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Repubblica: E i fisici della Sapienza scesero in trincea "Così la ricerca fa crac"

"Con questo governo oggi Einstein sarebbe un precario o un fannullone"

26/10/2008
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la Repubblica

Nella scuola di Fermi l´epicentro della protesta

"Qui non si investe più, i giovani fuggono, in futuro la scienza sarà indiana e cinese"
BEPPE SEBASTE

ROMA - Nel moltiplicarsi delle occupazioni, la didattica delle università non si è affatto bloccata. Al contrario si è trasferita nella città, fuori dagli steccati accademici. È pubblica, come il sapere che si vuole difendere. A Roma, come in altre città d´Italia, è in corso un grande democratico festival culturale, e le piazze sono teatro di lezioni en plein air. Una delle più emozionanti è stata sicuramente quella dei fisici della Sapienza, in piazza Montecitorio: un migliaio di studenti ad ascoltare la bella lezione del professor Giovanni Jona-Lasinio, studioso di fisica delle particelle, che con l´altro grande fisico italiano Nicola Cabibbo, pioniere nello studio dei quark e Nobel mancato. Segue la lezione di un altro grande fisico, Giorgio Parisi, docente di Calcolo delle probabilità. Parisi affascina percorrendo la maturazione delle idee di Einstein tra quantistica e relatività, ma entusiasma dichiarando che oggi, con questo governo, «Einstein sarebbe un precario, magari un fannullone che si sollazza nell´elaborare teorie invece di lavorare». E invita gli studenti a «resistere a questo governo di barbari che sta distruggendo la nazione, e misconosce la Costituzione sulla promozione della ricerca scientifica, la libertà d´insegnamento e il diritto al lavoro». La protesta è contro un economicismo miope che non sa valutare gli investimenti a lunga scadenza, e con essi l´educazione e la ricerca; una sorta di «guerra contro l´intelligenza», una politica ispirata dal misconoscimento verso ciò che a torto è giudicato improduttivo, come l´educazione e la cultura. «Costringere i giovani che studiano con passione a cercare lavoro all´estero significa per l´Italia negarsi il futuro», dice Parisi.
La facoltà di Fisica della Sapienza è un osservatorio privilegiato. Durante l´occupazione si è svolto il convegno internazionale su Edoardo Amaldi nel centenario della nascita. Amaldi, già del gruppo di via Panisperna, fondatore della fisica del dopoguerra, dell´Istituto nazionale di fisica nucleare e tra i primi direttori del Cern di Ginevra, è un po´ il maestro di tutti. All´apertura della conferenza gli studenti hanno letto un documento in inglese dove si ricorda come Amaldi avesse sempre insistito nel considerare la ricerca un investimento pubblico necessario, non un onere: poiché senza ricerca non vi sarebbe sviluppo alcuno. Lo ricorda Carlo Bernardini, ex direttore del dipartimento di Fisica del Cnr, che con gli altri colleghi è stato commosso dalla pacatezza di quel testo. «È evidente - dice - che tagliare i fondi, aumentare le tasse, annientare l´università pubblica vuol dire uccidere la civiltà. Gli economisti che hanno ispirato il governo non capiscono che per un´università di qualità serve investire sulla ricerca. L´India e la Cina lo fanno, in futuro la scienza sarà cinese e indiana».
Nicola Cabibbo, già presidente dell´Istituto di fisica nucleare, ora alla guida della Pontificia accademia delle scienze, non nasconde i suoi timori: «Siamo molto preoccupati di fronte a questi tagli indiscriminati. Tutti gli istituti di fisica sono minacciati, pur producendo eccellenze a livello mondiale. Il dipartimento della Sapienza è di altissimo valore, gli studenti lo sanno, e da questa consapevolezza nasce la protesta, totalmente condivisibile». Studenti e docenti hanno in cantiere altre lezioni esterne e oggi un incontro con i bambini delle elementari, una sorta di didattica ludica della fisica con esperimenti sull´elettromagnetismo e sul pendolo, seguita da una discussione sul decreto Gelmini.
«La cultura è una sola», dice Gianluca Trentadue, docente di Fisica teorica all´università di Parma, da molti anni collaboratore coi colleghi romani al Cern di Ginevra, alla realizzazione del nuovo grande acceleratore appena inaugurato alla presenza di tutti i ministri i cui governi partecipano alla ricerca, tranne il ministro Gelmini. «Colpire con tagli e disprezzo una parte di essa, vuol dire colpire tutta la cultura. Già oggi spendiamo in ricerca meno della metà di altri paesi europei. Tagliare ancora i fondi significa azzerare la presenza italiana in tanti laboratori internazionali».

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