Quarantuno italiane tra le mille università migliori del mondo
Cinque new entry nella classifica Qs. Il Politecnico di Milano al top Ma il vero exploit è della Bicocca che guadagna settanta posizioni
Corrado Zunino
La classifica più conosciuta, e riconosciuta, sulle università nel mondo dice che l’Italia porta cinque nuovi atenei nei primi 1.300: cresce, tuttavia, anche il numero delle accademie prese in considerazione a livello globale, sono 145 in più. Il nostro Paese ha sempre le tre più note strutture in testa al ranking (Politecnico di Milano, Alma Mater di Bologna e la Sapienza di Roma), ma queste eccellenze fanno registrare un arretramento. Si nota, tra gli spostamenti nazionali, l’exploit dell’Università Bicocca di Milano, fondata solo nel 1998 e cresciuta di 71-80 posti dall’anno scorso ad oggi. Ora è in 450a posizione e può mostrare il miglior risultato nazionale (95a, qui) nelle "Citations per Faculty", che misurano l’impatto della ricerca prodotta.
Ben Sowter, direttore della ricerca di Quacquarelli-Symonds, il ranking Qs che, prodotto a Londra, esce da diciotto stagioni, definisce il risultato complessivo dell’Italia soddisfacente, quindi spiega perché non utilizza aggettivi più entusiasmanti: «Le migliori università italiane, nonostante la loro indiscussa
eccellenza, faticano a competere globalmente in alcuni indicatori, specialmente quelli che valutano il livello di internazionalizzazione del corpo docente e discente — misurato con dati precedenti la pandemia — e per la proporzione tra insegnanti e studenti. Quest’anno si aggiunge una performance sottotono nell’indicatore che misura la popolarità tra la comunità accademica e dei datori di lavoro internazionali, con alcune positive eccezioni ».
Tra le positive eccezioni, a proposito della reputazione nei confronti delle aziende, c’è il Politecnico di Milano, da sette anni la migliore università italiana in questa classifica. Per la prima volta, Polimi (retto dal presidente della Crui, Ferruccio Resta) perde cinque posizioni e il suo 148° posto generale dimostra la fatica con cui il sistema Italia si confronta sul piano globale. Il Politecnico di Milano, come dicevamo, deve la leadership nazionale all’ottimo punteggio nel misuratore dell’opinione delle imprese (67°) e certifica la proporzione più alta di studenti internazionali nelle sue sedi.
L’Università di Bologna, seconda tra le italiane, è 166a, e scende di sei punti in classifica. La Sapienza, terza in Italia, è 171a al mondo, come l’anno scorso. Queste ultime due sono le accademie di casa più stimate dalla comunità internazionale.
In tutto, sono 41 gli atenei italiani presenti nel Qs, la metà di quelli che percepiscono un finanziamento pubblico. L’Università Vita-Salute San Raffaele si distingue nel criterio che indica la proporzione tra docenti e studenti: è 36a al mondo, eccezione al sistema. In generale, gli atenei italiani non sono competitivi in questo indicatore. Arretrano vistosamente Padova e il Politecnico di Torino, la Federico II di Napoli e Trento. Crescono, altrettanto vistosamente, Torino e Pavia, Genova, Siena e Trieste.
«Siamo soddisfatti della fotografia scattata alla nostra produzione scientifica di eccellenza», commenta Giovanna Iannantuoni, rettrice della Bicocca. «Va detto che ogni ranking universitario ha i suoi parametri e e il fatto che siamo un ateneo giovane non aiuta sui valori reputazionali, che normalmente premiano strutture più antiche». Positivo il giudizio della rettrice de La Sapienza, Antonella Polimeni: « Il nostro ateneo migliora i parametri relativi all’apprezzamento da parte delle aziende e alla produzione scientifica».
Sul piano internazionale, ecco, si evidenziano dieci anni di primato ininterrotto del Massachusetts Institute of Technology (Mit) e la crisi della Harvard di Barack Obama, Bill Gates e Mark Zuckerberg: era terza, ora è quinta. Sale al secondo posto (dal quinto) l’inglese Oxford.