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Ospedali e musei Ecco i nuovi stage anche per i liceali

La riforma amplia l’alternanza scuola-lavoro Il percorso aziendale sarà scritto nel curriculum

18/09/2015
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Corriere della sera

Annarita ha 19 anni, è calabrese, e quest’anno era in vacanza a Malta quando è stata contattata urgentemente. Ha scoperto con stupore che a cercarla era l’azienda agroalimentare presso cui aveva fatto uno stage: volevano assumerla, a tutti i costi. Fabio ha 16 anni, e l’anno scorso per la prima volta è stato in una sala operatoria: sogna di fare il medico, e anche se sa che lo aspettano tanti anni di studio quell’esperienza ha rafforzato la sua scelta.
Insieme a loro quest’anno ci saranno altri 500 mila ragazzi e ragazze — più del doppio di due anni fa — coinvolti nei progetti di alternanza scuola-lavoro che, da esperienza sperimentale per il 10% degli studenti italiani, diventa un pezzo di formazione obbligatoria. E non solo per gli studenti di istituti tecnici e professionali, che dal 2005 ad ora ospitavano il 90% delle esperienze: in base alla riforma della Buona Scuola, saliranno dalle attuali 90 ad almeno 400 le ore di scuola-lavoro negli ultimi tre anni degli istituti tecnici e professionali, e saranno almeno 200 quelle nei licei. I motori si stanno già scaldando: nei prossimi giorni la guida operativa per le scuole sull’alternanza sarà illustrata al Comitato nazionale per l’alternanza e al Forum degli studenti, per poi essere spedita alle scuole. Si tratta di un vade-mecum, una cinquantina di pagine, rivolto ai dirigenti scolastici, per spiegare come attivare i progetti. I ragazzi saranno affiancati da un tutor scolastico e uno aziendale, e il percorso aziendale sarà inserito nel nuovo curriculum digitale dello studente, perché avrà sempre più peso per l’esame di Stato. Per quest’anno l’alternanza sarà obbligatoria solo per le terze classi, mentre quarte e quinte saranno avviate, come in passato, sulla base dei progetti elaborati dagli istituti.
«Con i finanziamenti previsti dalla Buona Scuola — 100 milioni entro il 2016, ndr — passiamo da una lunga fase sperimentale ad un obbligo formale — spiega la ministra Stefania Giannini — che consentirà di fare alternanza anche nei licei e di farla anche coinvolgendo enti pubblici e musei, per garantire la partecipazione anche a chi vive in zone con minore presenza di imprese». Non più solo dunque il ricco Nordest, che negli scorsi anni conquistava il primato delle esperienze da sfoggiare.
«Dove non ci sono aziende, ci sono imprenditori disposti ad andare a scuola, istituzioni pubbliche pronte ad aprire le porte, stage all’estero o in altre regioni», assicura il sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi. E il rischio di trascurare la cultura teorica? «Non c’è: abbiamo rifiutato il modello duale tedesco, che prevedeva diversi giorni in azienda: noi non abbiamo quel tipo di cultura, perciò puntiamo su esperienze che sono soprattutto formative». Come dire: non si va ad imparare necessariamente un lavoro, ma si tirano fuori le competenze pra-tiche da unire alla formazione teorica.
 «Per noi l’alternanza non ha un valore propedeutico al lavoro — conferma la preside del liceo classico Tito Livio di Milano, Amanda Ferrario —. E quindi ai nostri studenti non serve l’apprendistato, ma imparare a sapersi muovere nel mondo, a gestire progetti, a usare correttamente il linguaggio. Infatti i miei studenti vanno negli ospedali — dove hanno fatto di tutto, dalla sala operatoria ai compiti amministrativi alla corsia —, negli uffici della Commissione europea, negli studi legali e notarili, nei teatri, in case discografiche ed editrici, nelle tv locali, in biblioteche e università: tutte esperienze che li fanno tornare in classe motivati, volenterosi e più pronti».
Il segreto? «L’orientamento e la formazione — conclude la deputata pd Simona Flavia Malpezzi, paladina dell’alternanza — permette ai nostri ragazzi di fare la scelta vincente per il futuro».
@ValentinaSant18


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