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Repubblica: D´Alema scettico: è uno strumento monco

"Raccoglieremo le firme. Ma il cuore dei cambiamenti sta in Finanziaria, che è intangibile"

30/10/2008
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la Repubblica

Lodi al figlio in piazza. "Picchiato un amico, capiranno che razza d´Italia è"

La sorpresa di Marini: voglio capire. Cuperlo: scelte così vanno prima discusse
GOFFREDO DE MARCHIS

ROMA - Massimo D´Alema dà voce alle perplessità del Partito democratico. «Diciamo che il referendum sulla legge Gelmini è soprattutto un momento di mobilitazione politica, per certi versi inevitabile. Però i tempi sono lunghi, sul quesito si voterebbe nel 2010. Nel frattempo la legge può essere modificata, vedremo...», spiega nel cortile di Montecitorio. Ha appena concluso con «un bravo, bravissimo» la telefonata al figlio Francesco che gli ha raccontato la mattinata di protesta in piazza Navona. Il tam tam di Montecitorio ripete: D´Alema è freddo sulla mossa decisa da Walter Veltroni e dal vertice del Pd. Lui dice: «Raccoglieremo le firme». Ma poi osserva: «Il referendum è uno strumento monco perché il grosso dei provvedimenti è nella Finanziaria». E sulle leggi di bilancio non si può intervenire con un quesito.
I dubbi sul mezzo per contrastare il governo e la sua scelta di rottura sulla scuola non offuscano certo la nettissima contrarietà di D´Alema alla legge. Anzi. La relazione telefonica del figlio sugli scontri lo inorgoglisce perché sente che c´è voglia di lottare. Anche se le notizie non sono affatto rassicuranti per un padre. «Un amico di Francesco che è anche figlio di amici di famiglia si è preso una bastonata e due punti di sutura alla testa. Ma va bene...». In che senso? «Così i ragazzi capiscono in che razza di Paese viviamo. Lo abbiamo provato prima noi, ora tocca a loro. Quelli (gli studenti di destra ndr) sono arrivati con le mazze e i caschi. Era chiarissimo dove volevano arrivare. Ma la polizia ha fatto sistemare gli altri ragazzi nello stesso spazio ed è finita a botte, com´era inevitabile...». Comunque si capisce che la battaglia degli studenti gode della sua totale solidarietà, quasi di una benedizione. Più di quella referendaria, è l´impressione.
La scelta del quesito ha spiazzato molti dirigenti del Pd. Il coordinamento l´ha presa con entusiasmo, senza nascondersi le difficoltà tecniche ma con l´idea precisa di non lasciare cadere un´iniziativa contro il governo e abbandonare studenti, professori, famiglie, anche ora che il decreto è legge. Però la materia è molto delicata. Questo è il primo referendum promosso dal Partito democratico dove convivono grandi sostenitori dello strumento e molti antipatizzanti. Anche per questo lo stupore di alcuni, per una decisione che ha coinvolto solo gli organismi ristretti, emerge con chiarezza. L´ex presidente del Senato Franco Marini evita una bocciatura, ma chiarisce: «Non posso fare commenti, ho letto dalle agenzie, voglio capire bene i dettagli, le motivazioni. Quando avrò tutti gli elementi, parlerò». Quasi tutti i big erano all´oscuro del progetto. Con il sostegno di Anna Finocchiaro e Antonello Soro, ha deciso Veltroni, un Veltroni rafforzato dalla manifestazione di sabato e quindi determinato a esercitare la sua leadership. Gianni Cuperlo però non accetta il metodo: «Sarà che vengo da una vecchia scuola. Ma quando si fanno delle scelte così impegnative, almeno nei partiti in cui sono cresciuto, si discuteva, ci si confrontava in maniera larga. Questo mi sento di dire». Ma ora che il dado è tratto, che ne pensa? L´espressione del viso dice che il giudizio viene sospeso, ma l´entusiasmo non c´è. Marco Follini invece ha già le idee chiare: «Una deriva radicale rischia di portarci lontano da ciò che dovevamo essere».
Voci perplesse o critiche. Eppure una mobilitazione del partito sarà necessaria. Non potrà essere solo una lotta simbolica. Il senatore Stefano Ceccanti, costituzionalista ed estensore di quesiti, riconosce la difficoltà di individuare un articolo del provvedimento da sottoporre all´abrogazione, dovendo escludere la materia economica. Anche la Finocchiaro spiega che gli esperti dovranno lavorare di cesello. Però lei difende a spada tratta la scelta: «È una battaglia giusta, è un modo per andare avanti. Non possiamo fermarci». I sondaggi, le piazze, le contestazioni dicono che la scuola è il terreno su cui il governo, per la prima volta da molti mesi, segna il passo e perde simpatie. E sicuramente la legge Gelmini non divide in alcun modo big, stati maggiori e leader del Pd. Da D´Alema a Marini, a Veltroni, a Fassino sono tutti d´accordo: sulla scuola il governo deve tornare indietro. Non si può dunque litigare sullo strumento. E anche questo il segretario deve averlo messo nel conto.


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