Presidi, il Tar annulla il concorso Inizio scuola a rischio caos
Il tribunale amministrativo del Lazio ha azzerato la prova scritta per “l’incompatibilità di tre commissari” Il Miur prepara il ricorso, mentre i sindacati protestano: “Un disastro, la didattica ha bisogno di regolarità”
Ilaria Venturi
Tutto da rifare. Il Tar ha annullato il concorso per i presidi ormai in dirittura d’arrivo con le prove orali in corso. Una sentenza che provoca un terremoto nella scuola italiana in attesa di nuovi dirigenti a guidare gli istituti già a settembre per sanare una patologia grave di cui soffre pesantemente: le reggenze, ovvero un dirigente assegnato su più istituti. Eravamo a 1.700 reggenti solo l’anno scorso, uno ogni quattro, ora il rischio è di arrivare a oltre duemila, con un preside su tre costretto a fare da tappabuchi. Il pronunciamento della sezione terza bis del Tar del Lazio arriva nel tardo pomeriggio di ieri e azzera la prova scritta travolgendo anche gli orali. Un successo, un “sogno”: visto dai bocciati che hanno fatto ricorso denunciando irregolarità di ogni tipo. Un disastro visto dai banchi. Il Miur corre ai ripari: farà ricorso al Consiglio di Stato per chiedere in via d’urgenza di sospendere gli effetti di questa sentenza e per procedere così alle assunzioni già col nuovo anno scolastico alle porte. Ma è una corsa contro il tempo.
Un passo indietro. Il concorso indetto nel 2017 ed ereditato dal ministro all’Istruzione leghista Marco Bussetti che ne aveva fatto un suo cavallo di battaglia è partito con una prova pre-selettiva a luglio scorso, questa non annullata dal Tar. Si presentano in poco più di 24mila aspiranti presidi, passa il numero predefinito dal bando: 8.700, più 36 che risultavano pari merito con un punteggio di 71,7. Poi lo scritto a dicembre. E qui partono i guai insieme a decine e decine di ricorsi, più di 500 solo in Campania, e pure una denuncia penale. Un’inchiesta dell’ Espresso denuncia per prima lo scandalo: membri di commissione con il dono dell’ubiquità, senatori che partecipano e fanno ricorso contro il Ministero, software impazziti, risultati anticipati via social. C’è pure il maltempo a Cagliari, tra le contestazioni, che fa rinviare lo scritto per i candidati sardi. «C’è stata poca trasparenza, questo è indubbio» osserva Massimo Vernola, uno dei legali dei ricorrenti che si sono organizzati col gruppo “Trasparenza è partecipazione”: «Ci interessa prima di tutto che sia verificata la legalità del concorso», la loro posizione. Un esposto è stato presentato da 271 docenti, poi aumentati 329, alla Procura della Repubblica di Roma dove è stata avviata un’indagine. Un pasticcio. Cosa dice ora il Tar? Quella uscita ieri è una sentenza pilota sui rilievi di una ricorrente: tutti rigettati, tranne uno, l’incompatibilità di tre commissari. A due viene contestato di aver insegnato ai corsi di preparazione al concorso, al terzo, il sindaco di Alvignano Angelo Francesco Marcucci — scoperto tra l’altro a correggere gli scritti mentre presideva una giunta — l’incompatibilità con un incarico politico. Questi partecipano alla seduta plenaria che ha deciso i criteri di valutazione dello scritto, inficiando così, in quanto incompatibili, tutta la procedura dice ora il Tar. «Come ha fatto il Miur a commettere un simile errore, vogliamo capire» si chiede Antonello Giannelli dell’Associazione presidi. I sindacati chiedono un incontro urgente col ministro. «Un disastro» sintetizza la Cgil. «Esclusi e vincitori sono le vittime di un sistema che mostra tutti i suoi limiti» commenta la Uil. Scuote la testa la segretaria della Cils scuola Lena Gissi: «Siamo davvero preoccupati, questa sentenza crea ansia, mentre la scuola ha bisogno di regolarità e tranquillità»