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Presente e futuro dell’istruzione tecnica.

Le opportunità che passano dagli Its

26/05/2021
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Esistono da più dieci anni, rappresentano la formazione ad alta specializzazione tecnologica e hanno prospettive di crescita per il futuro. Gli Istituti tecnici superiori (Its) sono stati citati più volte dal presidente del Consiglio Mario Draghi in diverse occasioni. Inoltre il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) – inviato dal Governo alla Commissione europea – prevede investimenti per 1,5 miliardi di euro in loro favore.

“Nacquero dieci anni fa come istituti terziari professionalizzanti strettamente integrati con il mondo economico e produttivo, e volti a valorizzare tanto il capitale umano quanto il sistema produttivo dei territori, su una serie di settori”, spiega Antonella Zuccaro, ricercatrice e responsabile Its per Indire. 

“Sono organizzati in fondazioni di partecipazione e hanno dalla loro che nei partenariati ci sono le imprese. Averle al proprio fianco consente di creare le condizioni per raccogliere i fabbisogni formativi presenti nel territorio per quella specifica filiera produttiva”.

In Italia le fondazioni che gestiscono gli Its sono 109 e coinvolgono – oltre alle imprese – regioni, enti locali, enti di formazione, università e associazioni di categoria. Secondo il monitoraggio del 2021 curato da Indire l’80% dei diplomati Its trova lavoro a un anno dal conseguimento del titolo. Nel 92% dei casi in percorsi coerenti con quanto aveva studiato.

Zuccaro parla di un “modello dinamico. Gli istituti sono autonomi nella scelta dei propri docenti – molti dei quali provenienti dal mondo delle imprese – e nell’organizzazione delle loro attività per lo sviluppo di competenze”.

“La caratteristica di tutti gli Its è il modello di istruzione che tiene insieme la formazione e le imprese, le università e le scuole, Permette di coniugare il sapere con il ‘saper fare’, spiega Gaudenzio Garavini, direttore dell’Associazione Scuola Politecnica Its Emilia Romagna. Questa organizzazione è nata a gennaio e riunisce le sette fondazioni Its presenti nella regione. “Negli ultimi mesi si è deciso di rafforzare la formazione tecnica superiore, al di là delle risorse del Pnrr che dovranno arrivare. In Emilia Romagna – per volontà della regione – si è passati da 27 a 34 corsi Its, attivi e finanziati”. Nel 2020, ricorda poi Garavini, la richiesta di iscrizione agli Its presenti nella regione è stata “decisamente superiore alla disponibilità di posti”. 

“La transizione ecologica e l’innovazione tecnologica 4.0 che hanno coinvolto direttamente le aziende della filiera di riferimento hanno fatto emergere, in misura maggiore, l’esigenza di competenze e professionalità tecniche altamente qualificate e specializzate”, afferma Francesco Macrì, presidente di Estra spa e della Fondazione Its “Energia e Ambiente”, realtà molto attiva in Toscana. Si tratta di una fondazione che “ha avviato negli ultimi tempi un percorso di crescita e sviluppo costanti, sia in termini di numero di iscritti che di offerta formativa”, specializzata “nell’ambito dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili”. La proposta didattica di questo Its – spiega Macrì – è “declinata sulle tematiche della sostenibilità, dell’economia circolare e della produzione energetica da fonti alternative” ed è in grado di garantire alte percentuali di occupabilità ai diplomati, che, “a distanza di pochi mesi dal termine dei percorsi, riescono a trovare ampi sbocchi occupazionali non solo in ambito energetico ambientale, ma anche in imprese operanti in settori diversi e legati sempre più ormai ai temi dell’ottimizzazione dei consumi energetici e della riconversione sostenibile dei processi produttivi”.

I PROBLEMI

Gli Its però scontano a livello nazionale un grosso problema: non hanno molti iscritti. In questi percorsi biennali gli studenti sono 18.528 e i percorsi attivi sono 723 (dati aggiornati a febbraio). 

“Abbiamo un problema culturale. La formazione professionalizzante non è ancora vista come quella ‘principe’. Bisogna creare le condizioni per far sì che gli studenti delle quarte e delle quinte superiori siano a conoscenza delle possibilità date dall’accesso a questi percorsi”, afferma Zuccaro. Secondo la ricercatrice di Indire il vero problema sta “nella conoscenza per tempo dell’offerta formativa. Spesso per una questione di ritardi amministrativi l’offerta formativa è resa pubblica a settembre, quando i ragazzi hanno già fatto le loro scelte”.

Invece per il segretario nazionale della Flc Cgil Gigi Caramia negli investimenti del Pnrr manca “un’idea nazionale dell’istruzione tecnica superiore collegata a una forte politica orientata allo sviluppo industriale”. Le risorse stanziate rischiano di lasciare quindi la situazione invariata: “a noi sembra soltanto un intervento massiccio che non sarà in grado di modificare le debolezze presenti. Gli Its rischiano di rimanere percorsi di nicchia per poche persone. Ci vorrebbe una regia pubblica e un’integrazione forte con la ricerca e l’università”. 

Secondo Caramia c’è “una visione” per cui questi istituti devono “adeguarsi a profili professionali già definiti. Non vi è l’idea che possano crearne di nuovi, grazie alla ricerca e all’approfondimento”. Inoltre serve “una maggiore sinergia con gli istituti scolastici tecnici” e va rivista la “governance degli Its perché il numero delle fondazioni è elevato e non va incrementato” con l’arrivo delle nuove risorse del Pnrr.

“Oggi le attività di questi istituti – afferma invece Garavini – si svolgono in gran parte all’interno delle scuole secondarie e dei centri di formazione. Questo rappresenta un problema di identità. Bisogna investire anche sulle infrastrutture fisiche, con sedi e studentati, creare campus con una forte identità tecnologica e digitale”.

Risulta necessario poi “incrementare il numero dei corsi e allo stesso tempo rendere più conoscibile ai diplomati e ai diplomandi questo tipo di formazione”.


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