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«Religione da rivedere»

SCUOLA Profumo: «Paese cambiato, ritoccare i programmi». Insorgono i cattolici

26/09/2012
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il manifesto

Leo Lancari

Per chiunque abbia a che fare con la scuola potrebbe sembrare una constatazione ovvia, eppure le parole dette ieri da Francesco Profumo rappresentano comunque una novità. «Il Paese è cambiato perciò deve cambiare anche modo di fare scuola», ha detto il titolare dell'Istruzione. Basta dare un'occhiata alle facce che spuntano dai banchi per capire come la scuola, così come la società, sia ormai sempre più multietnica, al punto che continuare a non tener conto delle altre culture sia ormai impossibile. Un discorso che diventa ancora più valido se si parla di religione i cui programmi - ha spiegato ancora Profumo - vanno rivisti. «Credo che l'insegnamento della religione nelle scuole così come concepito oggi non abbia più molto senso. Probabilmente quell'ora di lezione andrebbe adattata, potrebbe diventare un corso di storia delle religioni o di etica», ha affermato il ministro parlando venerdì alla festa di Sel. Concetto ribadito anche ieri, seppure con toni diversi. «Nelle scuole ci sono studenti che vengono da culture, religioni e paesi diversi - ha infatti detto il ministro -. Credo che debba cambiare il modo di fare scuola, che debba essere più aperto. Ci vuole una revisione dei nostri programmi in questa direzione». E il ripensamento non tocca solo l'ora di religione insegnata nelle classi, che non deve essere solo ed esclusivamente quella cattolica, ma deve toccare anche i programmi di geografia, adeguandoli alla nuova realtà. Come Profumo ha potuto constare direttamente. «Ieri ero in una scuola con il 50% di alunni stranieri - ha spiegato - e mi hanno detto che imparano la geografia dai loro compagni che raccontano del loro paese».
Il ministro ha messo l'indice su una realtà in continua crescita. Secondo gli ultimi dati forniti dal Miur e relativi all'anno scolastico 2010-2011, sono 711 mila gli studenti con cittadinanza non italiana iscritti nelle nostre scuole, il 13,1% in più rispetto all'anno precedente. Di questi quattro su dieci sono nati in Italia, con una concentrazione maggiore nelle scuole d'infanzia dove il 78,3% degli iscritti con cittadinanza non italiana è nato sul territorio italiano. Il gruppo più numeroso è composto da studenti rumeni (125 mila) seguiti dagli albanesi (100 mila)e dai marocchini (poco più di 90 mila). Una presenza corposa, concentrata soprattutto il Lombardia ed Emilia Romagna e, per quanto riguarda le province, a Milano e Roma.
Ignorare questi nuovi cittadini diventa sempre più difficile, al punto da convincere il ministro dell'Istruzione della necessità di aggiornare i programmi scolastici. Ma le parole di Profumo hanno scatenato un vespaio di polemiche. Specie per quanto riguarda la religione cattolica. Critiche sono arrivate dalla Cei, ma anche dagli insegnati di religione, dal Pdl e dall'Udc. Tra i primi ad attaccare il ministro c'è monsignor Gianni Ambrosio, presidente della Commissione episcopale per la scuola della Cei e vescovo di Piacenza. «L'ora di religione cattolica non è certo una lezione di catechismo - ha detto -, bensì un'introduzione a quei valori fondanti della nostra realtà culturale che trovano la propria radice proprio nel cristianesimo». Proteste anche dagli insegnati di religione che attraverso Orazio Rustica, segretario del sindacato di categoria, hanno ricordato a Profumo di aver firmato a fine giugno «le due dichiarazioni riguardanti l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche e le indicazioni didattiche senza aver letto con attenzione ciò che ha sottoscritto». Contro il ministro anche Pdl, Lega e Udc.
Sul fronte opposto apprezzamenti per la presa di posizione del ministro sono arrivati dall'associazione dei genitori cattolici («giusto ampliare l'insegnamento della religione»), dall'Ucoi, da Pd, Idv, Radicali e dalla Flc-Cgil: «Profumo ha perfettamente ragione», ha detto il segretario Mimmo Pantaleo. «E' fondamentale ridisegnare il ruolo della scuola pubblica all'interno della società, in cui il confronto tra culture diventa decisivo per garantire diritti per tutti».


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