Profumo: «La scuola deve gestire l’inclusione dei nuovi cittadini»
Il ministro: «Basta riforme, bisogna far funzionare il sistema. Troppe norme e circolari» D’Alema punzecchia il governo: «Deve dare più peso al rapporto tra istruzione e lavoro»
Federica Fantozzi
Una scuola in difficoltà, senza risorse e resa più povera dalla crisi, eppure con in sé la forza per ripartire. Una scuola che, per fronteggiare la società accelerata, deve fornire ai ragazzi nozioni ma soprattutto strumenti per aggiornarle da soli, per diventare “resilienti” e capaci di «rigenerarsi ». Una scuola che per 150 anni è stata «il vero elemento su cui si è costruito il Paese», ha «tramandato i valori fondanti dell’identità italiana», ma adesso è chiamata a una nuova sfida: gestire l’inclusione dei nuovi cittadini provenienti daaltri Paesi. Incasellare il multiculturalismo in «un sistema di valori condivisi». Sono le linee del convegno di Italianieuropei sull’istruzione pubblica, con il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo, il professor Giulio Ferroni e Massimo d’Alema. Profumo, pur avvisando che l’ultima cosa che serve è l’ennesima riforma (anzi, basta norme e circolari in eccesso) annuncia il suo programma che punta a incentivare nei giovani un orientamento consapevole, a investire sull’istruzuone tecnico- professionale, a immettere «linfa nuova» tra docenti e dirigenti scolastici. E punzecchia premier e Fornero: speriamo che si risolva bene il tavolo sul lavoro, ma «credo che non sia stato dato il giusto peso al rapporto tra scuola e lavoro. In certi Paesi ministero dell’Istruzione e del Lavoro sono lo stesso...». Proprio mentre coordinamenti scolastici, comitati e associazioni di genitori e insegnanti lanciano per venerdì 23 e sabato 24 marzo la manifestazione «Un urlo per la scuola». Due giorni di protesta con lo slogan: «Il governo dei professori non è interessato alla scuola». Accuse: tagli alla pulizia degli istituti e agli insegnanti di sostegno, disattenzione ai bambini disagiati.
NUOVI ORIZZONTI Intanto, a Palazzo San Macuto, Ferroni ragiona su come salvare la scuola dalla «cultura dell’alleggerimento», dalla corsa ll’aggiornamento perpetuo imposta dalle nuove tecnologie. Come, insomma, diventare cittadini del mondo senza perdere l’identità. Tema(a cui è dedicato l’ultimo numero della rivista della Fondazione) analizzato da D’Alema nei pro e contro: «La formazione è prioritaria anche per costruire una risposta forte alla crisi. Oggi l’Europa è l’anello debole della ripresa mondiale, nonostante il nostro patrimonio storico e culturale ». E dunque, nuovi orizzonti: «Io no nmi beo di esaltare il multiculturalismo: sta in piedi in un sistema di valori condivisi». L’ex premier denuncia la «preoccupante» scarsità di risorse, i difetti applicativi dell’autonomia scolastica, e il rischio di «deperimento » del nostro sapere umanistico. L’intervento più atteso è ovviamente quello di Profumo. Che in questi mesi, racconta, ha visitato molte scuole dagli asili agli istituti tecnici per «fotografare» la situazione. Risultato: è colpito negativamente dal fatto che «per ogni cosa si deve fare una norma o una circolare». E «dicevo a Monti,dobbiamo semplificare il sistema ». Altra criticità: «L’autonomia è sulla carta, ci sono poche risorse e troppo tempo per averle». Sapore di vecchio: «I banchi di fòrmica verde, le solite lavagne. Qualcosa non funziona, qualcosa si è perso per strada. Nonsolo fondi, la capacità di realizzare il progetto». Basta aule-pollaio, ora «centri civici con interazione continua ». Infine, pur senza nuove riforme, il programma di governo. Cinque i cardini Migliorare il sistema di valutazione. Riflettere sul rapporto tra formazione e lavoro (basta «formare mestieri che non esistono più»). Puntare sull’istruzione tecnico-professionale. In Italia è scelta da meno del 40% dei ragazzi. Al contrario di Germania e Svizzera «che hanno superato meglio la crisi economica, noi non siamo riusciti a trasmettere questo messaggio ». Poi approfondire e anticipare l’orientamento: «Il35%degli iscritti all’università non la finisce, il 25% si ritira dopo l’impatto con il primo anno. È un costo sociale indescrivibile ». Infine, abbassare l’età di docenti e dirigenti, oggi tra i 47 e i 51 anni.❖