Prof bocciati dagli studenti I rettori: ma giudicare serve
I dirigenti: in questo modo miglioriamo l'offerta
Ritardatari, poco disponibili, spesso introvabili. Dunque, bocciati. Succede all'università di Padova, dipartimento di Scienze economiche e aziendali, dove due professori (esterni) si sono visti negare il rinnovo del contratto per la valutazione negativa fatta dagli studenti. La reazione causa-effetto non è così immediata: se rinnovare o no l'incarico lo decide, a maggioranza, il consiglio di dipartimento. Che in questo caso, però, si è spaccato (10 voti a 11) dopo che gli studenti avevano lamentato le mancanze dei due prof (ritardi, colloqui svolti al bar e non in facoltà, assenza di indicazioni sui criteri di assegnazione dei voti), «certificate» dal feedback negativo ricevuto nei questionari annuali (obbligatori dal 2005) che misurano il gradimento degli studenti verso i docenti. «La nostra è un'epoca grillina — si è difeso uno dei "bocciati" sul Corriere del Veneto —: le minoranze strillano e ottengono».
Strapotere degli studenti? «Chi frequenta un'università pubblica paga ed è giusto che pretenda qualità. I questionari di valutazione sono uno strumento utile per ottenerla» commenta Pierdomenico Perata, rettore della Scuola superiore Sant'Anna di Pisa. Qui la valutazione «dal basso» si attua su tre livelli: «Il questionario obbligatorio e anonimo (predisposto dall'Anvur a livello nazonale, ndr) dato a fine corso a tutti gli studenti, prima dell'esame; un questionario che valuta la Scuola nel suo insieme; infine la valutazione espressa una volta l'anno da un comitato esterno di docenti stranieri che, per raccogliere le impressioni degli studenti, adottano anche metodi più informali, come cenare con loro». Metodi attuabili in una realtà circoscritta come il Sant'Anna. Ma anche sui grandi numeri — Perata ne è convinto — «la valutazione è uno strumento indispensabile per migliorare un ateneo». Come? «Recependo le indicazioni. Quest'anno, per esempio, abbiamo dato meno spazio alla didattica frontale a vantaggio di una più attiva».
«La valutazione è uno strumento perfettibile — gli fa eco Massimo Augello, rettore dell'Università di Pisa — ma aiuta a correggere situazioni poco favorevoli». Quali? «Spostare un docente su un insegnamento più adatto alle sue competenze». Dati da maneggiare con cautela: «Un episodio non basta, un giudizio negativo è significativo se si ripete negli anni». Fattore tempo decisivo anche secondo Giovanni Latorre, rettore dell'Università della Calabria: «Assieme al servirsi di diverse fonti: il giudizio degli studenti è solo una variabile. Anche perché il rigore eccessivo di un professore potrebbe influenzarne la valutazione». Un rischio su cui Giovanni Azzone, rettore del Politecnico di Milano, è più ottimista: «Non credo che la valutazione possa diventare un'arma, se non in casi isolati». Al Politecnico i giudizi sono pubblici, visibili sul sito dell'ateneo: «Ci aiutano a capire quali interventi fare, ma senza automatismi: non c'è una soglia sotto la quale si viene "bocciati". Su 4 mila corsi, i casi oggetto di attenzione sono il 5 per cento».
I docenti rischiano poco dalle bocciature, non essendo licenziabili. Diverso è il caso di quelli a contratto, come i due padovani. Che, alle accuse, rispondono di essere docenti part time, professionisti in altri ambiti, in difficoltà a rispettare parametri come puntualità e frequenza. «Parametri basati su reali esigenze didattiche», nota Daniele Checchi, professore di Economia politica alla Statale di Milano che sulla sua pagina web pubblica le «pagelle» dategli dagli studenti. Non si finisce con l'escludere dall'università il valore aggiunto portato da professionisti esterni? «Per questo esistono strumenti diversi dalla docenza a contratto, usiamoli».
Giulia Ziino
@giuliaziino