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Quei ragazzi perduti

C’è un battaglione di giovani perduti nei dati pubblicati ieri dall’Ocse: si tratta di oltre un milione e mezzo di ragazzi che ancora non hanno trent’anni e non hanno neppure le «competenze adeguate» per potersi muovere nel mondo del lavoro

09/10/2013
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Corriere della sera

Gianna Fregonara

C’è un battaglione di giovani perduti nei dati pubblicati ieri dall’Ocse: si tratta di oltre un milione e mezzo di ragazzi che ancora non hanno trent’anni e non hanno neppure le «competenze adeguate» per potersi muovere nel mondo del lavoro. Più di un milione — sono ragazzi tra i 16 e i 24 anni — non ha un titolo di studio sufficiente per poter lavorare, si legge nelle pagine del rapporto che ci condanna ancora all’ultimo posto, fanalino di coda dell’educazione per quanto riguarda la lettura/scrittura e penultimi nella matematica. La novità triste di questi dati — che invece segnano finalmente una parità di competenza tra uomini e donne almeno per quanto riguarda la lingua italiana, per la matematica non è ancora così — è che non è soltanto il cosiddetto analfabetismo di ritorno, cioè quello di chi per troppo tempo non si è più occupato della propria formazione, il problema principale degli italiani. Ma un vero e proprio analfabetismo: chi va a scuola — soprattutto al Nord — ha performances molto più simili a quelle europee, ma chi lascia è del tutto perduto.
I dati dicono che la scuola fallisce là dove l’abbandono è molto al di sopra della media europea, quando la scelta della scuola da frequentare è sbagliata, quando si fanno confronti con Paesi come la Gran Bretagna dove un universitario su due a 30 anni è laureato mentre in Italia il traguardo è riservato soltanto ad uno su cinque. Dove si perdono questi giovani, che diventano i Neet (Not in education, employment or training)? Non basta a consolarsi che nei decenni scorsi la situazione complessiva dell’educazione in Italia era anche peggiore (tre anni di scolarizzazione media negli Anni Settanta). Il confronto con il nostro passato non è adeguato: in Germania 8 tedeschi su 10 in età adulta hanno oggi un diploma di scuola superiore, in Italia neppure uno su due. Il ministro Carrozza ha annunciato che è ora di invertire la rotta per combattere questa emergenza, l’impressione è però che non basti stanziare fondi, che anche per quanto riguarda la scuola sia necessario un vero salto culturale per evitare di perdere un’altra generazione.

 


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