«Quindici miliardi per la ricerca, l’Italia non resti indietro»
Patrizia Toia, vicepresidente a Bruxelles del Gruppo S&D e vicepresidente della commissione Industria dell’Europarlamento
Quindici miliardi di euro in arrivo dalla Ue per il biennio 2014-2015 per la ricerca e l’innovazione attraverso Horizon 2020, il programma che stanzia fino al 2020 oltre 70 miliardi di euro per le Università, la ricerca, le industrie e le Pmi.Ne parliamo con Patrizia Toia, vicepresidente a Bruxelles del Gruppo S&D e vicepresidente della commissione Industria dell’Europarlamento.
Un anticipo più sostanzioso di quanto avvenuto in passato. «Sì. La scelta era di solito quella di anticipare poco nei primi anni del settennato, per poi aumentare. Come Parlamento e come Gruppo S&D ci siamo invece battuti affinché questa volta l’approccio fosse inverso». Come sarannodistribuiti i fondi? «Si sono già aperti molti dei primi 64 bandi, concentrati nel settore scientifico e della ricerca, dell’industria soprattutto energia e Pmi e dell’ambito sociale agricoltura, trasporti, ambiente. È la prima volta che la Commissione Ue indica le priorità di finanziamento con un orizzonte temporale di due anni, fornendo a ricercatori e imprese una certezza sulla direzione della politica di ricerca della Ue. In un momento in cui il finanziamento della ricerca in Italia langue, é il momento di fare sinergia e cogliere queste opportunità».
Quanti di questi fondi arriveranno in Italia? «Non c’è una parte preassegnata, potremmo portare a casa anche il 100% se avessimo la capacità di essere propositivi e di fare progetti. Con Horizon 2020 spetta ai soggetti imprese, università, centri di ricerca fare richiesta direttamente all’Europa». Come ne saranno informate le nostre realtà? «I bandi sono su Internet. Spetta poi alle associazioni di categoria e ai ministeri interessati, come il Miur, diffondere le informazioni. La ministra Carrozza è già partita col piede giusto, nominando degli esperti per ogni area tematica». Com’è andata al nostro Paese in passato? «Purtroppo nello scorso periodo di programmazione l’Italia pubblica e privata ha concorso poco. Per tre ragioni: la difficoltà delle procedure per accedere ai bandi, e a questo abbiamo provveduto, semplificando; la lentezza del sistema Italia ad inserirsi nelle “cose europee”; la mancanza di una rete che faccia sistema. Siamo poco presenti nei gruppi di esperti e nei vari panel che a Bruxelles decidono le priorità e le valutazioni, non abbiamo fatto “sistema Italia” nella Commissione Ue. Speriamo che con questo governo le cose migliorino».
Sarà sufficiente questa iniezione di risorse per invertire il ciclo della crisi? «No, alle risorse vanno affiancate scelte di politica economica diverse, e strumenti come gli Eurobond o la golden rule per lo scomputo dalle spese per investimenti dal patto di stabilità. Su questo ultimo punto c’è qualche spiraglio, ma deve essere chiaro che i fondi di Horizon 2020, insieme a quelli per la politica di coesione, sono gli unici che l’Europa metterà a disposizione fino al 2020, dunque è bene attrezzarci».