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Repubblica-Genova-Così la scuola non serve"

Alle critiche del preside del D'Oria fanno eco gli altri responsabili d'Istituto il dibattito E Pisciotta rincara la dose "Così la scuola non serve" STEFANIA GIARA Vecchia. Ritocchi e rinf...

10/06/2002
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la Repubblica

Alle critiche del preside del D'Oria fanno eco gli altri responsabili d'Istituto il dibattito
E Pisciotta rincara la dose "Così la scuola non serve"

STEFANIA GIARA

Vecchia. Ritocchi e rinfrescatine non bastano a nascondere le rughe o ad accelerare il passo di una scuola in affanno. Vecchia: così, impietosamente, la vedono non solo gli studenti, ma anche e questa è la novità - professori e presidi. "Questa scuola non è fatta per i ragazzi di oggi e i ragazzi di oggi non sono fatti per questa scuola" sintetizza Giuseppe Pisciotta, capo d'istituto del liceo scientifico Cassini. E il collega dello scientifico Leonardo Da Vinci, Gualtiero Ghia, rincara: "Una scuola obsoleta, che convive con esigenze nuove senza farsene portavoce". Colpa di riforme affrettate, di leggi che modificano solo la forma, di un insegnamento ancora oggi fatto più di nozioni astratte che di approfondimenti. Se le basi di partenza e le soluzioni proposte per una scuola migliore cambiano a seconda dell'esperienza di ognuno, tutti i presidi però concordano con l'Sos di Salvatore Di Meglio almeno su un punto: così non va, per garantirsi qualcosa di più della sopravvivenza, la scuola deve cambiare. "E' da rifare da capo a piedi aggiunge Pisciotta - . I ragazzi subiscono la scuola, non la vivono. Su 1.000 giovani che frequentano il Cassini, solo un centinaio si sente parte di un progetto, gli altri vivacchiano per cinque anni, ancora convinti che basti un diploma risicato per andare avanti". La colpa non è (solo) dei ragazzi e delle famiglie. "Siamo noi che dobbiamo fornire motivazioni: basta vedere l'interesse e l'impegno degli studenti quando si propone un laboratorio, un'attività didattica coinvolgente. Al professore che blatera per un ora i ragazzi rispondono, invece, mettendo le cuffie del walkman". Chiarezza, nuovi programmi, nuovi sistemi di valutazione e regole che non siano imposte, ma accettate e condivise è la proposta di Ghia. "In questi ultimi anni le riforme si sono susseguite senza avere tempo di essere assimilate. Il risultato è una scuola, che, nella sostanza, è ancora quella gentiliana". Tutto da buttare? "La scuola no, chi la governa si" scherza, ma non troppo Benedetto Montanari, preside del Majorana. "Chi fa le riforme non sa niente della scuola e non ha mai l'umiltà di interpellare chi la vive ogni giorno. Ma, nonostante tutto, questa scuola è piena di risorse". A partire proprio dai ragazzi. "Quello che salta agli occhi è il culto dell'immagine, un po' come quelle scritte sui muri: produci, consuma e crepa. Eppure c'è tutto un mondo giovanile fatto di idee, impegno, volontariato che non fa rumore, ma esiste ed è in ottima salute". Un po' di pensiero positivo, dopotutto, non fa male. Anche Annunziata Guerra, preside del Rosselli, si concede uno spiraglio d'azzurro. "Le perplessità sono tante, ma le soddisfazioni anche. Tutto sembra funzionare meglio quando la scuola riesce a instaurare un rapporto con il resto del mondo: gli stage, ad esempio, o le attività integrative. Uscendo dal Rosselli molti ragazzi hanno trovato un'occupazione grazie a queste iniziative. Quando scuola, vita e lavoro riescono a correre nella stessa direzione i risultati ci sono". Quello che proprio non convince, invece, è la nuova formula della maturità, senza commissioni esterne. "I ragazzi sono meno stimolati, un po' di paura, a volte aiuta ad impegnarsi di più" aggiunge Annunziata Guerra. Claudio Desirello, numero uno del liceo classico Colombo è cauto: "Aspettiamo di vedere i risultati, prima di dare un giudizio definitivo. Certo i dubbio sono molti". Lo scetticismo riguarda soprattutto i criteri di valutazione, e la reale utilità di una prova che sembra ormai sono un pro forma: il giudizio di ammissione (la pagella del secondo quadrimestre) e il voto finale dell'esame sono espressi dalle stesse persone, a poco più di 15 giorni di distanza. "Organizzato in questo modo è un doppione conclude Pisciotta - . In questa riforma, però, una rivolto positivo c'è: nessuno meglio di chi segue i ragazzi da cinque anni è in grado di valutare complessivamente la loro preparazione e la loro maturità".


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