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Repubblica/Genova: L'Università deve aprirsi all'esterno

Giunio Luzzatto

22/07/2009
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la Repubblica

Il progetto di riforma dell´università genovese sta incontrando forti resistenze. Abbiamo chiesto a , professore di matematica e membro della commissione per il nuovo statuto, di illustrare le ragioni della riforma.

L´ATTUALE gestione universitaria è da tempo sotto accusa. Molti colleghi se la prendono con i media "scandalistici" e obiettano che alcune realtà negative ci sono, ma che ci sono anche realtà positive. Questo è vero, ma occorre domandarsi: perché non vengono isolate le mele marce? La risposta è semplice, e dimostra la necessità di una drastica modifica del sistema: la struttura non solo è autoreferenziale, ma è totalmente consociativa. L´organo che dispone di tutti i poteri, il Senato Accademico, è costituito da 30 membri, 25 dei quali sono dipendenti dell´ente che devono amministrare (gli altri 5 sono studenti). Il rettore è eletto dall´intero Ateneo, mentre gli altri 22 professori sono rappresentanti, ognuno, di un pezzetto di università: 11 Presidi di Facoltà, 11 eletti dalle diverse aree scientifiche. Due componenti, eletti su base sindacale, rappresentano il personale tecnico-amministrativo. A parte il rettore, ognuna di queste persone risponde al proprio separato elettorato: non verrà loro chiesto se hanno fatto gli interessi dell´università, ma se hanno "difeso" bene la loro parte.

Un organismo così composto non può definire strategie, che per propria natura comportano scelte; registra gli equilibri, e salvo casi eccezionali assume solo decisioni spartitorie che diano qualcosa ad ogni segmento universitario, o perlomeno non ne disturbino nessuno. Mai, comunque, esso entra nel merito di quanto accade nelle facoltà: nessuno guarda in casa del vicino, per evitare che il vicino guardi nella propria. Per questo convivono realtà ottime e realtà pessime.
Si veda l´esempio della riforma didattica "3+2". A differenza di quanto alcuni colleghi petulantemente ripetono, essa non ha imposto soluzioni negative quali i corsetti con pochi crediti, i molti esami con pochi approfondimenti: essa ha dato spazio all´autonomia degli atenei, sopprimendo le tabelle che imponevano gli stessi insegnamenti in tutta Italia. Gli ordinamenti didattici dei corsi di studio vengono ora adottati dal Senato Accademico, che avrebbe potuto fissare regole generali, mettere paletti, verificare se le proposte che ad esso giungevano avevano motivazioni culturali o se rappresentavano la mera soddisfazione delle microesigenze di ogni microsettore; non lo ha fatto, e l´autonomia si è ridotta a una sommatoria di autogestioni da parte di ogni frammento di università (spesso, neppure l´intera Facoltà ma il singolo gruppo disciplinare). Le caratteristiche negative sopra ricordate non sono affatto generalizzate, a dimostrazione del fatto che non derivano dalle norme nazionali: molti corsi di studio hanno elaborato i curricoli senza frammentarli, guardando alle reali esigenze di formazione degli studenti, mentre altri li hanno definiti nell´unica logica della spartizione tra corporazioni accademiche. Ma il Senato ha avallato indiscriminatamente, a scatola chiusa, le virtù e i vizi. Anche nella costituzione dei Dipartimenti gli interessi individuali hanno finora prevalso sulle esigenze dell´istituzione. Il risultato sono 50 Dipartimenti, spesso caratterizzati da titoli complicati in quanto comprendenti docenti di discipline lontane riuniti da affinità elettive e non comprendenti docenti della medesima disciplina separati da incompatibilità personali; solo 7 Dipartimenti hanno più di 50 docenti, mentre 13 ne hanno da 20 in giù. In molti dei casi in cui l´Ateneo ha solo due ordinari dello stesso settore questi hanno voluto collocarsi in Dipartimenti diversi. Ma vi sono anche i casi virtuosi in cui tutti i 10, o gli 8, professori stanno nello stesso Dipartimento. Due sono perciò i temi sui quali si dovrà misurare la validità di un nuovo Statuto dell´Ateneo. Primo, occorrono un superamento dell´autoreferenzialità e un corretto bilanciamento dei poteri. Nel consiglio di Amministrazione saranno presenti membri esterni; questo è necessario ma non basta. Il Consiglio esiste già oggi, ma non ha poteri reali, sicché personalità cittadine importanti, che ne hanno fatto parte, hanno pubblicamente rilevato l´inconsistenza del ruolo ricoperto. Anche nella parte accademica si deve determinare una dialettica tra chi gestisce i sub-settori e chi deve preoccuparsi dell´Ateneo nel suo complesso. Secondo, occorre che i nuovi Dipartimenti, che avranno funzioni non solo per la ricerca ma anche per la didattica, si costituiscano sulla base di dati oggettivi, i settori scientifici di appartenenza dei docenti, e non a piacere di questi.
E´ molto opportuno che, come sta avvenendo, il dibattito sul nuovo Statuto dell´Ateneo genovese esca dalla cerchia degli addetti ai lavori. I cittadini pagano le tasse per sostenere il sistema formativo pubblico, e hanno il diritto di controllare i modi nei quali i loro soldi vengono spesi.


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