Quell’allarme dei vescovi sull’Italia divisa
Antonio di Gennaro
L’intervista di Conchita Sannino al vicepresidente della Cei e le corrispondenze dal convegno di Benevento dei vescovi italiani sulle aree interne, pubblicate su questo giornale, hanno dato conto di quello che senza dubbio è il fatto politico più rilevante di questa campagna elettorale: la presa di posizione chiara, netta
della chiesa cattolica italiana sull’Autonomia differenziata e sui migranti. Nella dichiarazione finale dell’incontro ci sono parole che pesano come pietre: “...
qualora entrasse in vigore l’Autonomia differenziata, ciò non farebbe altro che accrescere le diseguaglianze nel Paese”.
La cosa importante è che non sono i vescovi del Mezzogiorno a parlare così, ma quelli “... provenienti da tutto il Paese, riuniti a Benevento per riflettere sui criteri
di discernimento con l’obiettivo di elaborare una pastorale per le Aree interne”. È all’Italia intera che i vescovi guardano, un paese che si sta spaccando in due non solo trasversalmente ma anche longitudinalmente, tra una galassia di aree metropolitane che occupano meno del 20% del territorio, ma dove si addensa il 60% della popolazione, e il restante 80% del suolo nazionale, quello dei piccoli centri che gestiscono una ruralità straordinaria e immensa, che continuano a perdere uomini, servizi, risorse, rappresentanza, capacità amministrativa e di presidio. La cosa inaccettabile, a giudizio dei vescovi, è il divario civile che si è creato e si va sempre più accentuando: la ripartizione ineguale delle risorse tra le due Italie nega sempre più a una quota importante di popolazione l’accesso ai diritti costituzionali fondamentali, a partire da salute, istruzione, assistenza ai più deboli. La perennizzazione di questo divario, che è poi il fulcro del progetto di Autonomia differenziata attualmente in circolazione, sulla base di una spesa storica che già premia i territori che stanno meglio, significa di fatto dire addio, per sempre, all’unità del Paese. È in questa lettura complessiva che si colloca l’affondo sul Mezzogiorno, e l’intervento al convegno di monsignor Francesco Savino, vescovo di Cassano allo Ionio e vice-presidente della Cei, con tutti i numeri precisi e inoppugnabili del divario, andrebbe studiato nelle scuole. C’è poi l’aspetto ecologico, dietro quello civile ed economico. Nel suo saluto al convegno di Benevento papa Francesco ha sottolineato l’importanza del lavoro che le aree interne svolgono per il sostentamento della vita: è solo grazie al flusso di servizi ecosistemici di base – acqua e area pulita, alimenti, assorbimento della CO2, difesa del suolo, biodiversità, paesaggio – che le aree metropolitane riescono a vivere. Ciò nonostante, l’opera impegnativa di cura del capitale naturale che le popolazioni delle aree interne svolgono a beneficio del paese intero non trova riconoscimento civile ed economico nelle politiche pubbliche. I vescovi comunque non si fermano qui. Passando alle soluzioni possibili, nel documento finale del convegno si legge ancora che “i flussi migratori possono costituire un’opportunità per ravvivare molte realtà soggette a un decremento progressivo della popolazione, ma è necessario affinare sempre più la disponibilità all’ascolto, ad assumere, nel rispetto della legge, logiche inclusive, non di esclusione”.
Più chiaro di così. Nel flusso stanco di messaggi incolori che ci giungono in questi giorni, viene da Benevento il progetto di un paese diverso, consapevole di sé, delle
differenze e delle difficoltà, e dei modi ragionevoli per provare a superarle. Partendo dalle persone, senza paura, con un sentimento di apertura al futuro e alle cose nuove
che verranno. Tutto chiaro, c’è solo da decidere da quale parte andare.