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Repubblica: "Figli sotto esame, genitori a casa" Londra, rivoluzione nella scuola

Lavoro, orari flessibili. L´Italia: idea forte, apprezzabile

11/11/2007
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la Repubblica

Il vice ministro Bastico: non sottovalutare il concetto di cura per gli adolescenti
La proposta di Gordon Brown Obiettivo: migliorare l´istruzione
MARINA CAVALLIERI

ROMA - C´è chi dice che è un´idea buona solo per l´Inghilterra e chi sostiene invece che ci vorrebbe anche in Italia. Fa comunque riflettere l´iniziativa del primo ministro inglese Gordon Brown, anche quando non riesce a convincere.
Brown ha scelto la fastosa cerimonia del Discorso della regina per lanciare la sua innovazione scolastica. Tra temi come il terrorismo e l´Unione europea ha deciso di parlare di istruzione: orari di lavoro flessibili per i genitori che hanno figli sotto esame. Si calcola che sono quasi 4 milioni e mezzo le persone che potranno lavorare da casa per aiutare i figli, dai 16 anni in su, a preparare gli esami delle scuole superiori. L´iniziativa, che rientra nel programma di ‘work-life balance´ (equilibrio vita-lavoro), vuole contribuire al miglioramento dell´istruzione. Ma non solo. L´idea infatti, al limite della provocazione, se propone un cambiamento conferma anche la necessità di rilanciare il patto tra scuola e famiglia in un paese da tempo attraversato da una profonda inquietudine: la "questione adolescenti".
«È un´idea forte che apprezzo», commenta il viceministro dell´Istruzione Bastico, «c´è un aspetto positivo ed è il tema di una maggiore presenza della famiglia nel contesto educativo. È una proposta che penso abbia un senso soprattutto nel contesto inglese dove la devianza degli adolescenti è un tema molto sentito e dove c´è una minore tenuta della famiglia. Avrebbe un significato diverso da noi. Ritengo però che introdurre il concetto di "cura" non solo per i bambini piccoli ma anche per gli adolescenti sia un elemento di forte novità che non va sottovalutato». Il sistema scolastico britannico prevede un esame alla fine dell´istruzione secondaria obbligatoria, a 16 anni, e un altro al termine del cosiddetto ‘A Level´, un corso di due anni che permette l´ingresso all´università. In Italia una proposta di questo tipo potrebbe riguardare soprattutto gli esami di maturità. Ma il mondo della scuola è perplesso. «Trovo che sia essenzialmente un´idea-simbolo», dice Giorgio Rembado dell´Associazione nazionale presidi. «È giusto e doveroso che i figli abbiano un sostegno ma non deve essere tale da condizionare la vita lavorativa dei genitori. È un principio apprezzabile ma penso che sia necessario un sostegno della famiglia durante tutto il percorso scolastico e non solo in quei giorni. È, appunto, un´idea-simbolo. I ragazzi devono arrivare agli esami con una preparazione già consolidata».
L´Italia, secondo l´ultimo rapporto Istat, è il paese europeo dove gli uomini passano più tempo fuori casa, sul luogo di lavoro. Per scelta, cattiva abitudine, necessità. «Ci trova perciò molto d´accordo l´iniziativa di Brown, riconosce che il lavoro genitoriale è centrale e importante», dice Tonio Affinita del Moige, un´associazione di genitori. «È una questione che non riguarda solo il momento degli esami. Oggi molti genitori hanno difficoltà a partecipare alle riunioni scolastiche che si svolgono nel pomeriggio in orario di lavoro. La società deve riconoscere che il compito e il ruolo dei genitori non si concentra solo nell´infanzia».
Idee discordanti, opinioni diverse. In un paese dove i ragazzi, che siano o meno "bamboccioni", godono di un´attenzione e un accudimento altrove sconosciuto, il "permesso da esami" non è visto da tutti come indispensabile. «Bisogna capire se alla base di questa iniziativa inglese c´è solo una ragione strettamente educativa o anche una ragione sociale», si chiede Benedetto Vertecchi, pedagogo. «In Inghilterra c´è una situazione molto difficile per quanto riguarda il comportamento degli adolescenti, c´è un´esigenza diffusa di controllare di più i ragazzi nell´età critica. In tutti i paesi industrializzati esiste ormai una "questione adolescenti", è nata anche una branchia della pedagogia che si chiama "urban education". Una situazione sentita in Inghilterra, da noi non ancora così esplosiva».


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