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Repubblica-E il maestro c'era una volta fa sognare e itigare i prof

IL FILM "Essere e avere" , un successo francese che apre il dibattito tra gli insegnanti italiani E il maestro c'era una volta fa sognare e itigare i prof MARINA CAVALLIERI ROMA - C'?...

12/02/2003
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la Repubblica

IL FILM
"Essere e avere" , un successo francese che apre il dibattito tra gli insegnanti italiani
E il maestro c'era una volta fa sognare e itigare i prof

MARINA CAVALLIERI

ROMA - C'è chi lo ha visto e tornerà a vederlo, chi decide di organizzare proiezioni per gli insegnanti, chi ci vuole portare gli alunni. C'è chi dice di essere entusiasta e chi grato. "Essere e avere", il film che è stato un caso in Francia, visto da due milioni di spettatori, è arrivato in Italia e fa discutere. Racconta di un maestro autorevole e gentile, accogliente ma fermo, di un'aula dove passeggia una tartaruga, di una scuola immersa nel silenzio e nel fluire delle stagioni e di bambini quieti che hanno sguardi impauriti, furbi, curiosi. Ma soprattutto racconta la scuola nella sua età dell'innocenza, come forse è stata, come dovrebbe essere e qualche volta ancora è.
Il film di Nicolas Philibert parla di un maestro e della sua classe e per questo colpisce al cuore gli insegnanti, rilanciando il valore di una relazione pedagogica e affettiva che sembrava dimenticata. "C'è un messaggio forte in questo film: l'importanza del maestro, una guida che fornisce gli strumenti per stare al mondo", dice Giovanna Zunino, maestra dell'infanzia che ha organizzato proiezioni per gli insegnanti a Torino, e ha ricevuto "tante e-mail di ringraziamento". "Il maestro del film non è importante per quello che insegna ma per la relazione educativa che costruisce, per i valori che dà: solidarietà, stima di sé. Penso che negli ultimi tempi ci si è troppo concentrati sugli aspetti disciplinari e cognitivi".
Nella scuola del bullismo, degli alunni indisciplinati, dei professori demotivati, circola un desiderio diffuso di rivincita a cui il film sembra dare un'inattesa risposta. "Il motivo del successo del film è nel sogno di una scuola che non c'è, c'è un forte elemento di nostalgia", dice Franco Lorenzoni, maestro, coordinatore di un laboratorio educativo. "C'è sullo sfondo il rapporto con la natura, l'idea che l'apprendimento sia un ciclo naturale, io credo che sia così, ma oggi l'apprendimento avviene in modi innaturali". La questione pedagogica che però fa discutere è anche racchiusa in un'aula che riunisce bambini di diverse età. "Perché dividere i bambini per età? Chi lo ha detto che è sempre necessario? Siamo in un'era di figli unici, i bambini hanno rapporti solo con adulti, riunirli insieme non è un residuo del passato ma può proporci qualcosa di nuovo in grado di rompere schemi angusti".
In un momento in cui la scuola è fragile il film parla di cose che stanno a cuore a tutti: il benessere dei bambini, l'importanza del maestro, e, perché no, della figura maschile. "Vorrei che nella nostra scuola ci fossero più figure maschili", dice il maestro Marcello D'Orta, autore del fortunato "Io speriamo che me la cavo". "I padri lavorano, sono assenti, è importante che i bambini trovino in classe figure maschili positive. Ma finchè i maestri rimangono sottopagati, insegnare non sarà mai una professione appetibile".
La questione è ancora un'altra. La spiega così Amilcare Acerbi, consulente pedagogico: "Il dilemma vero oggi è tra scuola pubblica o privata oppure sta nell'incapacità o nella capacità di costruire un nuovo tipo di relazione con i nuovi bambini?".


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