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Rendimenti Invalsi top secret

Giannini: la valutazione anche per premiare i docenti. Neanche il 30% degli istituti pubblica i risultati dei test. I presidi: trasparenza difficile

25/03/2014
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ItaliaOggi

Alessandra Ricciardi

Neanche 3 scuole su 10 pubblicano on line i risultati dei propri ragazzi ai test Invalsi. Un dato che la dice lunga sulla possibilità di utilizzare in modo condiviso la valutazione esterna e nazionale, di cui oggi i test Invalsi sono il principale strumento, anche per la carriera dei docenti.

Il dossier «merito e stipendi» è tornato di grande attualità a viale Trastevere. É giunta «l'ora di valorizzare chi lavora meglio, altrimenti quel poco che c'è non solo non serve a migliorare la qualità complessiva ma neppure a valorizzare le singole persone», ha detto il ministro dell'istruzione, Stefania Giannini. Che ha avuto modo di spiegare: «La valutazione è utile se viene considerata come strumento di governo con l'introduzione di operazioni premiali e di penalizzazione altrimenti è solo un esercizio stilistico». L'obiettivo è chiaro, il percorso da affrontare impervio. E non solo perché il mondo sindacale, prima di parlare di premi, pretende quantomeno l'adeguamento della busta paga di tutti gli insegnanti al costo della vita, ma per una diffidenza molto più diffusa, e variamente motivata, contro il sistema di valutazione. Tanto che ad oggi meno del 30% degli istituti pubblica i risultati dei propri studenti ai test Invalsi (come emerge dalla tabella pubblicata in pagina), con punte di eccellenza nella provincia di Trento.

Una scarsa propensione alla pubblicità che Giorgio Rembado, presidente dell'Anp, l'associazione nazionale presidi, spiega con la scarsa diffusione della cultura della trasparenza. «É una difficoltà culturale, non si vogliono mettere in piazza le proprie debolezze», spiega Rembado, «non siamo nel mondo anglosassone, per cui le pagelle degli istituti sono tradizionalmente pubbliche». Predica prudenza, Rembado: «Sono convinto che a volte percorsi di riforma meno dirompenti dal punto di vista della comunicazione siano più efficaci sul piano dell'attuazione e dei contenuti».

I test Invalsi nel recente passato sono stati spesso contrastati dalla scuola proprio per il timore che i risultati fossero utilizzati per premiare e punire i prof. Tralasciando, è l'accusa, una serie di fattori che incidono sul rendimento degli studenti, come il contesto, la famiglia, le risorse aggiuntive di cui un istituto dispone. Un lavoro molto complesso,quello che si fa a scuola, in cui il ruolo del singolo docente è sì decisivo ma non esclusivo. E proprio per questo, ha ricordato di recente una ricerca della Fondazione Agnelli diretta da Andrea Gavosto, è difficilmente valutabile dall'esterno. Anzi, evidenzia la ricerca, legare la valutazione esterna della scuola ai premi ai docenti potrebbe essere addirittura controproducente.

Per i sindacati, che ricordano come lo stipendio dei docenti italiani è in media il più basso dei paesi traino dell'Unione europea, «differenziare i salari si può fare. Ma condividendo i processi e mettendo risorse aggiuntive. E avendo prima rinnovato il contratto di base», dicono all'unisono i responsabili di Flc-Cgil, Cisl scuola, Uil scuola, Snals e Gilda. Intanto, sulla Gazzetta Ufficiale di ieri è stata pubblicata la legge di conversione del decreto sugli incrementi stipendiali dei docenti e Ata. Proprio il ministro Giannini dovrà ora inviare all'Aran, l'agenzia governativa per la contrattazione nel pubblico impiego, la direttiva che consente di pagare gli scatti di stipendio per anzianità di servizio a tutti. 


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