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Repubblica-Gli atenei italiani sono a rischio di declassamento

L'INTERVENTO A causa delle nuove norme proposte Gli atenei italiani sono a rischio di declassamento PAOLO MARCELLINI ...

09/10/2004
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la Repubblica

L'INTERVENTO
A causa delle nuove norme proposte
Gli atenei italiani sono a rischio di declassamento
PAOLO MARCELLINI


L'autore è il preside della facoltà di Scienze dell'ateneo fiorentino
AllA facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali dell'università di Firenze, come in altre facoltà del nostro e di altri atenei italiani, c'è stata una settimana di sospensione delle lezioni, dal 4 all'8 ottobre, per permettere un approfondimento e per focalizzare l'attenzione sulla proposta di legge delega presentata dal ministro dell'Università Letizia Moratti. La proposta ha sollevato da più parti non poche perplessità e una valanga di proteste.
La situazione che si è determinata anche nella nostra facoltà è irreale: sia i docenti che gli studenti desiderano discutere di contenuti, di argomenti scientifici, di didattica e ricerca, ma in questi giorni si stanno incontrando per esaminare e cercare di comprendere la grave situazione che si sta determinando negli atenei e che ne condizionerà il futuro. La sospensione delle lezioni frontali è un atto inconsueto, dal punto di vista del preside giustificato per evitare peggiori conseguenze alla didattica, già annunciate, come la non attivazione di numerosi corsi di insegnamento a causa del ritiro della disponibilità da parte di alcuni docenti e ricercatori a svolgere carichi aggiuntivi.
La facoltà di Scienze di Firenze, pur condividendo le motivazioni della protesta di altre istituzioni accademiche già programmate per le settimane future, con senso di responsabilità riprenderà le lezioni lunedì 11 ottobre per non penalizzare gli studenti.
Ma perché gli atenei italiani sono tanto preoccupati della proposta del ministro Moratti? La qualità didattica e di ricerca svolta nelle nostre facoltà e negli atenei italiani è confrontabile (lo è stata fino ad ora) con quella degli atenei degli altri paesi occidentali; almeno per ciò che riguarda idee, capacità e competenze. I finanziamenti no, anzi diminuiscono ancora.
La proposta di legge del ministro prevede l'abolizione della distinzione fra tempo pieno e tempo definito, incentivando così i docenti a svolgere attività fuori dagli atenei, nel privato. Per giunta con un aggravio finanziario per l'erario, dovendo poi lo Stato corrispondere uno stipendio più alto anche a quei docenti che esercitano parte delle loro attività all'esterno.
Ben nota è poi la proposta di abolire il ruolo dei ricercatori universitari, sostituendolo con figure precarie con uno stipendio molto inferiore a quello di analoghe figure professionali in Europa o negli Stati Uniti. Stiamo parlando della fascia di docenti più giovani, del futuro, degli investimenti che la nostra società intende fare nel sapere. Tali nuove norme disincentiveranno i migliori, che preferiranno un lavoro più sicuro in strutture private o all'estero. La didattica ne risentirà. Ciò potrà favorire un processo di declassamento degli atenei italiani, e di conseguenza della futura classe dirigente formata in gran parte da laureati. Ciò potrà privare i giovani brillanti di un'opportunità importante. Potrà danneggiare anche le stesse istituzioni e gli enti di ricerca privati.
Ultima, in ordine di tempo, è la presa di posizione di Piero Tosi, presidente della Conferenza dei Rettori italiani, che alla presenza del ministro Moratti, il 14 settembre a Roma, ha presentato una relazione sullo stato delle università molto critica nei confronti della proposta ministeriale, chiedendone con forza modifiche sostanziali. Ero presente e ho provato un brivido quando sul palco si sono alzati in piedi 60 rettori di atenei italiani e hanno a lungo applaudito.
Perché il ministro Moratti non prende atto che l'intero sistema universitario chiede a gran voce una profonda modifica della proposta di legge delega sullo stato giuridico?
Il ministro ritiri il decreto ed elabori un nuovo progetto che tenga conto di quando è emerso in questi mesi. Non sarebbe un atto di debolezza; anzi, la forza delle idee, di chi ha il coraggio di confrontarsi e non ha paura di mettersi in discussione. Questo è il metodo scientifico che utilizziamo nelle nostre facoltà e che insegniamo ai nostri studenti.


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