Poche risorse alle Afam per la lotta contro il digital divide e lo sconto sulle tasse
La condivisione dei comuni diritti non dovrebbe fare differenze tra istituzioni di pari livello e neanche tra gli studenti che le frequentano
di Antonio Bisaccia*
«Negli anni Sessanta, un grande genetista, Theodosius Dobzhansky, ha precisato che i nostri comuni diritti non ci derivano dall'essere tutti biologicamente uguali (non lo siamo), ma dall'essere tutti umani: senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione e opinioni politiche, come specifica la nostra Costituzione», scrive il genetista Guido Barbujani.
Alla luce di questo pensiero, la condivisione dei comuni diritti non dovrebbe fare differenze tra istituzioni di pari livello e neanche tra gli studenti che le frequentano.
La prima misura economica del “decreto Rilancio” che coinvolge l'Alta formazione artistica, musicale e coreutica e l'università, con 62 milioni di euro, riguarda la volontà di rimuovere gli ostacoli spesso presenti nelle dinamiche della didattica a distanza.
Le infrastrutture digitali hanno necessità di essere sviluppate, cosi come bisogna lavorare all'implementazione delle piattaforme digitali specifiche per l'Afam. La fase (post) emergenziale aveva bisogno di queste risorse essenziali, al fine di affrontare meglio «l'accesso da remoto a banche dati ed a risorse bibliografiche, nonché l'acquisto di dispositivi digitali, ovvero l'accesso a piattaforme digitali, finalizzati alla ricerca o alla didattica a distanza». Viene così potenziatala la misura di 50 milioni di euro, già presente nel Dl 18/2020, per un totale di 112 milioni di euro a favore di Afam e Università.
Nel decreto di riparto che il ministro Manfredi appronterà, sarà necessario considerare il divario infrastrutturale tecnologico che andrebbe colmato con un'attenzione particolare verso le istituzioni Afam (che soffrono di un definanziamento storico).
No tax area a metà
Un discorso un po' più ampio va fatto per la no tax area. L'articolo 1, commi 252-267, della legge 232/2016 (legge di Stabilità) aveva tracciato la rotta per la contribuzione studentesca, prevedendo la rideterminazione delle regole sulla stessa da parte delle Università e delle istituzioni Afam. Tale determinazione aveva comportato da un lato la possibilità per gli studenti meno abbienti di iscriversi e frequentare le nostre istituzioni universitarie e Afam, e dall'altro aveva operato un drastico taglio delle risorse provenienti dai contributi degli studenti: ma solo nelle istituzioni Afam.
Infatti, mentre per le università era stato previsto un aumento del fondo di funzionamento ordinario (incrementato di 55 milioni di euro per l'anno 2017 e di 105 milioni di euro a decorrere dall'anno 2018), per le istituzioni Afam non era stato previsto nessun aumento del fondo – a loro dedicato – per bilanciare tale mancato introito contributivo.
All'articolo 1, comma 267 di quella norma si prevedeva – per l'Afam – solo di tenere conto «degli studenti esonerati dal pagamento di ogni contribuzione e di quelli esonerati dal pagamento del contributo onnicomprensivo annuale». Senza, però, definire una qualsivoglia misura. Un vulnus che ha – non poco – danneggiato le istituzioni in parola. Almeno per tre anni.
Nella legge 160/2019 è stato previsto, dopo ben tre anni, un rimborso – ancora non ripartito – di 10.000.000 di euro per il «mancato introito derivante alle istituzioni Afam dagli effetti attuativi della no tax area di cui all'articolo 1, commi 252 e seguenti, della legge 232/2016». In ritardo è stato praticamente riconosciuto che quell'incremento previsto per le università era necessario anche per le Afam. Fine della disparità relative alle politiche di gestione dell'Afam, almeno dal punto di vista del principio.
Il “decreto Rilancio”approvato dal Consiglio dei ministri, nel solco di questa strada intrapresa, ha provveduto a occuparsi della no tax area per l'Afam, anche se si profila una rinnovata sperequazione economica che coinvolgerà, ancora una volta, queste istituzioni.
Necessario ma non sufficiente
Il comma 3 dell'articolo 227 celebrerà un altro atto di un dramma, certamente adesso meno violento, che si consuma dal 1999 sin dal primo vagito della legge 508 di settore.
In tale comma è previsto un incremento di 165 milioni di euro per il Fondo di finanziamento ordinario delle università «al fine di riconoscere al maggior numero di studenti l'esonero, totale o parziale, dal contributo onnicomprensivo annuale». Cosa sacrosanta e condivisibile, data la situazione emergenziale in corso e date le previsioni di una possibile flessione delle iscrizioni per il prossimo anno accademico.
Meno sacrosanto, per quanto lo sforzo “politico” sia apprezzato essendo un segnale certamente positivo, è il quantum della misura prevista per le Istituzioni dell'Alta formazione artistica, musicale e coreutica. Si tratta infatti di 8 milioni di euro.
Purtroppo la situazione oggettiva, probabilmente, produrrà i medesimi effetti di flessione anche nelle istituzioni Afam. E, non potendo usufruire di fondi di compensazione più consistenti per compensare il mancato gettito derivante dalle tasse degli studenti, tali istituzioni partiranno – il prossimo anno accademico – con uno svantaggio notevole e saranno forse costrette a tagliare servizi essenziali proprio agli studenti, con eventuali tagli anche all'offerta formativa.
Una prospettiva che, sommata alle difficoltà organizzative del post-lockdown, rischia di compromettere la qualità della didattica che, fino ad ora, è stata comunque mantenuta con la didattica a distanza grazie all'impegno della docenza.
Formazione terziaria dell'arte
L'articolo 2 comma 1 della legge 508/1999 qualifica, come è noto, espressamente le Accademie di belle arti, i Conservatori di musica, l'Accademia nazionale di danza, l'Accademia nazionale di arte drammatica, gli Isia e gli istituti musicali pareggiati quali « istituti di alta cultura cui l'articolo 33, della Costituzione riconosce il diritto di darsi ordinamenti autonomi» al pari delle università.
In effetti, come le università sono sedi primarie della ricerca scientifica e operano nel rispetto della libertà di ricerca dei docenti e dei ricercatori (così l'articolo 6 comma 4 della legge 168/1989), anche il legislatore del 1999 considerava e considera le istituzioni dell'Afam «sedi primarie di alta formazione, di specializzazione e di ricerca nel settore artistico e musicale», svolgendo «correlate attività di produzione».
Della riconosciuta dignità universitaria degli istituti artistici e musicali non può concretamente dubitarsi e rappresenterebbe questa differenziazione di disciplina peraltro ormai quasi un “unicum” nel panorama internazionale. Senza tacere peraltro della universitarizzazione persino formale di alcune istituzioni Afam “assorbite” in istituzioni universitarie (è il caso ad esempio del Conservatorio di Bolzano che è diventato da poco “Facoltà della musica Conservatorio Claudio Monteverdi della Libera università di Bolzano”).
Le istituzioni Afam rilasciano «specifici diplomi accademici di primo e secondo livello, nonché di perfezionamento, di specializzazione e di formazione alla ricerca in campo artistico e musicale». I titoli studio rilasciati dalle istituzioni artistiche e musicali sono analoghi a quelli universitari per quanto concerne la tipologia (ricerca, specializzazione e perfezionamento) ed il livello (primo e secondo). Persino in relazione ai titoli rilasciati sotto l'egida del “vecchio ordinamento didattico”, sono state dal legislatore dichiarate, concorrendo il necessario titolo di scuola secondaria superiore necessario per l'accesso ai corsi di rango universitario, la piena equipollenza tra i titoli di studio rilasciati dagli istituti Afam e i corrispondenti titoli di studio universitari al fine dell'ammissione ai pubblici concorsi.
L'equivalenza qualitativa degli studi compiuti presso le università e gli istituti dell'Afam è confermata, altresì, fin dalla legge 508/99, dalla definizione di un sistema di crediti didattici finalizzati al riconoscimento reciproco dei corsi e delle altre attività didattiche seguite dagli studenti, nonché al riconoscimento parziale o totale degli studi effettuati qualora lo studente intenda proseguirli nel sistema universitario o della formazione tecnica superiore (articolo 2 comma 8 lettera f), legge 508/1999).
Non soltanto, v'è di più, atteso il divieto di contemporanea iscrizione a più corsi universitari, ferme le eccezioni settoriali previste, tendenzialmente la scelta del corso di studi Afam è alternativo alla frequenza di altro corso di studio universitario.
Vi è una tendenziale assimilazione/equiparazione anche con riferimento al modello organizzativo delle istituzioni Afam rispetto all'archetipo universitario.
L'autonomia delle Afam concerne, al pari di quella rimessa agli «stabilimenti universitari», la potestà statutaria e la parte didattica, scientifica, amministrativa, finanziaria e contabile (analogamente a quanto appunto previsto per le università con legge 168/1989 (articolo. 6). Proprio sul fondamento della riflessione che precede, il Giudice amministrativo, con decisione che risulta ormai passata in giudicato, ha statuito dell'illegittimità del bando per il Programma Prin 2017 (Progetti di ricerca di rilevante interesse nazionale) nella misura in cui vedeva l'esclusione delle istituzioni Afam.
Cambio di passo
La misura economica prevista dal comma 3 dell'articolo 227 soddisfa solo parzialmente il beneficio per gli studenti capaci, meritevoli e in difficoltà delle istituzioni Afam. In realtà il fabbisogno sarebbe stato di circa 20 milioni di euro, e di questo divario – tra somma stanziata e reale necessità delle istituzioni – ne soffrirà il diritto allo studio quale componente esiziale del diritto alla piena esplicazione della personalità del cittadino nella formazione universitaria prescelta (essendo gli studi “artistici” alternativi e non più residuali, complementari e facoltativi rispetto allo studio “universitario” storicamente detto).
Affinché questo dato oggettivo non determini una situazione di conflitto e imbarazzo istituzionale, si spera che il ministro Manfredi, che ha mostrato una fortissima sensibilità verso le istituzioni Afam e, soprattutto, ha pienamente compreso le potenzialità che il settore è in grado di sviluppare nell'area della formazione terziaria, possa intervenire allo scopo di porre fine a questa conclamata disparità di trattamento – sicuramente calmierata rispetto al passato – contenuta nel “decreto Rilancio”: con gli strumenti che riterrà opportuni, eventualmente anche con la proposizione di un emendamento “governativo” durante l'imminente percorso della trasformazione del decreto in legge.
In un momento difficile come quello attraversato sarebbe un ulteriore segno tangibile che è possibile lavorare per compensare le Afam – oltre che con le misure economiche – anche con un dispositivo efficace: l'attenzione, che il ministro ha già prontamente attivato e che può essere ancora ottimizzata.
Attenzione dovuta a queste istituzioni che rappresentano non solo l'Italia nel mondo, ma anche le regioni e ragioni del nostro sentire. «Ma siate esecutori della parola, e non uditori soltanto». Già nella Lettera di Giacomo I, 22, si riconosceva il magistero dell'espressione come strumento per costruire una visione diversa attraverso l'azione. Proprio quella che ci aspettiamo per registrare un definitivo – e già avviato –cambio di passo.
*Presidente della Conferenza nazionale dei direttori delle Accademie di Belle Arti e Accademia nazionale d'arte drammatica