ma il lavoro che viene a cercare te. Banche e aziende di mezzo mondo fanno a gara per sponsorizzare eventi, come una partita di rugby o una sfida di canottaggio, per conoscerti e, per così dire, prenotarti per quando sarai laureato».
Quest´anno il lavoro viene a cercarli un po´ meno, a causa della recessione globale, ammette con una punta di delusione Luigi De Curtis, presidente dell´Associazione Studenti Italiani di Oxford quando era un undergraduate, ora impegnato in un master alla London School of Economics di Londra: «Anche per chi si laurea col massimo dei voti, adesso è molto difficile trovare un posto nella City, alcune società non assumono nessuno, altre hanno ridotto le assunzioni al minimo».
Ma non tutti gli studenti italiani di Oxford aspirano a lavorare nella finanza. Giulia Pastorella, milanese, studia filosofia e francese, non ha ancora deciso esattamente cosa fare nella vita, ma è fiduciosa che avere Oxford nel curriculum le aprirà strade di ogni tipo. «Ricordo che al colloquio di ammissione una docente insisteva a chiedermi perché Flaubert ha scritto Madame Bovary. Io rispondevo con le ragioni offerte dalla storia della letteratura, ma non era quello che le interessava: voleva esplorare la mia mente». Giulia viene dal liceo scientifico Severi di Milano, ha fatto il quarto anno in Inghilterra per imparare l´inglese, ma dà un ottimo giudizio della scuola superiore italiana: «Stando qui, ho rivalutato immensamente la nostra scuola pubblica, dà una preparazione mediamente migliore di quella di molte delle più costose scuole private inglesi. Mi sono accorta di sapere più cose di cultura generale di certe mie compagne inglesi uscite dalle scuole d´élite».
A proposito di costi, ecco un altro mito da sfatare: «Oxford non è particolarmente cara. Io pago mille sterline l´anno di iscrizione, come o meno che in Italia; per chi arriva adesso sono aumentate a tremila, ma è ancora una spesa ragionevole. Se trovi posto nei dormitori nelle varie facoltà e mangi alla mensa universitaria, dove un pranzo costa una o due sterline, anche alloggio e vitto sono relativamente a buon mercato». Giulia riconosce che c´è un certo snobismo a Oxford, «ma non incontri solo figli di papà, ci sono pure studenti che provengono dalla scuola statale britannica e da classi disagiate», anche se inevitabilmente gli stranieri fanno un po´ gruppo per conto proprio.
I costi, naturalmente, dipendono molto dalla città in cui studi. «Londra è molto dispendiosa», dice al telefono Chiara Trincia, romana, al quarto anno di scienze politiche alla University College London (Ucl), «ma è anche vero che gli studenti, dovunque siano, sono in genere economicamente limitati. L´università inglese, inoltre, ti offre non solo il vitto e in alcuni casi l´alloggio ma anche il pub scontato, i concerti e la palestra gratis, tanti punti di aggregazione che non costano nulla». Come i suoi coetanei di Oxford, anche lei insiste sul vantaggio fondamentale di studiare in Inghilterra: «La ricchezza delle strutture, il rapporto stretto con i docenti e l´impegno a sviluppare una cultura del sapere, della conoscenza. Qui a ventidue anni tutti sono laureati, parlano tre o quattro lingue e hanno una maturità e una preparazione che sono una solida rampa di lancio per prendere decisioni importanti». Lei dove deciderà di andare, dopo la laurea? «New York, Ginevra, chissà».
Luca, anche lui romano, al primo anno di economia dell´ambiente alla London School of Economics, individua un altro punto a favore dello studio in Inghilterra: il fatto che fuori dall´aula, appunto, c´è l´Inghilterra. «Londra è una città fantastica, hai mille opportunità per divertirti, non ti annoi mai», confida con entusiasmo. Eppure, quando avrà terminato gli studi, lui preferirebbe tornare in Italia: «Nonostante tutti i problemi del nostro Paese, resto dell´idea che l´atmosfera di Roma sia migliore, che da noi si viva meglio». Uno intenzionato a tornare a casa, fra tanti nostri cervelli in fuga verso l´estero, dovrebbe venire accolto a braccia aperte.


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