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Repubblica: Allarme Ocse: Italia in declino dal 2001.Fermi reddito procapite e produttività. Record di ragazzi senza scuola e lavoro

Siamo quartultimi per investimenti in conoscenza; ventiquattresimi per numero di ricercatori; terzultimi per spese in cultura.

09/04/2008
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la Repubblica

Factbook 2008: solo nel 2006 un lieve recupero. Ai primi posti per disuguaglianza

ROBERTO PETRINI

ROMA - Anche gli ultimi inguaribili scettici dovranno piegarsi all´evidenza delle cifre: l´Italia è la maglia nera dei paesi industralizzati. Il Calimero dell´Occidente: in declino o pigra, come hanno sentenziato in molti da qualche anno a questa parte. «Prossima al letargo», come ha scritto il Cerm commentando i dati della più autorevole pubblicazione statistica del pianeta: il Factbook 2008 dell´Ocse, lanciato ieri in rete con tanto di impressionanti grafici interattivi, frutto del lavoro di una istituzione sovranazionale, ma a matrice pubblica, che difficilmente sbaglia e dal quale emerge il quadro di una Italia più povera, meno efficiente, con un sistema produttivo alle corde e con problemi strutturali e sociali assai marcati.
La questione più grave è quella della produttività: tra la pala e il bulldozer noi continuiamo a preferire la prima. Nella classifica dei trenta paesi più industrializzati dell´Ocse siamo gli ultimi per produttività del lavoro (la prima è la Slovacchia), ma soprattutto siamo ultimi per quella che gli economisti definiscono «produttività totale dei fattori», cioè la capacità di mescolare in modo efficace lavoro, capitale, conoscenze diffuse e istruzione. Uno spartiacque importante è segnato dall´anno 2001: da allora al 2006 la produttività del sistema è andata sotto zero, la media è stata –0,5 (tanto per farci un´idea la Germania e la Francia, sebbene in tempi difficili, sono cresciute ben più dell´1 per cento e l´Irlanda addirittura oltre il 3 per cento). Al danno si aggiunge la beffa, infatti per recuperare la tecnologia e l´organizzazione perse dobbiamo lavorare più ore: nel 2006 abbiamo lavorato in media 1.800 ore (in Germania, tanto per farci un´idea, si accontentano di lavorare 1.436 ore ma con risultati assai più brillanti).
E´ evidente che la ricchezza dell´Italia ne risente. La somma del nostro Pil ci pone sempre al sesto posto in valori assoluti (dopo Usa, Giappone, Germania, Regno Unito e Francia). Ma se andiamo a vedere come questo Pil interessa i cittadini, attraverso il Pil-pro capite, scopriamo la conferma che la Spagna di Zapatero ci ha superati nel 2006 : 29.382 euro contro i nostri 28.886 euro. Anche in questo caso gli anni del centrodestra hanno segnato il periodo peggiore: infatti è proprio dal 2001 che la crescita del reddito pro capite diventa piatta (+0,1 per cento), meno della media Ocse alla quale dagli Anni Settanta l´Italia era in qualche in modo agganciata.
Restano i dati sociologici e strutturali e difficilmente recuperabili in pochi anni. Come quello che ci dice che il 10 per cento dei nostri giovanissimi tra i 15 e 19 anni non studia e non lavora. Un «limbo esistenziale» che, come è evidente, non promette nulla di buono. Siamo quartultimi per investimenti in conoscenza; ventiquattresimi per numero di ricercatori; terzultimi per spese in cultura. Nascono pochi bambini e invecchiamo sempre di più (la quota della popolazione anziana è al 19 per cento). Neanche le autostrade, sogno degli Anni Sessanta, ci aiutano: i più attivi nel costruirle sono i cinesi, noi – penultimi – ormai risparmiano anche sull´asfalto.


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