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"Quota 96" fa giustizia ai docenti e libera 3500 nuovi posti

Un diritto e non un privilegio

20/07/2012
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Sussidiario.net

Un diritto e non un privilegio. Con queste motivazioni la senatrice del Pd Mariangela Bastico, già sottosegretario all’Istruzione, e la collega Manuela Ghizzoni, presidente della Commissione cultura della Camera, proseguono nella loro battaglia a fianco del personale della scuola ingiustamente penalizzato dalla riforma pensionistica Fornero e hanno presentato un emendamento che consente ai docenti che avranno maturato i requisiti per la pensione entro il 31 agosto 2012 di usufruire delle vecchie regole equiparando, così, il personale della scuola agli statali che li hanno raggiunti entro il 31 dicembre scorso. La parlamentari Bastico e Ghizzoni si sono battute, in questi mesi, affinché questa specificità venisse riconosciuta, come del resto era accaduto in tutte le riforme in materia pensionistica antecedenti alla riforma Fornero. Tra l’altro, molti docenti e personale Ata hanno presentato, nel frattempo, istanza al Tar di sospensione della efficacia della normativa in quanto si ledono diritti soggettivi, di natura pensionistica, già acquisiti. La senatrice Bastico spiega a IlSussidiario.net i contorni dell’emendamento.

Qual è l’obiettivo che intendete raggiungere con questo emendamento?

Vogliamo raggiungere l’equità, o meglio, il riconoscimento di un diritto che accomuna il personale della scuola con quello della pubblica amministrazione. Noi, quindi, proponiamo di spostare la data dal 31 dicembre 2011 al 31 agosto 2102, periodo in cui si accertano i requisiti per andare in pensione con i parametri antecedenti alla riforma Fornero.

Perchè è un atto di equità?

Gli insegnanti e tutto il personale scolastico può andare in pensione un solo giorno all’anno, cioè il primo settembre, data racchiusa fra la fine dell’anno scolastico e l’inizio di quello nuovo. Supponiamo che un docente maturi il suo periodo il 2 gennaio: ovviamente non rientra nelle norme del vecchio criterio e deve, purtroppo, aspettare nove mesi per accedere alla pensione. Il nostro emendamento intende colmare questa enorme disparità rispetto ai dipendenti della pubblica amministrazione.

Quante persone saranno coinvolte in questa disposizione?

Il Miur, dati dell’anagrafe del personale dipendente alla mano, ha quantificato in circa 3.500 le persone potenzialmente interessate. Sappiamo, però, che nella scuola ci possono essere docenti che hanno tutti i requisiti per smettere di insegnare, ma non lo fanno.

Avete quantificato quanti posti si libereranno?

L’altro obiettivo che persegue questo emendamento è favorire il pensionamento di chi ha compiuto i sessant’anni e ha alle spalle dai 36 ai 40 anni di insegnamento da cui il nome di personale quota 96. Si tratta di insegnanti che hanno vissuto un lunghissimo percorso nel mondo della scuola e aprirebbero la strada ad un egual numero di giovani docenti, magari già da tempo in attesa in graduatoria, che potrebbero essere assunti e immessi in ruolo. Questo è un grosso vantaggio per il sistema scolastico italiano che, rispetto agli altri Paesi europei, presenta la maggior età media dei docenti, ha il maggior numero di insegnanti con più di cinquant’anni e, di contro, la minor percentuale di insegnanti con un’età inferiore ai trent’anni.

Quante sono state le richieste per quest’anno?

Quest’anno le richieste di pensionamento sono state circa 32mila ma è stato valutato che questo numero è inferiore agli aventi diritto. Questo significa che nonostante il ministro Fornero abbia allungato gli anni del percorso scolastico, si sono verificati moltissimi casi di persone che hanno preferito non lasciare la cattedra: sappiamo che l’insegnamento è un mestiere che porta a questo tipo di affezione. Purtroppo, però, questo implica che i posti che dovevano essere liberati, a conti fatti, sono risultati molti meno. Quindi, anche il processo di ringiovanimento del corpo docente è molto inferiore a quello che si poteva prevedere.

Quindi, un paradosso.

Certamente, si creerebbe una situazione che vedrebbe, da un lato, personale che desidera andare in pensione e non lo può fare perché è bloccato dalle norme messe in campo dal ministro Fornero mentre dall’altro, per chi desidera rimanere in aula, si parla di pensionamenti “coatti”. Io sono del parere che occorra rispettare le motivazioni del personale docente perché nel sistema scolastico il livello di coinvolgimento del personale che lavora a contatto con i ragazzi è fondamentale. Quando ero vice ministro all’Istruzione ricordo di aver ricevuto moltissime petizioni di studenti e dei loro familiari che chiedevano di procrastinare la pensione per alcuni docenti particolarmente meritevoli. Chiediamo, quindi, al Governo che nel processo di pensionamento si osservi un minimo di flessibilità per tutelare studenti e insegnanti.


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