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«Profumo, mi hai fregato. Studiare e abilitarsi per finire nel concorsone»

di Marina Boscaino

03/10/2012
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Pubblico giornale

Tra i tanti capolavori – non stento a spendere questa parola – che la Rete ci propone in questo periodo, tra le tante testimonianze di quanta bella gente, pensante, critica si trova in giro e di quanto mortificata sia, mi ha colpita in particolare una lettera aperta a Profumo.

Che è stato– in questi mesi – destinatario di un numero impressionante di corrispondenza immateriale, sul supporto digitale che gli è tanto caro; ma lui, da bravo ministro 2.0, non risponde a nessuno né direttamente, né indirettamente: la sua comunicazione procede autoreferenzialmente, infarcita di inni alla tecnologia, come se tutto intorno ci fosse silenzio e il suo mandato sia destinato a durare all’infinito.

Non è così. Valerio Capasa, di Bari, «Passione, dottorato, post dottorato, e Siss, 2 anni e 3mila euro» esordisce: «Caro Ministro, questo concorso puzza». Valerio racconta il suo percorso, che è quello di tanti che sono stati trionfalisticamente chiamati ad affrontare il nuovo concorso: il primo dopo 13 anni! Passione per la letteratura, dottorato, post dottorato. Le Siss, 2 anni e 3mila euro, ogni pomeriggio a «sorbirmi le chiacchierate di sedicenti pedagogisti»: l’unico modo per abilitarsi fino a poco tempo fa, per poi scoprire che al concorso possono partecipare anche i non abilitati laureati entro il 2001.

Le regole cambiano – continuamente – durante il gioco. La permanenza nelle graduatorie, precario per condizione esistenziale, «pregando perché qualche insegnante rimanga incinta (ormai, però, è un fatto rarissimo, perché il ruolo si raggiunge in età praticamente da menopausa: vivendo in Puglia, tuttavia, non ho perso la speranza che la giunta Vendola acceleri i tempi per la fecondazione assistita degli uomini o per l’adozione alle coppie gay) o anche che si ammali (ma gravemente, perché un braccio rotto a inizio ottobre mi lascia di nuovo a casa a metà novembre)».

Farebbe ridere, se non fosse quella ventata di amarezza che è in realtà. Valerio racconta una vita da persona seria, che tiene al proprio lavoro, che interpreta il mandato costituzionale che gli è affidato in maniera concreta e corretta. Ha concepito «l’insegnamento come rapporto con la letteratura, la lingua, la storia e i miei alunni. Mi sono letto tutto Pasolini e ho provato a prendere sul serio i miei alunni? “Ecchissenefrega”, mi avverte il ministero. Al concorso ci sarà il quizzone. Che cretino sono stato, ad andare dietro a Dante, Leopardi e Orazio anziché a Mike Bongiorno, Gerry Scotti e Paolo Bonolis! Ci saranno 18 domande di logica, valide per tutti (per chi vuole insegnare alle elementari o alle medie o alle superiori o vuole diventare architetto o veterinario, shampista o gommista). La logica – ci mancherebbe! – è una disciplina nobile. Per curiosità sono andato a guardare i prototipi delle domande: niente Aristotele, ovviamente, niente Gödel, figuriamoci. Giochini tipo Sudoku. Avrei dovuto fare così, in questi anni: altro che leggermi integralmente ogni anno La Gerusalemme liberata, l’Iliade e i dialoghi di Seneca. Tanta Settimana enigmistica ci voleva, o anche Snake sul cellulare».

E così via. Lo stile, le osservazioni, l’umorismo, i contenuti: tutto ci racconta di una risorsa per il Paese, di quelle che nella famigerata Europa – quella che ci chiede, ma alla quale decidiamo di dare solo ciò che ci fa comodo dare – vengono pagati, valorizzati, responsabilizzati, rispettati. Su cui i paesi civili compiono investimenti per il proprio sviluppo sociale, cultu- rale ed economico.

A dicembre questi ex ragazzi, maturati in una fiducia infondata che lo Stato per il quale si sono formati e hanno lavorato, spesso con estrema serietà e competenza, saranno chiamati a rispondere a 50 quiz in 50 minuti. Seguiranno prova scritta (quesiti a risposta aperta) e tecnico pratica (per le classi di concorso coinvolte) e la simulazione di una lezione. «Sarò sincero: mi fido molto di più dell’arbitrio assolutamente scriteriato del fato greco che delle cavillose griglie di valutazione del mondo scolastico (per lo stesso motivo, preferisco rinunciare all’idea di scegliere in autonomia gli insegnanti secondo criteri di qualità, se la mia esperienza mi testimonia che tanti dirigenti non sono in grado di distinguere Messi da un paralitico: meglio a questo punto il cieco scorrere delle graduatorie, l’orgia di bravi e incapaci)».

Dopo aver ripercorso i propri “ errori” (il rimpianto di aver creduto all’idea che impegno, cultura, capacità, serietà, titoli sarebbero stati riconosciuti) Valerio garantisce che questa volta non sbaglierà: «Fateveli voi i quiz, non ho tempo da perdere. (…) Se non supererò il casting per l’insegnamento, l’estate prossima canterò da solo, senza giuria, Mare profumo di mare. Poi proverò le selezioni del Grande Fratello, o di Veline (tanto occorre la stessa preparazione). Per 50 minuti tenterò la fortuna, ma non mi fido più di chi mi ha già fatto sbagliare somministrandomi la Ssis. Non mi toglierete un minuto all’amicizia con Pavese, con Verga, con Petrarca. Su internet leggerò le commoventi mail che mi arrivano ogni giorno dai miei ex alunni, non i vostri esercizietti».

Tra le incrollabili certezze di chi ci governa, c’è davvero anche il convincimento che stiamo andando nella direzione giusta? Chi pagherà i danni socio-culturali di questa e di altre – moltissime – defezioni? O al quiz per insenanti seguirà il gratta-e-impara per gli allievi?


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