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Repubblica/Firenze: Appello a Veltroni e Berlusconi "Date i voti alle università"

Ma i rettori toscani non firmano la richiesta "Deve essere un ente terzo a valutare la qualità del nostro lavoro" "Non mi piace che un gruppo di atenei si promuova in serie A"

11/03/2008
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la Repubblica

LAURA MONTANARI

Quelle tredici firme sono una spaccatura nel mondo accademico: la miccia su una polveriera di malumori che attanaglia le università, la divisione in serie A e serie B. Pochi soldi, ricerca scarsa, didattica mortificata, riforme che correggono altre riforme e una deriva di problemi che vanno dall´esercito dei precari, al reclutamento, ai bilanci in rosso. Tredici rettori italiani aderiscono a una lettera in cui si chiede ai candidati premier - da Veltroni a Berlusconi - di dare più spazio nei programmi elettorali agli impegni del futuro governo sull´università e di distribuire in maniera diversa le risorse.
Ma fra quei tredici non c´è nessun rettore toscano: né Firenze, né Pisa, né Siena. Nemmeno sono stati interpellati e comunque, fa sapere per esempio il capo dell´ateneo pisano Marco Pasquali , «non avrei aderito pur condividendo alcune questioni». Con qualche distinguo sono sulla stessa linea anche Augusto Marinelli dell´università di Firenze e Silvano Focardi. Perché? «Perché non mi piace che un gruppo di università si autopromuova in serie A - prosegue Pasquali - lasciamo che siano altri a valutare il nostro lavoro». I tredici (Bologna, università della Calabria, Politecnico di Milano, Modena e Reggio Emilia, Parma, Trento, Roma Tor Vergata e altri) chiedono di cambiare le regole dei finanziamenti, modificare la strada che porta le risorse agli atenei attraverso il Fondo di Finanziamento ordinario. Chiedono medaglie o castighi, qualcosa però che liberi lo sguardo da quell´orizzonte piatto che fa sembrare le università tutte uguali. Vogliono che sia premiato chi possiede almeno due di questi tre requisiti: conti in ordine, cioè con le spese del personale al di sotto della soglia 90 per cento sul finanziamento statale, numero di iscritti non inferiore alle 15mila unità e sulla ricerca, che l´ateneo figuri in almeno una delle due più autorevoli classifiche accademiche internazionali. Cosa c´è di non condivisibile in questo? Forse la questione delle spese del personale visto che sia a Pisa sia a Firenze si oltrepassa la soglia del 90 per cento? «No, non è questo il problema è che io nutro sempre un po´ di sospetto verso chi si autoconferisce patenti di eccellenza stabilendo criteri che possono risultare anche parziali» spiega il capo dell´ateneo fiorentino Augusto Marinelli che sottolinea però che «noi abbiamo tutti i numeri per essere considerati un ateneo di qualità in termini di produzione scientifica, qualità dell´offerta formativa e ricerca internazionale, oltretutto da dieci anni siamo nei primi tre posti in Italia come quantità di finanziamenti ottenuti rispetto a progetti valutati nel merito». Marinelli che, a differenza degli altri suoi due colleghi, risponde con una nota scritta, si augura comunque che l´iniziativa «dei tredici» possa provocare «un approfondimento serio e costruttivo sulla modalità di finanziamento pubblico alle università italiane che non può più prescindere da una necessaria distinzione fra realtà diverse, basata su criteri oggettivi». Detto in altre parole: «E´ ormai evidente che regole uniformi e rigide non possano essere applicate allo stesso modo, agli atenei generalisti e a quelli specialistici». Pasquali è più esplicito: «Avere una facoltà come Medicina o non averla incide moltissimo sul bilancio. I Politecnici possono permettersi di non averla, noi no ed è un valore aggiunto». Il rettore pisano spiega anche che non si può separate la didattica dalla ricerca, «è il perno dell´università, senza la prima non c´è un insegnamento di alto livello».
Silvano Focardi, rettore di Siena, ieri era all´inaugurazione dell´anno accademico in Calabria: «Voglio dire intanto che quel documento doveva essere discusso prima all´interno della Crui (la conferenza dei rettori). Che senso ha raccogliere le firme in questo modo? E poi io sono d´accordo che le risorse debbano essere distribuite con criteri diversi, figuriamoci è da tempo che lo sostengo, ma chi stabilisce questi criteri deve essere un ente terzo, indipendente». Focardi che ha risanato il bilancio dell´ateneo scendendo sotto la soglia del 90 per cento si lamenta: «La ricerca è certo decisiva, ma fra i parametri per valutare la produzione di una università ce ne sono anche altri: per esempio la didattica e i servizi offerti agli studenti che vedono Siena al primo posto. E poi bisogna considerare anche quegli atenei che si trovano da soli i fondi per finanziarsi, noi quest´anno abbiamo rastrellato 300 milioni di euro da enti e industrie esterne». Focardi si toglie un sassolino dalla scarpa: «Se venisse applicato per intero e non in modo parziale, il Patto per l´università voluto da Padoa Schioppa, a Siena dovrebbero arrivare 18 milioni di euro in più rispetto a oggi e io non dovrei affrontare alcuna emergenza. Comincino a fare quello».
Riccardo Varaldo, preside della scuola Superiore Sant´Anna di Pisa concorda sulla necessità di cambiare le regole ma aggiunge: «A pioggia le risorse non sono mai state date, tuttavia si possono individuare criteri che premino l´eccellenza. Si deve considerare anche il richiamo che un ateneo ha rispetto all´altro, la sua capacità di richiamare iscritti». La scuola Sant´Anna così come le altre superiori di eccellenza, non sono comunque parte in causa nella disputa perché accedono ai finanziamenti con altri parametri.


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