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Otto euro per la formazione e aiuti dalle famiglie. Chi è l'insegnante del 2012

Non più giovanissimi, a volte demotivati, pieni di voglia di fare nonostante le difficoltà oggettive moltiplicate dalla crisi economica: sono gli insegnanti italiani, oltre 700 mila persone che ogni anno cercano di istruire i quasi 8 milioni di studenti delle 9.500 scuole statali di ogni ordine e grado.

02/09/2012
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Corriere della sera

ROMA — Non più giovanissimi, a volte demotivati, pieni di voglia di fare nonostante le difficoltà oggettive moltiplicate dalla crisi economica: sono gli insegnanti italiani, oltre 700 mila persone che ogni anno cercano di istruire i quasi 8 milioni di studenti delle 9.500 scuole statali di ogni ordine e grado. Non ci sono solo i 600 mila docenti di ruolo, che percepiscono regolarmente uno stipendio che va dai 1.300 a 2.000 euro in base all'anzianità, con ferie e tredicesima retribuite: ci sono anche 60mila insegnanti di sostegno e 50 mila precari, che in questi giorni aspettano con ansia di essere richiamati in servizio per cominciare a lavorare, ma senza ferie retribuite e con la malattia pagata solo al 50% se l'incarico non è annuale. La maggior parte è donna, il 79,4%. E moltissimi non sono più giovani: se l'età media degli insegnanti di ruolo è 49 anni (dati del ministero dell'Istruzione), nel 2007-2008 più della metà dei docenti italiani in servizio nella scuola secondaria era over 50, tra i più vecchi in Europa, mentre nella scuola primaria e dell'infanzia si trovano docenti di 42 anni in media.
Le nuove immissioni in ruolo contribuiscono solo parzialmente ad uno svecchiamento: l'età media di chi è nelle graduatorie ad esaurimento è di 39 anni. I precari spesso cambiano regione, pur di continuare a fare supplenze. E quando finalmente arriva la chiamata per la messa in ruolo devono sottoporsi ancora ad un anno di prova, con tanto di giudizio finale di commissione. A volte la vita del docente definitivo non è facile, «tra scartoffie da compilare per i test Invalsi, classi sovraffollate, un budget per la formazione ridicolo, 8 euro circa a insegnante, e materiali da elemosinare alle famiglie», sintetizza Mimmo Pantaleo, Cgil scuola. Eppure hanno un'energia straordinaria che spendono tutta per i propri ragazzi.
«Ho 35 anni, sono vincitrice di concorso, lavoro nella scuola da 13 anni, ma sono ancora precaria — racconta Simona Aquilano Monetti, Torino —. Avevo solo 60 persone davanti a me, pensavo di essere assunta: invece ne hanno presi 29. Pazienza, anche quest'anno ricomincerò daccapo e magari tenterò il concorso. A darmi la forza sono i bambini che anche a distanza di anni mi raccontano i loro successi. E i progetti che seguo con passione».
Caterina Altamore, 39 anni, di cui gli ultimi 17 passati nella scuola, è diventata famosa per i suoi scioperi della fame davanti a Montecitorio. «Forse sono serviti, visto che finalmente a ottobre avrò l'immissione in ruolo. Adesso sto insegnando a Palazzolo sull'Oglio (Brescia) lontana da mio marito e dai miei tre figli, e non potrò richiedere il trasferimento per altri 5 anni. Nonostante tutto, continuo a credere in questo lavoro: quello che mi dispiace è che non si investa di più nella scuola, che rappresenta il nostro futuro, il futuro di tutti».
«Insegno nelle scuole medie da 33 anni — dice Teresa Magna, Vallo della Lucania (Salerno) — Sono entrata in ruolo nell'87, dopo 7 anni di supplenze. Speravo di andare in pensione ma la legge Fornero ha fatto slittare la possibilità di alcuni anni. A volte sono stanca, perché faccio fatica ad adeguarmi a lavagne elettroniche e strumenti multimediali. Ci viene richiesto sempre di più ma i fondi diminuiscono».
Ma com'è cambiato il panorama dell'insegnamento, gloria del nostro dopoguerra? «Nella seconda metà del Novecento c'è stato uno sviluppo enorme del comparto scolastico — commenta l'esperto di politiche scolastiche Benedetto Vertecchi — bisognava superare il gap di istruzione, con un solo bambino su 4 che proseguiva gli studi. Ma lo sviluppo è stato solo quantitativo, non qualitativo: e tutte le difficoltà sono state ricacciate sulla testa degli insegnanti. Lo Stato ha inseguito l'obiettivo della prima scolarizzazione senza curarsi della necessità di avere edifici scolastici adeguati, delle aspettative e delle motivazioni della domanda sociale, della cultura dell'educazione: è stata una follia». Il nuovo concorso rinfrescherà la classe docente? «Più che sul concorso, bisognerebbe concentrarsi su come rendere adeguata la cultura della scuola per non produrre un'altra classe di docenti frustrati, demotivati, malpagati. Se potessi dare un consiglio a un nuovo insegnante, gli direi: cura la tua qualità culturale, è l'unica arma che può salvarti».
V. San.
 


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