PavoneRisorse: Dibattito sulla valutazione e dinamiche emotive
la riforma in atto è una riforma rozza, che punta a distruggere, in poco tempo e con grande superficialità, la scuola che abbiamo costruito e difeso
Di Rodolfo Marchisio
La valutazione è sempre stato uno dei momenti piu’ “caldi”nel lavoro dei docenti ed in occasione di riforme (vedi anche la Riforma Moratti ed il dibattito sulla valutazione per competenze, cui ho lavorato in una rubrica di questo sito per alcuni anni sono emerse dinamiche vivaci e talora pericolose osservate anche in questi giorni.
Convinto che gli elementi emotivi e relazionali siano sempre, ed in particolare nei lavori con le persone, in ultima analisi determinanti, provo ad elencare alcune di queste reazioni osservate. Con la premessa che diverse reazioni convivono e determinano il nostro comportamento e che non si possa identificare una reazione con una categoria o posizione personale.
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Intanto la riforma in atto è una riforma rozza, che punta a distruggere, in poco tempo e con grande superficialità, la scuola che abbiamo costruito e difeso (dalla Moratti ad esempio) in questi anni (per chi scrive quasi 40). Una riforma che dice “basta con la pedagogia” Gelmini, La Stampa 27/12/08. Come se il nostro lavoro non fosse tutti i giorni pedagogia e come se si potesse riformare solo con il presunto “buon senso dei tempi andati”.
Semplificazione estrema contro la complessità: non solo di Morin, ma della realtà.
Al confronto il libro e la scuola del libro “Cuore” sono ancora buona pedagogia.
Tagli e non motivazioni. Con Bertagna si poteva discutere. Con chi sta dietro la Gelmini no, perché non esprimono idee e coerenza e non ascoltano.
Per questo è una riforma che per molti (compreso il sottoscritto) irrita, “grida vendetta a Dio” e suscita, giustamente, forti reazioni politiche e personali. Inoltre è parte, è un tassello, di una linea politica e di una mentalità che divide fortemente (cfr il dibattito politico).
Si fa forte del buon senso, ma lo sfida impunemente e non si preoccupa della coerenza.
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La valutazione è il primo punto toccato dalla riforma, ma anche un punto sensibile per noi.
Perché la valutazione attuale, pur partendo da presupposti sempre condivisibili, si trascina stancamente ed in modo poco soddisfacente. Il tentativo di dibattere di valutazione seriamente, di apprendimento e valutazione per competenze, sotto la provocazione della riforma Moratti, è poi caduto nel vuoto.
Basta diamoci un taglio!
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Inoltre la valutazione è uno degli elementi complessi del nostro lavoro: un momento in cui dobbiamo essere in qualche modo formatori e giudici. Da soli e collegialmente. E questo in assenza di pratiche tuttora consolidate e convincenti, mette in moto reazioni emotive piu’ forti, dubbi, incertezze, stanchezza…
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Questa riforma identifica formazione e scuola con apprendimento e misurazione dell’apprendimento e questo è uno dei trabocchetti piu’ facili: a scuola si va per imparare e la valutazione è misura di quanto si è imparato. La misura è un numero.
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Si rispolvera il mito facile della valutazione oggettiva e da misurare con strumenti semplici.
Poi si fanno le medie con la calcolatrice, la media delle varie materie (compresa la condotta) e tutti quei discorsi e patemi, sulla valutazione (e bocciatura) come messaggio educativo e su “cosa è meglio per il ragazzo” vengono spazzati via. Basta misurare. Peccato che la scienza ci insegni che il metro non esiste e che neanche le analisi del sangue siano un dato oggettivo, ma solo piu’ o meno probabile e tutto da interpretare. Come dicevo anni fa la valutazione non può ridursi alla misurazione oggettiva, sia perché deve essere sempre inevitabilmente formativa, sia perché in ogni professione, specie in quelle che hanno a che fare con persone si mescolano elementi di misura ed elementi di stima. E stimare significa assumere un rischio e una responsabilità, dare un giudizio. Come sanno anche i geometri e gli ingegneri.
Possono esserci solo momenti di valutazione oggettiva in un contesto di valutazione formativa e contestualizzata. Non una misurazione oggettiva di processi complessi che coinvolgono persone in fase dinamica.
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Inoltre questa riforma, per fortuna, impone la valutazione numerica solo per gli scrutini lasciando aperto il problema della valutazione durante il lavoro (cfr anche il parere del CNPI) e creando confusione.
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Ci sono poi le motivazioni di sempre. Non scrivere piu’ i giudizi: si lavora meno, ci crediamo poco e pongono dubbi. Meglio la certezza di un bel numero che un ambiguo aggettivo e tante chiacchiere. Se poi si lavora meno.. .La paura di non rispettare una norma, magari senza averla letta bene, la confusione che, credo, il chiarimento in arrivo non risolverà. L’essere ancora una volta ed in modo poco informato, piu’ “realisti del re”, facendo, come ai tempi della Moratti, quello che la legge neppure ci chiede.
In sintesi: le cose semplici e facili danno certezza e pongono meno problemi. La complessità, la ricerca non solo stancano, ma spaventano anche. La situazione politica e culturale del nostro paese lo dimostrano. Il dibattito in atto nella nostra scuola anche.