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Repubblica/Genova: La rivolta degli insegnanti "Stanno uccidendo la scuola"

Martedì sciopero con corteo fino al Provveditorato

31/05/2008
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la Repubblica

La denuncia dei sindacati "Se ci impuntassimo davvero sul contratto la metà degli istituti sarebbe chiusa"
"Il Comune non paga la mensa, questo significa che cinquecento docenti, mentre i bambini mangiano, li guardano"

MICHELA BOMPANI

Duecentosessanta in meno, tra docenti e personale Ata: la forbice ministeriale infierisce sul prossimo anno scolastico in Liguria, mentre s´impenna ancora la crescita degli allievi (almeno 2000 in più).
Martedì si fermerà la scuola in tutta la regione. «In Liguria non è più assicurato il diritto allo studio», Flc-Cgil, Cisl e Uil scuola, Snals annunciano lo sciopero dell´intera giornata. E una manifestazione che si concentrerà a Genova, alle 9 del 3 giugno, in largo Pertini, sfilerà in via Roma, e stazionerà sotto la Prefettura mentre i rappresentanti sindacali chiederanno un incontro al Prefetto. Poi il corteo riprenderà imboccando piazza Corvetto e via Assarotti, fino alla sede della direzione scolastica regionale, e richiesta d´incontro dei delegati con il direttore dell´Ufficio scolastico regionale Attilio Massara.
«Genova e la Liguria rappresentano una delle emergenze più gravi sul piano nazionale - non fa sconti Corrado Artale, segretario regionale Uil scuola - perché l´incremento degli alunni è fortissimo, per il prossimo anno scolastico ci saranno 2.000 alunni in più contro 208 docenti in meno e 56 tecnici-amministrativi in meno, nella nostra regione. Gli studenti sono aumentati di almeno 10.000 unità in sette anni, per gli importanti flussi d´immigrazione che riceviamo. E nello stesso arco di tempo, abbiamo perso 1.600 cattedre. Siamo alla paralisi e, se nulla comincerà a cambiare, questa manifestazione sarà solo l´inizio di una serie di agitazioni: ci aspetta un autunno caldissimo». In molte scuole viene violato costantemente il contratto collettivo dei lavoratori, denunciano i sindacati, pur di garantire la sopravvivenza degli istituti e il benessere di bambini e ragazzi: «Se ci impuntassimo sul contratto, la metà delle scuole genovesi sarebbe chiusa», tuona Paola Repetto, segretaria regionale Cgil scuola. Con un "caso mense" (al di là di mensopoli) che riguarda proprio il Comune di Genova: «Rispetto ad altri comuni italiani - spiega Artale - Genova non paga la mensa a tutti i docenti che sono presenti all´erogazione del pasto: ciò significa che 500 insegnanti, mentre i bambini mangiano, non possono consumare. Questo però è un diritto sancito dal contratto nazionale e tutti ci siamo decurtati lo stipendio di un euro perché tutti gli insegnanti in servizio potessero usufruire della mensa».
Serrano le fila, i sindacati, e tendono la mano a genitori, alunni, i direttori scolastici: «Non vogliamo creare disagi, siamo tutti dalla stessa parte - dicono i sindacati - qui si salva la scuola pubblica o la scuola pubblica muore».
I problemi sono enormi e di ogni tipo. Mancano i collaboratori scolastici tanto che alcune scuole primarie aprono a singhiozzo: «Succede a Marassi o nelle scuole dell´entroterra - dice Repetto - dove un solo collaboratore lavora su più plessi». Sta saltando il tempo pieno: «Da settembre arriveremo alle 38 ore, anziché 40 - indica Artale - il tempo pieno senza insegnanti diventa doposcuola, si perde la ricchezza del tempo di studio». Poi i tagli delle supplenze (e le insegnanti di sostegno vengono "trasformate" in supplenti). O quelle sei scuole della provincia che hanno chiesto l´attivazione del corso di strumento musicale: «A centocinquanta studenti genovesi che chiedevano di poter avere un´opportunità e che avevano pure superato una selezione - denuncia Repetto - lo Stato ha risposto picche. Non ci sono soldi». «Non è più scuola, è guardianaggio», s´arrabbia Artale. Aule fatiscenti, insufficienti ad ospitare classi sempre più numerose. Poi, gl´insegnanti di sostegno: «Vengono calcolati all´inizio dell´anno, ma a Genova le classi s´ingrandiscono e cambiano fisionomia durante l´anno scolastico, per i tanti arrivi di ragazzi immigrati. E a farne le spese sono gli insegnanti e gli studenti».


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