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Repubblica-Dove comincia il declino culturale dell'Italia

Dove comincia il declino culturale dell'Italia CORRADO AUGIAS Caro dottor Augias, sono un'insegnante e vorrei raccontarle che cosa ci capita. L'anno scorso abbiamo ricevuto agend...

13/03/2005
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la Repubblica

Dove comincia il declino culturale dell'Italia
CORRADO AUGIAS

Caro dottor Augias, sono un'insegnante e vorrei raccontarle che cosa ci capita. L'anno scorso abbiamo ricevuto agende omaggio e fascicoli che illustravano la riforma Moratti : intanto si facevano tagli di vario tipo, ad esempio sul personale. Nella scuola dove lavoro è stato eliminato il maestro che facilitava l'apprendimento dei bambini stranieri non italofoni (ora ridotti a scolari di serie B). Vorrei proprio che si vedesse com'è ridotta la mia scuola: banchi rotti, sedie di altezza inadeguata rispetto ai bambini, armadi cadenti... Potrei continuare ma ricordo solamente che questa scuola non è sperduta chissà dove, ma a Milano, non lontano dal centro. Infine, l'altro giorno, mi ha scritto il ministro Sirchia. Mi ha mandato (probabilmente a nostre spese) un delizioso volumetto per spiegarmi che non devo assumere troppe medicine. Lei penserà che io sia una medicina-dipendente, le assicuro che invece uso pochissimi farmaci e quasi esclusivamente di tipo omeopatico. Tra l'altro li acquisto in Francia perché costano circa la metà! In compenso due mesi fa quando mi sono sottoposta ad una mammografia (assolutamente indispensabile perché per età e situazione familiare sono un soggetto a rischio) ho pagato 43.90 euro di ticket! Lascio a Lei ogni commento!

Giada Barberi, Milano

N on so se questa lettera possa considerarsi "esemplare" della situazione. A me pare che sia diventato ottimistico definire solo insoddisfacenti le condizioni generali dell'istruzione e della ricerca. Un alto grado di negligenza ci impedisce di prendere atto della gravità toccata dallo stato di fatto. Se prendiamo le ultime inchieste a livello mondiale su sistemi d'istruzione e ricerca, troviamo una costante: l'Italia è sempre in fondo alla classifica. L'inchiesta condotta in 29 Paesi dell'Ocse su un campione di studenti quindicenni relativa ai livelli d'apprendimento della matematica, ci vede, per esempio, al quartultimo posto. In testa troviamo Finlandia, Corea, Olanda. Noi siamo 26esimi (su 29), peggio di noi solo Grecia, Turchia e Messico. Otto mesi fa, l'Istituto per l'educazione superiore di Shanghai, ha stilato una classifica mondiale delle università tenendo presenti questi parametri: eventuali premi Nobel, numero delle pubblicazioni e frequenza con la quale vengono citate. Risultato: tra le prime cento sedi universitarie, di italiana c'è solo, settantesima, La Sapienza di Roma. Per trovare Milano (Statale) bisogna scendere al 143.imo posto. Per converso, nelle prime 15 posizioni ci sono ben 13 atenei degli Stati Uniti. Il dato più recente è quello elaborato dal World Economic Forum, pubblicato pochi giorni fa. In materia di sviluppo e uso delle tecnologie informatiche e delle telecomunicazioni l'Italia si trova all'ultimo posto tra i maggiori Paesi industrializzati. Veniamo dopo nazioni come Tunisia, Sudafrica, Giordania. Peggio di noi, Giamaica, Botswana. Molte fonti diverse forniscono dati purtroppo concordanti. Si dovrebbero vedere cento lampadine rosse che lampeggiano un segnale d'allarme, persone trafelate che cercano di porre rimedio; invece non si vede niente. La conoscenza è il petrolio del futuro, si ripete spesso. Una volta giudicati Paese della cultura, noi ci stiamo perdendo in chiacchiere.


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