Repubblica-È ARRIVATO BUTTIGLIONE CON LA PIUMA SUL CAPPELLO
È ARRIVATO BUTTIGLIONE CON LA PIUMA EUGENIO SCALFARI TRA le molte motivazioni dei successi elettorali di Berlusconi nel 1994, nel 2001 e anche nel '96 quando l'Ulivo ebbe la meglio ma i vo...
È ARRIVATO BUTTIGLIONE CON LA PIUMA
EUGENIO SCALFARI
TRA le molte motivazioni dei successi elettorali di Berlusconi nel 1994, nel 2001 e anche nel '96 quando l'Ulivo ebbe la meglio ma i voti raccolti da Forza Italia realizzarono comunque un record, ci fu l'elemento dell'antipolitico.
La sbronza del politichese, l'arroganza dei partiti, l'autoreferenzialità degli apparati, l'ipocrisia ideologica utilizzata come copertura del malaffare e del malgoverno, avevano generato un movimento di rigetto della politica che del resto aveva in Italia una sua tradizione secolare.
Berlusconi fu l'immagine-simbolo dell'antipolitico, nei comportamenti, nel linguaggio, nell'immagine che aveva di sé e che proiettava sulla gente, mille volte amplificata dalla potenza mediatica di cui disponeva.
Quest'immagine di un'Italia antipolitica è stata travolta dallo stesso Berlusconi venerdì 22 luglio con la nomina di Rocco Buttiglione nella Commissione europea, al posto di Mario Monti. Un uomo intriso di politichese, immerso da dieci anni fino al collo nel teatrino della partitocrazia, completamente digiuno della cultura economica necessaria per ricoprire l'incarico cui è stato destinato e per di più preferito a un tecnico di fama internazionale a causa d'uno scontro virulento all'interno del governo: questo è avvenuto due giorni fa sotto gli occhi stupefatti dei milioni di italiani che ancora credevano in un leader immune dalle manovre degli odiati partiti, portatore delle virtù del nuovo qualunquismo, fautore delle competenze e dell'eccellenza dei tecnici rispetto ai professionisti di partito.
Buttiglione al posto di Monti, l'intrigo politico vincente sulla qualità professionale universalmente riconosciuta, non è stata una sorpresa per chi non è mai caduto nella rete seduttiva berlusconiana, ma per quanti ci avevano creduto in buona fede e per dieci anni di seguito. Per isolare e colpire Follini si premia il suo avversario interno abbassando a un avvilente mercato un incarico europeo di primaria importanza. Questa scelta ha ferito a morte la residua fiducia che molti milioni d'ingenui ancora riponevano in un venditore d'illusioni preso purtroppo sul serio ancora fino all'altro ieri.
Il primo a esser messo a conoscenza di quella scelta - narrano le cronache - è stato il cancelliere tedesco Schroeder con il quale il nostro premier era a cena la sera di quel giorno "fatidico". Riferiscono le cronache "autorizzate" che tra le qualità del nuovo commissario italiano appena scelto, Berlusconi abbia decantato al Cancelliere la perfetta conoscenza, di Buttiglione, della lingua tedesca. Sembra che il Cancelliere se ne sia molto compiaciuto.
È fantastico. Questa roba viene riferita nei telegiornali con assoluta serietà, dai mezzibusti della Rai e di Mediaset senza una piega, un soprassalto di ironia o di stupore: Buttiglione sa il tedesco, informa Berlusconi, e Schroeder manifesta il suo contento. C'è mai stato nella storia d'Italia un primo ministro di questo conio? È mai stata calpestata e resa comica agli occhi del mondo intero una nazione che, pur nei suoi limiti storici, ha avuto al vertice delle istituzioni uomini di notevole e alle volte grande qualità morale, intellettuale, politica?
E Rocco Buttiglione non sente vergogna per esser stato strumento attivo di questa cialtronesca rappresentazione? "Debbo la mia nomina esclusivamente alla generosità del presidente del Consiglio", ha dettato alle agenzie il neocommissario europeo. Come se si trattasse d'una mancia, sicuramente generosa, e non dell'interesse dell'Italia in Europa! Lo ripeto, tutto ciò ha del fantastico. Raffigura un incubo dal quale finalmente ci stiamo risvegliando. Almeno così si spera. Non senza trovarci alle prese con un inventario di rovine che sono il risultato di tre anni di malgoverno affidato a una banda di dilettanti, di saltimbanchi, di clown e, diciamolo, di imbroglioni.
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Che fossero imbroglioni lo si diceva da tempo. Ma ora c'è la prova autentica, la prova provata, fornita dal neoministro Siniscalco, già direttore generale del Tesoro nei tre anni di Tremonti all'Economia e da un paio di settimane suo successore.
Dice Siniscalco (in Consiglio dei ministri e nel Documento di programmazione finanziaria approvato dallo stesso Consiglio) che: c'è un buco da ripianare di 24 miliardi; senza una manovra di quella dimensione il nostro deficit viaggerebbe a 4 punti e mezzo in rapporto col Pil; il medesimo Pil, che nell'anno in corso avrà sì e no un progresso dell'1,3 per cento, non si schioderà da un magro 2,2 nei tre anni successivi; in quei tre anni ci vorranno ulteriori manovre correttive pari a un totale di 27 miliardi, più quella appena effettuata di 7,5 miliardi. Il totale generale nel quadriennio 2004-2008 sarà dunque di 51 miliardi di euro, pari a 110mila miliardi di vecchie lire, più almeno 12 miliardi se si vogliono ridurre le imposte secondo il progetto Berlusconi. E siamo a 63 miliardi di euro, ma ancora non sono nel conto i soldi (molti) mancanti alla scuola, alla sanità, al rilancio delle imprese, alla formazione e agli ammortizzatori sociali; il tutto stimabile a un minimo di altri 15-20 miliardi (i soli ammortizzatori sociali pesano, ridotti al minimo, per 7 miliardi, dei quali ne erano stati stanziati nel bilancio 2004 soltanto 800 milioni ridotti a 300 dopo la stangatina votata l'altro ieri dalle Camere).
E siamo a 81 miliardi (160 mila miliardi di lire). Ma non è ancora finito.
Il debito pubblico sarà a 106 miliardi nel 2005 secondo l'ottimistica valutazione di Siniscalco. Il quale stima indispensabile ridurlo a 100 entro il 2008 per far fronte agli impegni europei e alle richieste delle agenzie di rating. Come? Con alienazioni di patrimonio (immobili e privatizzazioni) dell'ammontare di 75 miliardi nel triennio 2005-2008.
È possibile? Secondo me no, sulla base dell'esperienza passata e considerato che, salvo disfarsi delle azioni dell'Eni, dell'Iri e della Finmeccanica e di pochi immobili di pregio da cartolarizzare, non c'è trippa per gatti.
Insomma una rovina, un abisso finanziario per colmare il quale non si vedono le risorse disponibili salvo una cura da cavallo da imporre ai contribuenti di tutte le classi di reddito, con ripercussioni inevitabilmente depressive sul ciclo economico.
E dire che ancora un mese fa gli speaker della maggioranza, suffragati dal premier e da Tremonti, davano del farneticante a chi dai banchi dell'opposizione e dalle colonne della libera stampa avvertiva dell'incombente catastrofe. Distraendo l'opinione pubblica con ridicoli diversivi teleguidati.
Urge una domanda al buon Siniscalco: lui, direttore generale del Tesoro, che cosa ha fatto in questi tre anni? Chi ha avvertito del disastro? Perché è rimasto a condividere questa vera e propria rapina della pubblica ricchezza? E che cosa ha fatto (o non fatto) il Ragioniere generale dello Stato cui spettava il compito di registrare una tale rovina di giorno in giorno crescente?
Una risposta sarebbe non solo opportuna ma assolutamente dovuta.
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Follini si batte coraggiosamente per modificare alcune norme sciagurate della "devolution" e del premierato. Il partito sembra con lui, ma i nomi che contano no e gran parte dei gruppi parlamentari neppure.
Difficile prevedere come finirà. Finora pensavo che fosse una tigre di carta. Mi ravvedo e mi scuso con lui: non è di carta, è un carattere duro e serio e va dritto per la sua strada. Non è di carta, ma non è neppure una tigre poiché non ha dietro di sé le forze che potrebbero renderlo tale. È un onest'uomo che si è - forse tardivamente - accorto di stare dalla parte sbagliata, su un treno che viaggia senza controllo verso il nulla con crescente velocità.
Di fronte alle cifre sopra ricordate, che non sono le nostre ma del ministro dell'Economia, Follini dovrebbe portare il suo partito fuori dall'alleanza. Che ci sta a fare in quella compagnia? Bossi, una volta incassata la "devolution" si staccherà dal convoglio, tornerà nelle sue valli a coltivare quel po' di potere che gli sarà stato regalato sulla pelle della Repubblica "una e indivisibile".
E Follini, ancora lì a battersi con i suoi Baccini, i suoi Lombardo, i suoi Buttiglione, che per una carica venderebbero - come stanno facendo - la dignità del paese e di se stessi? Non ho alcun titolo per dar consigli a Follini, ma fossi in lui salterei in corsa dal predellino finché è ancora in tempo.
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Il sociologo De Rita, celebrato autore delle ricerche del Censis, ha posto giorni fa una domanda interessante al centrosinistra: qual è il blocco sociale di cui volete assumere la rappresentanza? Ha avuto varie risposte tra le quali la migliore mi è sembrata quella di Piero Fassino: un lungo elenco di motivazioni civiche che spingono oggi un numero crescente di italiani a dissociarsi da Berlusconi. Ma De Rita ha replicato: la risposta regge finché c'è contro di voi Berlusconi; regge in negativo. Ma ci si aspetta da voi che vi candidate a governare un disegno positivo.
Penso anch'io che sia urgente un programma positivo. Non una filosofia, ma quattro o cinque punti concreti di che cosa fare e come, cominciando dal come gestire il disastro che si andrà - si spera - a ereditare. Secondo me non c'è molto tempo.
Prodi pensa di cominciare a novembre una sorta di giro d'Italia "per ascoltare gli umori, i bisogni, i desideri dei concittadini". Sarà certamente utilissimo, ma individuare i punti da risolvere e il modo per affrontarli è un compito che spetta al leader e al gruppo dirigente che lo affianca. Perciò faccia pure il giro d'ascolto ma prima o nello stesso tempo formuli il programma completo, il "che fare" e vada con quello a confrontarsi con il paese. Sarà quella la sua vera investitura da leader, ma faccia presto. Le travi del tetto sono marcite e non tengono più.