Quotidiano net: "Ma la scuola è sana, in crisi è la famiglia"
Intervista al ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Fioroni. "Il problema è di emergenza educativa e convivenza civile: i genitori sono insostituibili"
EMERGENZA BULLISMO
Roma, 9 marzo 2007 - Bullismo, intolleranza. Eccesso di punizioni, scarsa attenzione ai problemi giovanili. Sembra che l’universo scuola stia per esplodere. Ne parliamo con il ministro della Pubblica Istruzione, Giuseppe Fioroni (nella foto).
«Il problema è di emergenza educativa e convivenza civile. C'è una situazione di grande crisi della famiglia che è l’anello fondante del processo educativo. Attraverso la scuola si pensa di sostituire il padre, la madre, i nonni. Ma educare è difficile e pensare che il docente possa sostituirsi ai genitori è una pretesa impossibile.
Secondo elemento: sempre più le famiglie hanno difficoltà a concepire il rapporto educativo anche con gli indispensabili no. Ed emerge un atteggiamento di sindacalismo familistico che porta genitori e docenti a non condividere lo stesso modello ma a confrontarsi in modo duro. Di contro, tra gli 800mila docenti ci sono, purtroppo, anche alcune mele marce.
E’ una proporzione infinitesimale rispetto a tutti coloro che svolgono con serietà il loro lavoro, ma proprio nell’interesse di tutti, le mele marce vanno rimosse. Altrimenti si corre il rischio di confondere le responsabilità personali con il sistema. Altro aspetto. Quella certa tolleranza alla violenza che ritengo colpevole come la violenza stessa. Quel modo di non vedere, di non sentire, di non denunciare i singoli episodi. Se, in strada, le persone assistono al pestaggio di un diversamente abile, cercano aiuto, tentano di intervenire. Se questo accade nella scuola non si può tacere».
Il ministero ha istituito un numero verde e un sito Internet contro il bullismo. Sono già attivi? Ci sono dati sui contatti?
«I contatti sono significativi sia dal punto di vista qualitativo sia quantitativo. Si tratta di denunce, di richieste di aiuto, di consigli. Presto presenteremo i primi risultati. Ma non bisogna parlare di bullismo. Le cose hanno il loro nome, questa è violenza. A guardare i temi che scrivono i ragazzi si scopre che ci sono argomenti ricorrenti: la solitudine, l’abbandono, la paura, la morte. Espressioni di disagio che ci devono far riflettere e che non possiamo evitare con il meccanismo del “che cosa ti serve? Ti do i soldi”. I giovani hanno bisogno che vengano loro trasmessi valori che danno identità. Ma questi valori non si possono soltanto dichiarare, devono essere testimoniati. Il mondo dei grandi, invece, spesso è incline ai buoni consigli perché capace di dare solo cattivi esempi. Ci sono delle responsabilità che attengono anche alla sfera di Internet o dei videogiochi o della Tv. La Rete è un esempio di libertà ma la cifra della libertà vera è la tutela della libertà di tutti. Questo è un tema che ci si deve porre. Se lo deve porre chi gestisce la Rete come chi produce i videogiochi. C’è un’intesa con i produttori per tutelare alcune fasce di età, ora occorre la norma per chi vende. Queste sono le risorse, le condivisioni di cui la scuola ha bisogno».
Accusa le famiglie di non assumersi responsabilità. L’Associazione genitori cattolici le ha imputato di aver avviato cambiamenti senza interpellare i genitori. Il coinvolgimento non potrebbe portare a risultati più incisivi?
«La componente è vasta nella sua rappresentanza. Il Forum dei genitori è stato consultato ampiamente. Resta il fatto che da parte mia c’è grande interesse perché le famiglie siano coinvolte e penso a una partecipazione diretta, attraverso la Rete, per avere, con raccordi provinciali e regionali, consigli e indicazioni dai genitori».
Alunni e prof a volte sembrano parlare lingue diverse. L’aggiornamento professionale appare fondamentale. La Cisl ha denunciato che per la formazione i tagli previsti nel 2007 sono maggiori del 40% rispetto all’anno precedente. Come se ne esce?
«Lo sforzo degli esegeti dei testi non manca mai. L’impostazione di fondo è che dobbiamo scegliere, con le risorse a disposizione, tra le innovazioni tecnologiche e la formazione degli insegnanti. Ho scelto la formazione perché una buona scuola non la fa la lavagna elettronica ma il buon docente. Il problema è come rendere efficaci i percorsi formativi, perché siano rispondenti alle reali esigenze. E questo stiamo facendo. A proposito delle risorse, bisogna guardare i fatti. A vedere il combinato di spesa del bilancio della Pubblica Istruzione si scopre che il piano organizzativo nazionale ha aumentato di 5 volte i fondi e ne ha riservato una fetta significativa per l’aggiornamento professionale. Da un miliardo di euro siamo passati a 5 miliardi per le regioni del Sud. Questo ci consente di liberare risorse per le altre regioni».
Il contratto della scuola è scaduto dal 2005. I sindacati hanno proclamato lo sciopero generale per il 13 aprile. Si potrà scongiurare?
«Il governo deve fare la propria parte. Ho già attivato la procedura di certificazione per i risparmi da reinvestire ai ministeri del Tesoro e della Funzione pubblica. Mi auguro che si agisca rapidamente per dare risposte alle rivendicazioni che trovo giuste».
Da settembre quasi 50mila dipendenti della scuola lasceranno l’incarico per andare in pensione. Paura del «gradone» o altro?
«I problemi legati all’età pensionabile pesano certamente sulle scelte. Ma pure è indiscusso che insegnare è un lavoro stressante. Per questo motivo ho richiesto che l’insegnamento nella scuola dell’infanzia sia inserito tra i lavori usuranti».
La Finanziaria prevede il taglio di 19mila posti rimodellando il rapporto alunni/classe. I calcoli dei sindacati rispetto alle iscrizioni parlano di 14mila posti da eliminare. Quale sarà la cifra finale?
«Ritengo che si scenderà a 11.500. Ma ci sono da sfatare due luoghi comuni. Il primo è che in Italia ci siano troppi docenti. Non si considera che, rispetto alla media europea, noi abbiamo l’integrazione dei diversamente abili che riguarda circa 90mila insegnanti. Inoltre in Italia ci sono 5mila comuni di montagna. Tre maestri per due bambini al centro di Bologna sono uno scandalo, alle isole Tremiti è semplicemente rispettare il diritto all’istruzione. Perché le scuole di montagna, e quelle sulle isole occupano circa altri 90mila docenti. Poi ci sono tempo pieno e prolungato. Siamo a queste cifre per scelte di civiltà. Altro discorso è quello di razionalizzare le cattive gestioni: lo stiamo facendo. Il secondo luogo comune è che la scuola spende troppo. Dal ’90 a oggi l’Istruzione ha incrementato le proprie risorse molto meno della Difesa o della Sanità. Se si fosse mantenuto il trend oggi avremmo a disposizione oltre 4 miliardi di euro l’anno in più. La scuola deve spendere meglio e aumentare di efficacia se vogliamo che sia veramente il volano del Paese».