Repubblica/Genova: ‘Insegnate l´italiano ai bimbi stranieri´
Proposta da 4 scuole di frontiera: piccoli immigrati in difficoltà
Il suggerimento di corsi intensivi per gli alunni che hanno urgenza di integrarsi in classi sempre più miste
"In alcuni casi per la maestra diventa assai difficile portare avanti il programma"
"Non è una quarantena culturale ma lo strumento offerto subito per il dialogo"
RAFFAELE NIRI
La proposta, clamorosa, arriva da quattro scuole della Valbisagno: la Da Passano, la Giovine Italia, la Burlando e la Anna Frank. Non scuole leghiste, anzi la tradizione di gran parte delle insegnanti è nettamente di sinistra. Eppure, facile prevederlo, il tema verrà cavalcato dai difensori della ligusticità, dai paladini dell´italianità. La proposta: «Chiediamo di istituire corsi intensivi di italiano per bambini stranieri in fase di inserimento nella scuola italiana. Il progetto dovrebbe essere discusso, finanziato, gestito e coordinato d´intesa tra Comune, Regione, sovrintendenza scolastica regionale, istituti scolastici ed università».
Una specie di "quarantena culturale"? «Nemmeno per sogno - si indigna Norma Bertullacelli, insegnate elementare, responsabile della commissione stranieri della direzione didattica Montaldo - Si tratta, però, di dare subito ai bimbi stranieri la possibilità di inserirsi: la discriminazione nasce proprio nel momento in cui li butti allo sbaraglio senza strumenti».
L´ultimo caso, verificatori proprio in una delle scuole elementari, riguarda due bambini albanesi. Ricongiunzione familiare, i bimbi fino a quel momento sono rimasti con i nonni, arrivano il sabato pomeriggio dai genitori (che intanto sono venuti ad abitare a Marassi) e il lunedì mattina - visto che i genitori lavorano - vanno a scuola. Cioè direttamente in classe: non sanno una parola d´italiano, ovviamente non possono socializzare con i loro compagni, non sanno neppure comunicare se hanno bisogno di andare in bagno. E, altrettanto ovviamente, il problema si riversa sui compagni di classe: la maestra fa i salti mortali per continuare le lezioni "normali" e occuparsi contemporaneamente dei nuovi venuti, con problemi seri su entrambi i fronti.
Così le insegnanti delle quattro scuole hanno presentato un progetto di due cartelle, intitolato "Per una migliore accoglienza degli alunni stranieri: proposta per l´istituzione di corsi di lingua italiana per alunni di diversa madrelingua», e si sono messe in paziente attesa.
Ora, attraverso Repubblica, una prima risposta arriva dall´assessore alla città educativa, Massimiliano Morettini: «Conosco le insegnanti che avanzano la proposta, ho molta stima di loro e penso che il discorso sia complesso, ma assolutamente ragionevole. Si tratta di mettersi attorno ad un tavolo, magari con quelli del "Laboratorio Immigrazione" di vico Favagreca, che fanno un lavoro di altissima qualità, e scegliere la soluzione migliore per i "nuovi genovesi" e per tutti gli altri». Morettini racconta il caso della scuola d´infanzia Cantore, a Sampierdarena: 90 bimbi dai tre ai sei anni iscritti, 82 stranieri. Evidentemente un problema c´è, mettere la testa sotto la sabbia sarebbe solo una perdita di tempo.
«Un buon numero di insegnanti conosce, con grado diverso di competenza, la lingua inglese ed in misura minore la francese e la spagnola - spiega il documento, inviato a Comune, Regione, sovrintendenza scolastica e università - Pochissimi insegnanti conoscono l´arabo, l´albanese, il cinese o il turco. La presenza di alunni stranieri non costituisce quasi mai un problema disciplinare, almeno nella scuola dell´obbligo. Vengono invece segnalati problemi dovuti a difficoltà di tipo linguistico, inesistenti durante le attività che non richiedono la conoscenza della lingua italiana».
Come uscirne, concretamente? «Per poter raggruppare gli alunni a seconda della madrelingua sarebbe indispensabile realizzare i corsi non a livello di singola direzione, ma almeno a livello di quartiere o di zona. Infatti in ciascuna scuola è presente un ampio ventaglio di lingue di provenienza e realizzare gruppi troppo esigui costituirebbe un dispendio di energie senza garantire un miglior risultato sul piano didattico».
Quindi nessuna classe differenziata, ma piena tutela dei bimbi che arrivano: anche perché, molto spesso, per "metterli a loro agio" le direzioni didattiche li fanno entrare un anno indietro, rispetto al loro. Col risultato di far perdere un anno ai bambini stranieri, con immutati problemi di inserimento rispetto a tutto il resto della classe.