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«Pagelle per gli istituti, ma fatte da docenti e famiglie»

Si sa solo che si baserà su tre pilastri: quello, già esistente, delle prove Invalsi; quello dell’autovalutazione da parte dei dirigenti e dei docenti, avviato in questi anni sotto forma di sperimentazione da diversi istituti; e infine il sistema delle ispezioni, anche se quest’ultimo punto è quello ancora più opaco

14/08/2014
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Corriere della sera

«Sono favorevole all’avvio del sistema di valutazione nazionale — dice Anna Paola Sabatini, 35 anni, una delle più giovani dirigenti scolastiche d’Italia —. Ma stiamo aspettando dal ministero la direttiva che dovrebbe chiarirne i contorni. Si sa solo che si baserà su tre pilastri: quello, già esistente, delle prove Invalsi; quello dell’autovalutazione da parte dei dirigenti e dei docenti, avviato in questi anni sotto forma di sperimentazione da diversi istituti; e infine il sistema delle ispezioni, anche se quest’ultimo punto è quello ancora più opaco».
Come dirigente non teme intromissioni dall’esterno?
«Tutt’altro. La mancanza di un solido sistema di valutazione è la vera ferita aperta del sistema dell’istruzione italiana. Come si può pretendere che la scuola funzioni se non è in grado di valutare i propri punti di forza e debolezza?».
E l’Invalsi non è in grado di farlo?
«No, le prove Invalsi servono solo a misurare alcuni apprendimenti dei ragazzi. Non confondiamo la misurazione con la valutazione che può essere fatta solo dalle scuole. Per questo io sono favorevole alla partenza del processo di autovalutazione prevista per settembre. Con un’avvertenza, però».
Quale?
«Lo scopo dev’essere chiaro: non già valutare i singoli docenti, né tanto meno immaginare un sistema di premi o sanzioni, ma offrire alle scuole uno strumento per migliorare. Affinché la valutazione funzioni dev’essere vissuta con onestà intellettuale e con serenità, dunque non come un ulteriore adempimento burocratico né come un’imposizione dall’alto che è quanto invece succede con le prove Invalsi. Se non c’è condivisione il giocattolo si rompe. Impossibile immaginare un processo di miglioramento se non c’è la collaborazione di tutti».
Nella vostra scuola avete già sperimentato forme di autovalutazione?
«Sì. Abbiamo distribuito un questionario a campione a professori e studenti di terza media. Abbiamo coinvolto anche le famiglie, chiedendo loro di esprimere il proprio gradimento: offerta formativa, orario, efficienza dei servizi di segreteria, grado di apertura alle famiglie».
Perché è importante il coinvolgimento delle famiglie?
«In una scuola come la mia (un istituto comprensivo di San Salvo, in provincia di Chieti, ndr ) la collaborazione fra genitori e docenti è indispensabile. Abbiamo a che fare con bambini e ragazzi dai 3 ai 13-14 anni: una fascia evolutiva in cui si pongono le basi della persona. Se non arriva un messaggio univoco dalla scuola e dalla famiglia c’è il rischio che i ragazzi sbandino».
E cosa avete ricavato dal vostro tentativo empirico di autovalutazione?
«Abbiamo scoperto che la regolamentazione rigida del nostro istituto (il portone chiuso dopo l’orario d’ingresso, il fatto che non si possono consegnare ai bidelli materiali o merendine dimenticati a casa) è apprezzata dalle famiglie».
I docenti hanno sollevato qualche critica?
«Quelli della scuola primaria hanno lamentato una percezione di minor attenzione rispetto ai colleghi della scuola media da parte del management scolastico».
E i ragazzi di terza?
«Loro erano entusiasti del progetto di orientamento che abbiamo fatto quest’anno portandoli in azienda ma avrebbero voluto ancora un po’ più tempo dedicato alla conoscenza delle realtà produttive del territorio».
Orsola Riva

 


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