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Repubblica-Esonerata dal nuoto "per motivi religiosi"

IL CASO Carpi, alunna islamica ottiene un certificato medico per la scuola Esonerata dal nuoto "per motivi religiosi" Il preside: "Troveremo una soluzione, non vogliamo che si senta diversa...

20/10/2004
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la Repubblica

IL CASO
Carpi, alunna islamica ottiene un certificato medico per la scuola
Esonerata dal nuoto "per motivi religiosi"

Il preside: "Troveremo una soluzione, non vogliamo che si senta diversa dagli altri"
DAL NOSTRO INVIATO
JENNER MELETTI

CARPI - Le pensano tutte, nella scuola di A., alunna di 13 anni di religione islamica, che non vuole nuotare in piscina "perché le ragazze dopo lo sviluppo non si possono spogliare davanti ad altre persone e anche in mare il bagno si può fare solo con gli abiti addosso". Dicono che A., se vuole, potrà tuffarsi con addosso una tuta. Dicono, soprattutto, che l'integrazione è un cammino difficile ma gli ostacoli si possono superare. Basta incontrarsi, discutere. Non presentare certificati, come ha fatto A. Il suo medico (una signora) ha scritto che la ragazzina non può andare in piscina, con la sua classe, "per motivi religiosi", e queste parole hanno scatenato la polemica. "Non è possibile - dice Nicolino D'Autilia, presidente dell'ordine dei medici di Modena - scrivere una cosa così su un certificato. Convocherò la collega e le chiederò spiegazioni. Avrebbe potuto scrivere che la ragazza soffre di forme di tipo ansioso se costretta a spogliarsi di fronte ad altri. Ma anche noi medici siamo dentro al processo di un'integrazione spesso difficile: come medico di base io posso visitare le signore musulmane solo in presenza dei mariti, e a volte mi fanno capire che è meglio che io, uomo, non visiti la donna".
Carpi è una città dove è stato organizzato anche un corso per insegnare alle donne immigrate ad andare in bicicletta. Il Comune ha assunto quattro "mediatrici culturali" che lavorano anche nelle scuole, dove gli alunni stranieri sono il 12% alle elementari, l'8,7% alle medie e il 6,3% alle superiori. "Non vogliamo - spiegano Cristina Catellani, assessore alla pubblica istruzione e Dimes Corradi, dirigente dell'ufficio scuola del Comune - che questi ragazzi diventino replicanti dei nostri. Ma vogliamo che imparino, come gli italiani, a convivere con altre culture". L'anno scorso 10 bambine pakistane non si sono presentate alla scuola dell'obbligo. "Noi siamo andate nelle loro case - dicono le "mediatrici" Yoggita Marazzi, indiana e Saadia Bounadar, marocchina - ed abbiamo chiesto perché. Ci hanno risposto che nelle scuole italiane si parlava di sesso, e che si suonava la musica e si ballava come in discoteca. Abbiamo spiegato che si impara a suonare il flauto e la pianola, e che l'educazione sessuale è un tema trattato con tanta delicatezza. Otto di loro sono venute a scuola. Basta spiegarsi bene, per risolvere i problemi. C'è il bambino che in mensa mangia con le mani, e noi spieghiamo che usare la forchetta è anche comodo. C'è il bambino che sputa sempre per terra, e noi raccontiamo che in Italia questo può sembrare un segno di disprezzo. Ci confrontiamo anche con gli insegnanti. Qualcuno è preoccupato perché il ragazzo non ha nulla per la merenda, e spieghiamo che noi facciamo una grande prima colazione, con il pane cotto sulla stufa ogni mattina".
Fino ad oggi anche per il nuoto non c'erano stati problemi. "Come sempre - dice il preside - cercheremo di superare il nuovo ostacolo. Incontreremo la famiglia, cercheremo di capire. Per fortuna il nuoto non è obbligatorio per nessuno. Non vogliamo comunque che l'alunna si senta diversa dagli altri". Anche le mediatrici andranno nella scuola. "Per fare capire ai ragazzi italiani le difficoltà dei loro amici stranieri, abbiamo un metodo infallibile. Raccontiamo una favola in arabo o in indi, per venti minuti. I ragazzi non capiscono, si agitano. E noi diciamo: i vostri amici, se non li aiutate, vivranno tutto l'anno come avete vissuto voi questi 20 minuti".


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