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Repubblica-A scuola piccoli teppisti crescono

A scuola piccoli teppisti crescono CORRADO AUGIAS C aro Augias, sono una giovane insegnante di L...

29/09/2005
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la Repubblica

A scuola piccoli teppisti crescono
CORRADO AUGIAS


C aro Augias, sono una giovane insegnante di Lingue in una scuola media, mi permette uno sfogo? Recentemente hanno 'valorizzato la nostra professionalità con un aumento di 130 euro (netti?). Graditi, per carità. Forse però più che di riconoscimento per 'valorizzare la professionalità' lo chiamerei indennizzo per il declassamento da docenti a badanti, baby-sitter e intrattenitori nelle classi.

Come si può insegnare con passione e serenità, educare alla civiltà, se di fronte a studenti sempre più maleducati, che non studiano, non hanno libri, che disturbano la lezione e non possiamo fare nulla? Come si può parlare di professionalità se agli insegnati è stato tolto ogni potere ed autorevolezza?

Alla scuola media gli studenti non si possono sgridare (comunque non servirebbe a nulla), non possono essere messi fuori dalla porta se disturbano e non possono essere più bocciati, ovvero nessuno osa più farlo.

I ragazzi sanno che in ogni modo verranno promossi e lo dicono apertamente e quasi mai succede che l'intero consiglio di classe sia d'accordo per la bocciatura poiché a fine anno in pagella c'è sempre una sufficienza: il più delle volte perché lo studente se l'è cavata con un disegnino, la partecipazione alla recita, a una partita di pallone.

Io dei 130 euro farei volentieri a meno se però le classi fossero meno numerose e il voto in condotta contasse qualcosa.

Enza di Nezza

devila7@hotmail. com

P iccoli teppisti crescono all'ombra delle cattedre, aggrediscono i coetanei, portano via un telefonino ma s'accontentano anche dei pochi spiccioli per la merenda, di un giaccone, un berretto. Di tanto in tanto le cronache registrano questi episodi. Ci sono poliziotti esperti che restano senza fiato di fronte all'impudenza di questi minuscoli criminali, figli in genere di professionisti, famiglie agiate, vacanze, felpe griffate, macchinette.

Perché le scuole vengono allagate, i registri incendiati, i muri vandalizzati? Le risposte dei sociologi fioccano. La famiglia non fa più presa, oppure i cattivi esempi cominciano in famiglia, oppure troppi soldi, tutto troppo facile. Ma togliamo pure via la parte propriamente teppistica, restiamo alla indisciplina diffusa, all'aggressività latente, alla strafottenza di cui scrive la prof Enza di Nezza.

Quando e a causa di che è cominciato lo sfacelo? Colpa dei tempi? Risposta troppo facile, quello che vediamo è il portato di scelte precise, politiche e pedagogiche, cominciate forse (se proprio vogliamo storicizzare) nel 1968 con gli esami facili, l'accesso indifferenziato all'università, i diciotto 'politici'. Una serie di beffe a danno dei meno fortunati, perché i veri figli di papà una strada prima o poi la trovano anche se non sanno nulla e non sono capaci di fare niente; sono gli altri, i più, che scampati alla severità di un esame dovranno affrontare nudi e crudi gli esami della vita, molto più difficili.

Da un governo di destra ci si sarebbe potuti aspettare almeno un 'rappel à l'ordre', invece nemmeno questo sono stati capaci di fare, anzi, la scuola diventata 'azienda' ha trasformato gli 'alunni' in 'clienti' i quali hanno per definizione sempre ragione. Così la vacanza continua in un eterno paese dei balocchi di cui saranno proprio loro, quelli che se la spassano, a pagare prima o poi il conto più salato.


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