MARIO REGGIO
ROMA - «Io conto sulla mobilitazione della maggioranza silenziosa». Mariastella Gelmini risponde così ai rappresentanti degli studenti che le chiedono di bloccare il decreto prima di iniziare a discutere.
La giornata è iniziata sotto un tiepido sole in quel del Circo Massimo dove si sono dati appuntamento alcune migliaia di studenti delle scuole superiori. Il presidio si scioglie a mezzogiorno e molti si mettono in cammino verso il ministero della Pubblica Istruzione, in viale Trastevere. Si mischiano giovani dei licei, Albertelli e Russel, studenti universitari. Tutti sono curiosi di sapere come andrà a finire l´incontro tra le associazioni che partecipano alla mobilitazione ed il ministro. Alla spicciolata raggiungono il ministero, si sistemano sotto la scalinata, srotolano gli striscioni, quelli che da giorni portano in giro per la città. Arriva la prima delegazione. È l´una e mezza. Il calendario prevede incontri separati, ma i giovani delegati dell´Unione degli Studenti, della Rete degli studenti e dell´Unione degli universitari, salgono assieme al secondo piano dello storico palazzo umbertino. Entrano in una delle austere sale dal soffitto altissimo, li attendono il ministro Mariastella Gelmini, il presidente della Commissione Cultura della Camera Valentina Aprea accompagnati da tre silenziosi collaboratori. Gli universitari chiedono il ritiro dei decreti che tagliano un miliardo agli atenei, il blocco del turn over che prevede due assunzioni ogni dieci docenti che vanno in pensione, la trasformazione degli atenei in fondazioni di diritto privato. Nella stanza cala il gelo. Il ministro risponde: «mi stupisco che difendiate una cosa che non funziona come l´università». Stessa risposta ai rappresentanti degli studenti delle superiori: «Siete rimasti indietro, volete preservare lo status quo».
La Gelmini è irremovibile. Il dialogo non è mai iniziato. Gli studenti si alzano e se vanno. Scendono le rampe dell´ampio scalone che porta all´ingresso. Fuori, ad attenderli, centinaia di giovani. «Il dialogo è impossibile, di cosa dobbiamo discutere? La mobilitazione continua». Le parole dei delegati vengono salutate da un boato di approvazione.
Sono passate da poco le due e agli occhi dei cronisti in attesa si presenta una scena imprevedibile. Dalla rampa che curva e porta al cancello d´ingresso appare un manipolo di giovani. Giacca e cravatta, vestito scuro, scarpe lucide nere, come sono lucide le borse di pelle che portano con loro. Marciano con lo stesso passo. Chi sono? I rappresentanti di Azione studenti universitari, quelli di An. Il manipolo scompare dietro il cancello. Arriva anche la delegazione di Azione studentesca delle scuole superiori. La guida Michele Pigliucci, alla fine degli anni ´90 leader della destra nel liceo Giulio Cesare.
Scompare anche lui. Passa una mezz´ora mentre il sit-in degli studenti si sfilaccia. Riappaiono i leader della destra. «Un confronto sincero e costruttivo con il ministro, un buon inizio».
Sfilano i delegati dell´Azione Cattolica, della Federazione universitari cattolici. I primi non chiedono il blocco del decreto «ma che sia migliorato nella fase attuativa. La Fuci critica «lo scarso clima di dialogo e il taglio dei fondi e del turn over». Donato Montibello della Rete universitaria nazionale torna dall´incontro e non nasconde la sua preoccupazione: «Non è stata un´apertura al dialogo, la mobilitazione continua». Sconfortato Giovanni Ricco, segretario dell´Associazione dottorandi e dottori di ricerca: «L´università deve cambiare, ma non lo si fa solo con i tagli, tra i ricercatori precari è ormai diffusa la certezza di un futuro nero, cambiare i concorsi, colpire i baroni che sfruttano le loro posizioni di potere, va tutto bene. Ma pensare di sopravvivere tutta la vita con mille euro al mese è insopportabile e disumano».
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