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Più fondi per mandare gli studenti all’estero»

Intervista al ministro Giannini

17/08/2014
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Il Messaggero

Nell'agosto del 2013, dalla casa al mare di Marina di Pietrasanta, la senatrice Stefania Giannini parlava molto al telefono con Mario Monti, organizzava la prima festa nazionale di Scelta Civica senza sapere che sarebbe stata l'ultima e pensava che Enrico Letta, da poco presidente del Consiglio, avrebbe governato per i previsti diciotto mesi. Nell'agosto del 2014, sempre dalla casa al mare di Marina di Pietrasanta, Stefania Giannini vive la sua prima estate da ministro dell’Istruzione e se le chiedete se è preoccupata per i dati Istat, la recessione, il giudizio di Moody's sull'Italia risponde che «paradossalmente, sono cose che rafforzano il governo e non consentono rallentamenti sulle riforme». In un anno sono cambiate molte cose in Italia. E invece di organizzare la festa di Scelta Civica, il ministro Giannini organizza la rentrée di milioni di insegnanti e studenti italiani.
E’ vero che è in preparazione un’autentica rivoluzione sulla scuola al prossimo Consiglio dei ministri del 29 agosto, ministro?
«E’ vero che ho avuto diversi incontri preparatori con il presidente del Consiglio e che stiamo studiando insieme una serie di proposte innovative per la scuola».
Oggi i Paesi si giocano quasi tutto sulla formazione dei loro cittadini. Da noi, anche su questo terreno, è mancata la visione.
«Possiamo fare molto. E la comunicazione è fondamentale. Mi ha molto colpito un dato: l'aumento delle iscrizioni agli istituti alberghieri dopo il successo del programma di Sky Masterchef».
Negli USA sta avendo un grande successo un programma prodotto da Ridley Scott, Numbers.Pensa anche lei a una collaborazione con la Tv per far capire come la matematica sia la materia che avrà più glamour nel futuro?
«Sono in corso riflessioni con la Rai. Ma è ancora tutto da decidere».
Questa è la sua prima estate da ministro. Riavvolgiamo il film e torniamo all’agosto 2013. Come immaginava i mesi a venire?
«L'estate scorsa ero una senatrice che considerava i 18 mesi del governo Letta una fase necessaria, un orizzonte realistico. Anche se si cominciava a percepire il rischio di un eccesso di staticità, ad agosto ero ancora abbastanza ottimista».
Il momento peggiore?
«Non nascondo la verità a nessuno, a cominciare da me stessa: l’amarezza legata ai risultati della campagna elettorale. Ho capito presto che stavo andando in guerra armata di una baionetta. E' stato un errore strategico. E un momento amaro. Ma poi si supera. Diciamo che rispetto a Scelta Civica sono stata un medico legale cui è toccato fare l’autopsia invece che la rianimazione».
E la sua vita, un anno dopo, com’è cambiata?
«Fare il ministro impone una continuità di concentrazione e di pensiero. Io poi ho un ministero che non che non dorme mai: l'anno scolastico comincia tra 15 giorni. Certo, pur considerando divertente e utile l'organizzazione della festa di Caorle, oggi, rispetto all'estate scorsa, ho un compito molto più affascinante. Faccio parte di un governo per il quale la scuola è fondamentale. Sono stati investiti tre miliardi e mezzo di euro per gli edifici scolastici, sono previsti diecimila interventi per i prossimi due anni. Si comincia a capire che saremo ricordati per come avremo adeguato l'istruzione italiana alla domanda globale».
Il governo Renzi va in vacanza in Versilia. C'è lei. C'è Maria Elena Boschi. C'è la famiglia del presidente del Consiglio. Un caso o vi è stato suggerito di restare dalle parti di casa e tenere un basso profilo?
«In Versilia vengo da sempre, per me è uno stile di vita. Sono una delle ultime bagnanti che usa ancora il pattino».
Come faceva Ciampi...
«Ai Bagni Mediterraneo siamo rimasti in tre ad usarlo. In questi giorni faccio le cose di ogni estate. Passeggio in spiaggia, trovo un po' di tempo per leggere e per stare con i miei figli, due maschi di 21 e 23 anni».
Studiano in Italia?
«Al Politecnico di Milano. Ma il più grande ha in previsione di continuare negli Stati Uniti».
Prima gli italiani abbienti mandavano all'estero i loro figli per un master. Ora chi può permetterselo li manda a studiare nei college inglesi a 15 anni.
«Constato che in alcuni genitori c'è una progressiva perdita di fiducia nella missione educativa della scuola. A mio giudizio, sbagliano: la scuola superiore (così come la primaria) in Italia è ancora di qualità. Insegna ancora un metodo e ha pochi rivali».
La sua è una difesa d'ufficio, da ministro dell'Istruzione ed ex rettore dell'università per Stranieri di Perugia.
«Stavo per riconoscere i nostri punti di debolezza. Il primo: è insopportabile che le nostre scuole diplomino giovani che non sanno parlare una lingua straniera. Io penso che oggi sia fondamentali conoscerne due, ma una, almeno una, la devono sapere. Su questo come ministero dobbiamo impegnarci in un lavoro alle origini, sin dalle elementari».
Intanto cosa dice ai quei genitori che, potendoselo permettere, mandano i figli in college a 15 anni? E soprattutto cosa dice a chi rimane in Italia e comincia a pensare che gli toccherà un'istruzione di serie B?
«Se la lavatrice non funziona cosa fai, cambi casa? Io dico che l'impianto dell'istruzione italiana è ancora molto solido. Basta vedere quanto sono apprezzati i nostri ragazzi quando vanno all'estero. E attenzione, non vanno solo i migliori, o i privilegiati. Ci va anche un livello medio».
La prima decisione che prenderebbe se disponesse di fondi illimitati per il suo ministero?
«Renderei obbligatorio l' Erasmus. Ovviamente non a carico delle famiglie. Devono essere gli Stati che spingono le università a mandare all'estero i loro studenti. Le do una notizia: da quest'anno il ministero darà più finanziamenti a quelle università che promuoveranno l'Erasmus più delle altre. Naturalmente sarebbe utile se la cosa funzionasse anche nel senso opposto: attrarre in Italia studenti di altri Paesi».
Provo a riassumere cosa caratterizzerà l'anno scolastico che sta per cominciare. Più Erasmus all'università e una campagna di comunicazione che, magari ispirandosi alla serie americana "Numbers", spieghi ai ragazzi italiani che la matematica è un’opportunità di futuro, non incubo del presente.
«Non ci sarà solo questo, ma anche questo. Quanto alla matematica, ora che una donna ha vinto l'equivalente del Nobel per questa materia, spero che anche le ragazzine italiane la vedano come un'opportunità».
Maria Latella


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