Pnrr, per la scuola arriva il Piano per l’educazione digitale. Come cambierà il sistema
Nelle direttive del piano per la Ripresa e Resilienza il ruolo del digitale: porterà a cambiare i programmi (più Stem e multilinguismo). La formazione dei docenti
di Paolo Ferri *
* Università degli Studi di Milano
La prima impressione alla lettura delle 337 pagine del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è quella di un testo scritto con «chiarezza e distinzione» che presenta una visione sociale e politica, e non solo economica, della «ricostruzione italiana». La «Missione numero 4 – Istruzione e ricerca» può contare su 19,4 miliardi di euro, integrati però dai 10 relativi alla «Missione 1- Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura», destinati all’innovazione nella Pubblica Amministrazione, cifre impensabile solo 2 anni fa! Il digitale è finalmente visto come «un abilitatore trasversale ad ampio spettro» che può moltiplicare gli effetti di tutte le sei missioni del piano. Ciò è molto importante visto che l’Italia, nel Digital Economy and Society Index, si colloca al 24° posto tra i 27 stati Ue. Il piano sulla scuola parte da un’analisi dei suoi tre principali ritardi rispetto all’Europa, vediamoli.
Per i più piccoli
Il nostro Paese ha pochi posti-scuola: nidi e scuole dell’infanzia sono il 9,6 % sotto la media UE - e sono poche anche le strutture scolastiche negli altri ordini. Il piano prevede la creazione di 228.000 nuovi posti per nidi e scuole dell’infanzia e la ristrutturazione o la costruzione di 1000 edifici scolastici in modo ridurre gli alunni per classe e potenziare il tempo pieno.
La formazione degli insegnanti
L’abbandono scolastico è alto: secondo il Miur è al 3,8% nelle scuole secondarie di primo grado. Inoltre il 14,5% degli studenti si ferma a questo grado di istruzione mentre la media UE è pari al 10% e questo per condizioni di svantaggio sociale ed economico. I quindicenni italiani sono meno preparati in letteratura, matematica e scienze nel problem solving e nelle competenze digitali rispetto alla media UE, con forti divari territoriali tra Nord e Sud (indagine Ocse/Pisa). Ecco quindi le principali aree di intervento del Pnrr: il miglioramento dei processi di reclutamento e di formazione degli insegnanti; uno svecchiamento delle competenze didattiche oltre al già citato potenziamento delle infrastrutture. In primo luogo, la riforma del sistema di reclutamento dei docenti con il ridisegno delle procedure concorsuali e il potenziamento dell’anno di prova per integrare la formazione disciplinare e quella laboratoriale; inoltre il piano prevede l’istituzione di un sistema capillare di formazione continua degli insegnanti, non solo «corsi» ma anche mentoring e tutoring individuale, rivolti a dirigenti e insegnanti. Tali obiettivi saranno gestiti attraverso l’istituzione di una Scuola di Alta Formazione che definirà le linee di indirizzo della formazione del personale scolastico coordinandone l’attuazione. La formazione sarà poi collegata strettamente alla progressione di carriera come previsto anche nella riforma del reclutamento. I percorsi formativi si terranno solo on-line attraverso webinar e laboratori virtuali sfruttando una modalità ancora oggi «sconosciuta» in l’Italia come i Mooc- Massive On line Open Courses.
Cosa resta della Dad
Un investimento specifico, infatti, sarà dedicato alla «Didattica Digitalmente Integrata» per migliorare le competenze digitali del personale scolastico e mettere a sistema nella scuola le esperienze condotte durante il periodo pandemico. Si tratta di creare un «ecosistema di competenze didattiche digitali» che integri strutturalmente didattica in presenza e a distanza applicando i framework europei sulle competenze digitali di cittadinanza DigComp 2.1 (per studenti) e DigCompEdu (per docenti). Con la creazione di un Polo sull’educazione digitale presso il Miur, verranno coinvolti circa 650.000 dirigenti, docenti e personale tecnico in questo progetto. Anche l’impianto dei programmi verrà riformato con un centratura sulle Stem e sul multilinguismo. Non solo più scienza, tecnologia, economia, matematica e lingue ma anche l’introduzione di una metodologia laboratoriale e sperimentale che privilegia l’apprendere attraverso il fare più che la lezione frontale. Il potenziamento delle competenze digitali è anche qui centrale. Conoscere i media digitali, i software e il coding diventa fondamentale in tutti i campi disciplinari. Per questa «nuova scuola» dell’apprendere attraverso il fare saranno necessari nuovi spazi. In tutta Italia 100.000 classi tradizionali saranno trasformate in ambienti di apprendimento connessi («connected digital enviroment») e 40.00 edifici scolastici verranno dotati di banda ultra-larga.