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Provincia di Lecco-Scuola: più liceali, meno tecnici Nella formazione vince l'umanesimo

Scuola: più liceali, meno tecnici Nella formazione vince l'umanesimo Cesare Mozzarelli Ormai nella scuola italiana giungono alla maturità più studenti nei licei che negli istituti tecnici. Il da...

23/05/2004
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La Provincia di Lecco

Scuola: più liceali, meno tecnici Nella formazione vince l'umanesimo Cesare Mozzarelli

Ormai nella scuola italiana giungono alla maturità più studenti nei licei che negli istituti tecnici. Il dato si presta a molte considerazioni. Per stare ai dibattiti di questi giorni non vi è dubbio che la decisione di portare a diciotto anni l'obbligo scolastico - in omaggio al politicamente corretto chiamato ora diritto-dovere - interpreta una tendenza presente nella società ad allungare i tempi della formazione scolastica. Dai licei infatti non si esce con un mestiere, e chi vi si è iscritto prevede dunque di proseguire ancora oltre negli studi, vuoi con l'iscrizione all'università vuoi in altre forme. Questa scelta un tempo elitaria non riguarda nemmeno a tutt'oggi la maggioranza dei diciottenni, ma complice anche il fatto che professioni per le quali una volta bastava il diploma oggi già richiedono un titolo universitario, tende sempre più ad esser giudicata dalle famiglie come conveniente. E questo a sua volta obbliga - si può aggiungere per inciso - a creare davvero con la riforma un sistema della formazione professionale parallelo rispetto a quello scolastico, se pur non irrimediabilmente separato dal primo, per chi la scelta liceale, destinata a divenire universale per il nuovo profilo delle scuole secondarie, non vorrà compiere. Chi arriva oggi alla maturità ha però scelto il liceo cinque anni fa, quando la riforma Moratti non era nemmeno stata immaginata. E questo ci riporta al dato di fondo. Che si tratta di una scelta non obbligata dal legislatore ma autonomamente maturata nei ragazzi e nelle loro famiglie. E tanto più significativa se si pensa che alla prevalente scelta del liceo si accompagna la preferenza, come sembra su scala nazionale, del classico rispetto allo scientifico. Fino a non molti anni fa questo era considerato intrinsecamente più moderno del primo, più dinamico e adatto alle esigenze del presente. All'istruzione classica si rendeva omaggio ma giudicandola più o meno insensata. Altro che greco, inglese ci vuole. E le scienze piuttosto delle lettere. Oggi, mentre nessuno dubita che le lingue straniere, inglese in testa, siano essenziali, non meno opportuno pare recuperare esplicitamente la memoria della nostra tradizione, le sue radici ma anche la lunghezza e le peculiarità del percorso che abbiamo compiuto. E intendere le stesse scienze come parte di un sistema culturale e non sua alternativa o nuova fondazione. La crescita del liceo classico costituisce così l'ultimo esito della scelta a favore dei licei, in quanto se questa indica la tendenza a privilegiare una formazione culturale di base ampia, il classico con la sua apparente inattualità enfatizza tale tendenza. E forse la classe politica non ha ancora fatto i conti con questa capacità di intelligenza sociale degli italiani, i quali intendono bene che la flessibilità tanto esaltata a parole e l'attitudine a sapersi orientare e riorientare al mutare delle condizioni e dei problemi è garantita da una cultura ampia e sovrabbondante rispetto ai singoli mestieri, piuttosto che non da una professionalizzazione precoce. La quale a sua volta è tanto più immediatamente efficiente quanto più orientata dalle esigenze del presente poste sopra tutto, ma proprio per questo è del pari destinata a invecchiare rapidamente. La riforma dell'università avviata dai governi di centrosinistra e confermata dall'attuale insistendo sulle caratteristiche professionalizzanti che dovrebbe avere la formazione universitaria, almeno per la stragrande maggioranza di coloro che si fermano alla laurea triennale, appare allora contraddittoria con le convinzioni di una parte sempre più ampia del paese, oltre che con il giudizio delle imprese, le quali agli studi universitari chiedono capacità culturale e non ipotetiche professionalità "chiavi in mano". Un'ultima considerazione va fatta sul sorpasso dei licei. Esso dimostra anche quanto sia mutata la società italiana negli ultimi decenni e sempre più rapidamente. I liceali divenuti maggioranza fra coloro che terminano le secondarie non costituiscono più élite e la scelta scolastica sempre meno dipende da appartenenze di ceto. E questa è la parte positiva del fatto. Quella negativa potrebbe essere rappresentata dal rischio del formarsi di isole di eccellenza entro un sistema scolastico liceale meno severo e impegnativo per corrispondere alle attese di una massa più ampia di studenti.


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