Quanta ideologia dietro il mantra della valutazione
Benedetto Vertecchi
Nelle settimane passate è stato annunciato con enfasi l’avvio del progetto Vales, il cui scopo, secondo quanto è detto nel documento illustrativo diffuso dal Ministero dell’Istruzione, è di sperimentare un modello di valutazione della scuola e della dirigenza centrato su «criteri condivisi, trasparenti, efficaci e basati su indicatori ricavati da molteplici prospettive di osservazione». Ciò in vista della diffusione di «una cultura della valutazione esterna e della rendicontazione finalizzata al miglioramento del servizio». Mi chiedo se chi ha scritto queste righe sia consapevole del concentrato d’ideologia che contengono. Mi chiedo anche se sia stato considerato che la valutazione non consiste nell’assumere dati, anche se da differenti punti di osservazione, e nell’elaborarli per ricavarne indicatori, ma nell’interpretare i fenomeni e collocarli entro dimensioni interpretative estese che considerino non solo quanto appare al momento, ma ancor più il modo in cui si sono venute a produrre determinate distribuzioni di variabili. In altre parole, la valutazione riassume in un giudizio che contiene un apprezzamento (non importa, da un punto di vista generale, se positivo o negativo) tutti gli elementi di conoscenza di cui si dispone su come si siano prodotti i fenomeni presi in considerazione. Il fatto è che ci sono più modi per affrontare la valutazione. Quello riflesso negli enunciati del progetto Vales (nei quali la condivisione, la trasparenza, eccetera, sono lustrini volti ad acquisire la benevolenza di quella che Bacone avrebbe chiamato la tribù) è un modello di valutazione che fa riferimento in massima parte a variabili dipendenti. È come dire che si costata ciò che appare in un momento determinato e che si esprime un giudizio circa la corrispondenza fra ciò che si attende e ciò che si osserva. È vero che il progetto Vales introduce una linea diacronica per rilevare quello che è stato definito valore aggiunto, ma è anche vero che si tratta pur sempre di variabili dipendenti, anche se considerate per la distribuzione che le caratterizza in momenti diversi. Se rilevo in una scuola una differenza tra la distribuzione di variabili relative all’apprendimento nel tempo t1 e quella nel tempo t2, in entrambi i tempi si tratta di variabili dipendenti, in quanto i valori che assumono devono essere posti in relazione alle condizioni in cui gli allievi hanno vissuto esperienze che in varia misura possono aver concorso a produrre certi effetti. Introdurre il concetto di valore aggiunto è una sorta di calco, che rivela però mancanza di autonomia nei confronti di una concezione totalizzante più o meno propriamente riferibile ad aspetti economici della vita sociale. Ma è proprio questo calco che rivela il significato ideologico del progetto Vales: si assume una logica orientata a interpretazioni di breve periodo (com’è, per lo più, quella che si riferisce alla produzione di beni o servizi) in sostituzione di quella orientata ai tempi lunghi propria delle interpretazioni educative. Non basta ardere i rituali granelli d’incenso nei confronti della cultura della valutazione: occorre consapevolezza della complessità del sistema educativo soprattutto a livello delle variabili indipendenti. Ma da una simile consapevolezza non potrebbero che derivare scelte del tutto difformi da quelle che da una decina d’anni si vanno effettuando. Di fronte a ciò che non soddisfa nel funzionamento del sistema educativo, si procede per eliminazione, senza chiedersi se simili interventi non peggiorino i problemi ai quali (almeno a parole) si vorrebbe dare soluzione. È un fatto che siano espressi giudizi negativi basati su variabili dipendenti (per esempio, i livelli deludenti della competenza raggiunta nella capacità di comprensione della lettura, negli apprendimenti matematici o in quelli scientifici), e s’intervenga modificando la distribuzione delle variabili indipendenti secondo criteri nominalmente di efficienza, ma nei fatti di riduzione della spesa, anche quando da tale riduzione discende un peggioramento delle condizioni in cui la scuola svolge la propria azione (perché diminuire il numero degli insegnanti o comprimere il tempo scolastico dovrebbero costituire la premessa di un competenza degli allievi?). Il progetto Vales, com’è già avvenuto per altre iniziative del Ministero dell’Istruzione, fa riferimento alle procedure e alle rilevazioni dell’Ocse per accreditare il piano delle attività. Sarebbe il caso di ricordare, una volta ancora, che l’Ocse non è un’istituzione rivolta allo sviluppo della ricerca educativa, ma alla crescita dei sistemi economici. L’educazione è considerata uno degli elementi alla base di tale crescita e la comparazione internazionale ha lo scopo di mostrare la relazione che intercorre tra la qualità dell’educazione e lo sviluppo economico. È un’ulteriore conferma che si perseguono intenti di breve periodo, che non concorrono a delineare profili di cultura capaci di sostenere il percorso di vita dei cittadini.