Prof, più poteri alle università
La ministra Messa e le ipotesi di reclutamento. E per la ricerca sì a quote rosa e giovani
Alessandra RIcciardi
Quote di finanziamenti per la ricerca riservate alle donne e ai giovani under 35. Acquisti di beni e servizi liberi da parte di enti di ricerca e università. E sul reclutamento dei prof: «Le commissioni indichino una terna di vincitori, e l'ateneo scelga il docente che, a parità di qualità, meglio risponde alla propria offerta formativa». Maria Cristina Messa, ordinaria di diagnostica per immagini e radioterapia presso l'Università degli Studi di Milano-Bicocca, ateneo di cui è stata rettrice dal 2013 al 2019, dopo due mesi dall'inizio del suo incarico di ministro dell'università e della ricerca del governo Draghi ha sul tavolo molti dossier aperti, altri ancora da aprire. Nella consapevolezza che non sarà il suo un mandato di legislatura, dice: «Non penso a grandi riforme, ma a fare interventi di aggiustamento nella direzione di una semplificazione così da consentire a università ed enti di ricerca di essere al massimo al servizio del paese. Nell'attuazione del Recovery plan saranno fondamentali».
Domanda. Dalle regole per i dottorati di ricerca all'avvio di nuovi corsi di laurea, dagli acquisti di beni e servizi alle chiamate dei prof anche a contratto, le università soffocano nella morsa della burocrazia. Ha un progetto di semplificazione in cantiere e su quali punti?
Risposta. Sull'obbligo di ricorrere al Mepa, il mercato elettronico, un alleggerimento c'è già stato negli ultimi anni, ora è un dossier che ho ripreso in mano. Vorrei poter rendere liberi gli acquisiti di beni e servizi per tutte le università e gli enti di ricerca.
D. Ha già in mente tempi e veicolo legislativo?
R. Non ancora, lo stiamo studiando adesso.
D. E sul dottorato?
R. Dobbiamo rivedere il dottorato sulla base di principi che da un lato confermino l'alta qualità della ricerca, mantenendo i requisiti di accreditamento dei dottorati stessi e il ruolo dei collegi, e dall'altro consentano di condividere i dottorati con coloro che vogliano interagire su questa alta formazione. È una formazione che può interessare altre pubbliche amministrazioni così come il privato e l'industria, che dal digital alla green economy ai beni culturali hanno bisogno di alte competenze.
D. E quindi?
R. Rivedrò il decreto sul dottorato nella direzione di facilitare questi percorsi e l'interlocuzione con l'esterno, in modo tale che i dottorati restino in capo all'università che li promuove, e che deve garantirne la qualità, ma prevedendo che possano essere condivisi da altri atenei, enti di ricerca, imprese.
D. Concretamente un vincolo che pensa di eliminare?
R. Per esempio consentire che un docente possa partecipare anche a due dottorati, oggi c'è il vincolo di un dottorato.
D. Anche per avviare una startup da parte di un'università serve il bando di gara: l'Anac richiede che ci sia una gara per individuare il committente che deve decidere di mettere i fondi per l'iniziativa. Non trova che sia un vincolo che rischia di affossare l'iniziativa dei ricercatori?
R. Un vincolo assolutamente incompatibile con l'obiettivo di una ricerca che stia sul mercato. Pensi che addirittura la valorizzazione del brevetto richiede un percorso di interesse pubblico. In generale tutti i vincoli sono stati messi per prevenire fenomeni corruttivi, purtroppo l'esperienza ci insegna che non solo non prevengono ma non ci consentono neppure di fare una valutazione a posteriori sulla qualità del progetto, sugli obiettivi raggiunti. Si fa una rendicontazione economica, ma non qualitativa. L'opposto di quanto serve in un progetto di ricerca.
D. Il decreto 8/2021, firmato dal suo predecessore, Gaetano Manfredi, ha posto paletti tali alle università che rendono praticamente impossibile, soprattutto per le piccole, avviare nuovi corsi di laurea così da diversificare l'offerta formativa. Ci sono ricorsi pendenti. Pensa di intervenire?
R. Non ero a conoscenza di questo problema, è un dossier che non mi è stato sottoposto e che mi impegno a verificare. Intanto però ho licenziato il decreto che liberalizza i crediti integrativi, aprendo a una maggiore flessibilità dei corsi di studio: fermi restando i requisiti di base di un corso, gli atenei potranno inserire discipline integrative senza più essere autorizzate dal Cun, purché siano consone al corso e quindi utili al fine del titolo di studio. Questo consente di incrementare la quota di materie interdisciplinari e di diversificare l'offerta formativa degli atenei in base ai fabbisogni del territorio o del settore.
D. Mi fa un esempio?
R. Pensiamo al corso di Sostenibilità ambientale. Alcuni dei crediti integrativi potranno essere acquisiti studiando discipline di altre aree culturali funzionali ad ampliare lo spettro conoscitivo e formativo.
D. Riforma del reclutamento: in Italia non esiste la chiamata diretta. Chiamare così un ricercatore o un docente in tempi rapidi e in coerenza con la mission dell'ateneo diventa impossibile: pensa di intervenire?
R. Penso a migliorare alcuni punti: per esempio prevedere procedure di reclutamento per settori più ampi, non per specifici ambiti disciplinari, ma per aree, permettendo poi ai singoli atenei di individuare i profili. Lavoreremo con Cun e Crui per rivedere gli ambiti disciplinari, che tra l'altro sono troppo frammentati, la frammentazione è tale per cui per alcuni ambiti abbiamo pochi docenti in tutta Italia e questo non è un bene. Altro aspetto è valutare se gli atenei possono avere un maggiore potere decisionale nella scelta del docente da assumere. Penso a una terna di candidati selezionati dalla commissione all'interno della quale l'università possa scegliere il docente che, a parità di qualità, meglio risponde alla propria offerta formativa. Credo che questo possa far bene anche agli atenei, chiamati ad una assunzione di responsabilità per le scelte fatte, che non ricadono tutte solo sulle commissioni.
D. L'Italia avrà tanti ricercatori di fascia B che diventeranno professori associati, in compenso avremo pochi ricercatori e pochi professori ordinari. Come pensa di intervenire?
R. Nel prossimo periodo dovremo aiutare le università ad assumere ricercatori, eliminando la differenziazione tra a e b e creando un ruolo unico, una unica figura che resti a fare ricerca per sei o sette anni.
D. Il suo non sarà un mandato di legislatura.
R. Lo dica pure, avrò un mandato breve. Per questo ho deciso di non avviare grandi riforme, ma di fare interventi di aggiustamento nella direzione di una semplificazione degli oneri burocratici e di iniezione di risorse fresche così da consentire a università ed enti di ricerca di poter essere al massimo al servizio del paese. Nell'attuazione del Recovery plan saranno fondamentali.
D. Le priorità della sua agenda?
R. La prima, abbassare l'età dei ricercatori e incrementare la quota di donne che fanno ricerca, incrementare i dottorati di ricerca, come dicevo anche in partnership con l'industria, aumentare gli accessi all'università, così da far salire il numero dei laureati.
D. Pensa a quote rosa e per giovani per i bandi di ricerca?
R. Sì, penso di riservare quote dei bandi a giovani e donne, a parità di qualità, come avviene per la Commissione europea.
D. Dove pensa di fissare l'asticella della giovinezza per un ricercatore?
R. Diciamo a 35 anni.
D. Da quando?
R. Dai Prin che dovremo bandire a fine anno.