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REpubblica-Genova- Dopo trent'anni, la Moratti ?Don Milani, basta tempo pieno'

CASO Una telefonata dalla Direzione scolastica tronca una sperimentazione lunghissima Dopo trent'anni, la Moratti ?Don Milani, basta tempo pieno' Venerdì una grande asse...

16/03/2004
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la Repubblica

CASO
Una telefonata dalla Direzione scolastica tronca una sperimentazione lunghissima
Dopo trent'anni, la Moratti ?Don Milani, basta tempo pieno'
Venerdì una grande assemblea ha stabilito una dura protesta, domani la replica
COSTANTINO MALATTO


La mazzata è piombata sulla scuola all'improvviso. La semplice telefonata di un impiegato della Direzione Regionale scolastica per cancellare quasi trent'anni di esperienza didattica unica in Italia. La riforma Moratti tira una riga nera sull'organico aggiuntivo - per ora sei insegnanti - della "Media Don Milani". Il che equivale a dire: tira giù la saracinesca sulla sperimentazione a tempo pieno.
Il colpo ha tramortito per un attimo il corpo insegnante. Ma giusto per un attimo. Da quel momento, solo pochi giorni fa, il centralino della scuola di corso Carbonara è stato mandato in tilt dalla marea di telefonate di solidarietà delle famiglie, degli ex alunni, degli amici. Ed è cominciato il movimento di resistenza: venerdì scorso un'assemblea già programmata ha fatto il pienone, domani sera alle 20,30 nei locali della scuola è in programma un'altra riunione con le famiglie degli alunni. E anche con quelle degli ex alunni. Tutti chiamati a portare una pietra alla trincea costruita per opporsi al provvedimento che di fatto segnerebbe la fine di una sperimentazione storica.
Un'esperienza che prende il via esattamente 28 anni fa, sull'onda di un movimento di rinnovamento della scuola che a quei tempi cercava nuove strade e nuovi contatti. Una scuola di confine, è stata spesso definita la "Don Milani". In senso figurato ma non solo: nello stesso edificio che allora ospitava la sperimentale e la media Colombo - oggi le due scuole sono state fuse -, l'ingresso della prima era nel quartiere della Maddalena, l'altra aveva il portone in quello di Castelletto. La linea di confine territoriale passava esattamente in mezzo ai due ingressi. La linea di confine sociale, spesso, anche. Ma non sempre: molte famiglie della buone borghesia iscrivono i propri figli non alla Colombo, ma alla Don Milani. Sono quelle legate agli ambienti del cattolicesimo progressista o della sinistra più aperta.
"Anni di sperimentazione - ricordano alcuni degli insegnanti "storici": Carlo Mereta, Camillo Gibelli, Marina Molinari, Silvia Vidotto, Piera Torselli - e anni di crescita per tutti, noi e gli studenti. Allora come oggi una scuola come questa è importante non solo per insegnare nuove nozioni, ma soprattutto per far crescere le persone. Un'esperienza che ci è valsa la ripetuta attenzione del ministero e delle altre scuole". Nel tempo cambia la popolazione scolastica, a partire dagli anni Novanta diventano sempre più numerosi gli extracomunitari. Non cambia stile la didattica della "Don Milani". Si adatta ai tempi e alla nuova popolazione scolastica, ma la missione è sempre quella: "L'educazione alla convivenza - spiega convinto il professor Mereta - non si fa sulle paginette dei libri o con le crocette sulla verifica".
Ma una sperimentazione come quella della Don Milani costa fatica e impegno: "Oddio, non vogliamo mica diventare il Mit - dice il professor Gibelli - Ma certo il personale che abbiamo adesso è adeguato, con un numero minore di insegnanti il tempo pieno ce lo sogniamo, la sperimentazione pure". Ora per uscire dall'angolo in cui è stata messa dalla riforma Moratti la scuola cerca il coinvolgimento e la solidarietà della città. "Vedrò il sindaco - annuncia il preside Paolo Cortigiani - interesserò Regione e Provincia. Mi sono state preannunciate interrogazioni parlamentari. Vorrei che si muovessero le famiglie, anche quelle degli ex alunni". "Il pericolo è che questa diventi una battaglia di schieramento - avverte Gibelli - Ma la nostra scuola non è, non deve essere una bandiera politica, ma una questione didattica e sociale. Che coinvolga la città, certo. Ma tutta la città, aldilà dei colori politici".


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