"Più rischi con le aule chiuse la Dad in parte ci sarà ancora"
AGOSTINO MIOZZO Consulente del ministero dell'Istruzione: nessuno scaricabarile con i presidi
Niccolò Carratelli
Roma
«Riaprire tutte le scuole è un potenziale rischio, è vero, ma lo è anche continuare a tenerle chiuse». Agostino Miozzo da un anno è in prima linea nella battaglia per riportare gli studenti in classe. Prima come coordinatore del Comitato tecnico-scientifico, ora come consulente del ministro dell'Istruzione, Patrizio Bianchi. Ha letto le critiche di autorevoli esperti, da Galli a Crisanti, e non si nasconde: «È una questione difficile, abbiamo sempre saputo che la scuola non è esente da rischi – spiega - soprattutto per quello che smuove all'esterno, lo spostamento di massa di studenti e personale scolastico, fino a 10 milioni di persone ogni giorno».
E sul fronte del trasporto pubblico grandi passi avanti non ne abbiamo fatti, no?
«Ne parliamo da aprile 2020, un anno è passato invano, in molte realtà senza il necessario potenziamento del servizio, in altre qualcosa è stato fatto. Di fronte a un deficit dei trasporti, l'unica soluzione a breve è scaglionare gli ingressi degli studenti e allungare l'orario, se necessario riorganizzando le presenze del personale scolastico, ci sono i soldi per coprire i costi. Così si riduce il rischio di assembramenti».
Ma le preoccupazioni sono legittime?
«Comprensibili, ma invito tutti a riflettere su cosa vorrebbe dire lasciare i ragazzi in giro, da soli e senza controllo. Con le riaperture programmate nelle prossime settimane, non resteranno certo chiusi in casa e le aggregazioni extrascolastiche sono molto più pericolose. Poi per me la preoccupazione è piuttosto la salute mentale di un'intera generazione: basta vedere l'aumento delle consulenze psichiatriche, i tentati suicidi e gli atti di autolesionismo, l'esplosione di una violenza assurda, con risse organizzate a tavolino. È un disastro, che non possiamo ignorare».
Il punto è che le scuole, a sentire i presidi, non sono in condizione di far rientrare tutti in sicurezza. Quindi?
«Durante la riunione con i sindacati lo abbiamo detto chiaramente: nel rispetto del principio dell'autonomia didattica, sarà sempre il dirigente scolastico a valutare e decidere dal punto di vista logistico. C'è un evidente problema di spazi in molti istituti, che non si risolve certo in pochi mesi, nonostante gli stanziamenti fatti per l'edilizia scolastica, perché nessuno è Mandrake. Quindi dobbiamo affrontare questa sfida con gli strumenti a disposizione: se un preside ritiene di non poter garantire il distanziamento nelle aule o di non avere abbastanza personale, deciderà di fare i doppi turni o di tenere una parte degli studenti con la didattica a distanza. Una quota di Dad resterà, oggi è fisiologico».
L'Associazione dei presidi dice che il ministero gioca allo scaricabarile…
«Non sono d'accordo, il ministero si è assunto sempre tutte le responsabilità, prima con Azzolina e ora con Bianchi, siamo a supporto dei dirigenti scolastici. Ma è inevitabile che tocchi a loro gestire l'organizzazione dell'attività scolastica, ad esempio verificando la disponibilità di spazi reperiti in una biblioteca comunale o puntando sulle lezioni all'aperto, dove possibile. Ci sono risorse disponibili anche
per queste esigenze».
Dal Cts arriveranno integrazioni al protocollo di sicurezza anti-Covid nelle scuole?
«Aspettiamo le indicazioni del Comitato, che deve dirci se conferma quelle fornite per la riapertura a settembre o vuole aggiornarle in base all'attuale situazione epidemiologica e all'impatto delle varianti. Si può prevedere la dotazione di mascherina FFp2 per insegnanti e personale scolastico, le finestre sempre aperte in classe, se il meteo lo consente. Poi un distanziamento più accentuato nei luoghi dove si sta senza mascherina e c'è poca areazione, penso alle mense, prevedendo turni differenziati per i pasti. L'importante è dare informazioni chiare ai dirigenti scolastici».
A proposito di chiarezza, il famoso screening con i tamponi o i test salivari dentro le scuole si riesce a fare?
«Credo che sia un'operazione fattibile nel mese di maggio, ovviamente non possiamo aspettarci una copertura completa, si potrebbero eseguire controlli a campione in un certo numero di istituti, comunque utili a individuare eventuali focolai. A livello locale si possono coinvolgere i volontari della protezione civile per fare il giro delle scuole del paese o della cittadina. Per quanto riguarda i test salivari, devono prima essere autorizzati dal ministero della Salute. In ogni caso, il test non può essere obbligatorio per la frequenza scolastica e, trattandosi di minori, deve essere autorizzato dai genitori».
In alcune regioni metà del personale scolastico non è riuscita a vaccinarsi, in altre è scoperto il 30%: che si fa?
«Se avessimo avuto la disponibilità di vaccini che era stata promessa, saremmo stati in grado di completare la campagna di vaccinazione per tutto il personale scolastico, ma dovevamo dare priorità ad anziani e fragili, per salvare vite. A questo punto, chi non è immunizzato e non si sente sicuro di tornare in
classe, specie se più in là con gli anni, va tutelato, in attesa che possa vaccinarsi: il dirigente può valutare se affidargli compiti "protetti", tipo lezioni a distanza, laddove previsti».
C'è il rischio che alcuni presidenti di Regione decidano di ridurre le presenze in classe?
«Spero di no, ma qui vorrei rispondere a titolo personale: ritengo necessario centralizzare le decisioni, perché è inaccettabile che a livello locale si chiuda quando non si deve chiudere o, addirittura, si lasci la facoltà di scelta alle famiglie, se mandare o meno i figli a scuola. Queste decisioni sono troppo importanti e strategiche, non possono essere lasciate all'autonomia del territorio». —