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Repubblica/Firenze: "La mia vita di prof a tre euro l´ora"

E´ uno degli 800 docenti a contratto dell´ateneo. Prima la sua facoltà pagava 5,5 euro, poi sono diminuiti i fondi

14/11/2007
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la Repubblica

IL CASO

Ilaria Agostini insegna ad Architettura: "Agli studenti non lo dico"

"Quello che ti pesa è che anche dentro la facoltà è un po´ come se non ci fossi"
LAURA MONTANARI

Adesso che è qui davanti, seduta dall´altra parte della scrivania, in una stanza al primo piano della facoltà di Architettura, adesso che ha appoggiato libri e fogli e aspetta la prima domanda, viene quasi un po´ di pudore a chiederle ad alzo zero: professoressa, davvero lei guadagna tre euro l´ora? La prof fa un mezzo sorriso, la voce curva verso il basso e dice «sì, tre euro al netto Iva, al lordo Irpef, ma non lo dico agli studenti». Perché? «Per paura di essere giudicata per quello che guadagno e non per quello che faccio a lezione». Ilaria Agostini, 37 anni, fiorentina. Laurea in Architettura, Erasmus a Parigi, tesi in Portogallo, dottorato a Napoli, è la faccia di una degli oltre ottocento docenti a contratto dell´università di Firenze. Cattedre stagionali, flessibili, usa e getta a seconda del budget, il lato B della docenza, l´ateneo low cost. Prof che oggi ci sono e domani non si sa perché nella giostra delle assegnazioni le variabili sono tantissime e finiscono quasi tutte con un punto interrogativo quando si incrociano nei corridoi: «Tu quando scadi?». Nella facoltà di Architettura, tanto per fare un esempio - situazioni simili si trovano a Psicologia, a Scienze della Formazione e in almeno un corso di laurea a Lettere - , i docenti precari superano quelli strutturati: 331 contratti contro 227 prof fra ordinari, associati e ricercatori a cui, di solito, sono affidati i corsi principali e i laboratori di progettazione. I grandi numeri fanno capire al volo che non sono un vezzo questi precari, ma ossigeno, una necessità per chi ha più di 8.700 iscritti (fuoricorso compresi) e la media di un docente ogni 38,1 studenti (contro quella di ateneo che è di 1 a 25).
Tre euro l´ora però sono un risarcimento, non una paga: «una cifra simbolica» ammette il preside Raimondo Innocenti che ha visto il budget restringersi negli ultimi anni. Così dai 5,5 euro l´ora si è scesi a tre. Tre euro, il compenso per una lezione accademica: come una colazione al bar, poco più di un cappuccino e un cornetto. «In realtà sono persino meno - prosegue Ilaria Agostini, capelli lunghi raccolti in una crocchia, occhi trasparenti, niente trucco e nessuna voglia di essere protagonista in questa storia - In quella cifra non sono conteggiate le ore per ricevere gli studenti una volta la settimana, gli appelli d´esame e il corredo di una lezione: fotocopie, fotografie, libri... tutte spese a carico del docente e senza rimborsi previsti». Lei allora ci spieghi il mistero, perché resta dentro un´aula a far lezione? «Perché io da quindici anni vivo nell´università, le mie energie e i miei interessi sono qui, sono stata formata per fare questo. Insegnare e fare ricerca è il mio mestiere, mi piace molto, penso di farlo bene, con passione». Ilaria si occupa delle trasformazioni storiche del territorio e della città. «Cosa insegno? Quel di cui c´è bisogno». Prima Geografia, poi Fondamenti di urbanistica, ora Analisi del territorio: 120 ore di lezione «frontale», cento studenti davanti, in un´aula di Santa Teresa in via della Mattonaia. Chiaro che con tre euro all´ora non si vive, non puoi considerarlo un primo lavoro: «Quest´anno va bene perché ho un assegno di ricerca da 1.200 euro al mese, ma quando finisce non sai se ne riprenderai un altro e fra quanto tempo. E´ intermittente la ricerca e questo ti rende esposto ai venti della precarietà». Incertezze che finiscono col pesare sulla vita di tutti i giorni: «Non sei mai libero di spendere, pensi: me lo posso permettere anche domani? La mia prima macchina l´ho comprata pochi mesi fa, un usato, naturalmente. La casa per fortuna non è in affitto e abito vicino alla sede della facoltà così almeno non ho spese di benzina, né di autobus». Ilaria non è una che sogna il lusso, anzi se ne frega: «Amo la vita spartana, non vado quasi mai al ristorante, mi piace leggere, compro libri, faccio fotografie, rinuncio al cellulare perché mi sembra un radiocollare. Mi piacerebbe avere una macchina digitale un po´ più aggiornata, ma non è un problema». Nei prossimi mesi farà le valigie perché la cercano: «Ho un contratto per un´altra docenza a Perugia e una all´università di Ginevra». Lì la pagano meglio, all´ateneo umbro insegnerà «Storia del paesaggio» nella laurea specialistica: 2.500 euro lordi per 30 ore. «Ma a Perugia dovrò pagarmi anche un posto per andare a dormire». Così prende i treni, parte e torna, scarpinando senza aiuti, senza collaboratori, con il computer, il proiettore, i libri e i fogli come si presenta a lezione: sola. «Quello che ti pesa è anche che dentro la facoltà è un po´ come se non ci fossi: i docenti a contratto non partecipano ai consigli di facoltà, né a quelli di dipartimento, devi essere tu a chiedere a qualche collega strutturato: ma allora cosa è stato deciso? Cosa pensate di fare? E a volte sono pure decisioni che ti riguardano. Però lo ripeto, il contratto è quello che è, meno di un rimborso spese, uno si sente un po´ un paria, fuori da ogni casta, però quando apro la porta dell´aula tutto questo resta fuori: penso alla mia lezione, alle cose che ho studiato e che voglio trasmettere ai ragazzi. E quando gli allievi vengono a dirmi che sono studenti lavoratori, li guardo e dico loro che io sono invece un docente lavoratore».


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