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Orario docenti: non è il caso di smobilitare
Mentre i sindacati scuola Cisl, Uil, Snals e Gilda si dicono soddisfatti degli “importanti risultati” raggiunti, a livello di opinione pubblica si continua a sparare sugli insegnanti. Il cliché che lavorino “solo 18 ore” è diffuso intenzionalmente e recepito con superficialità
27/11/2012
La Tecnica della Scuola
Annamaria Bellesia
Il comunicato stampa di Cisl, Uil, Snals e Gilda, che ha sospeso lo sciopero del 24 novembre, dichiarando soddisfazione per la cancellazione delle 24 ore e il recupero degli scatti 2011, ha lasciato non pochi docenti più indignati che soddisfatti, come testimoniano diversi interventi nella Rubrica “I lettori ci scrivono”.
La cancellazione delle norme inserite nel disegno di legge di stabilità sull’aumento dell’orario di lavoro sembra proprio una vittoria di Pirro.
Monti, Grilli, Profumo e Fornero sanno dove vogliono arrivare. Ha cominciato Grilli, imponendo ai sindacati, contestualmente al recupero degli scatti 2011, una trattativa sulla “produttività” nella scuola”, concetto che lascia intendere una intensificazione quantitativa, l’unica economicamente vantaggiosa, con l’obiettivo finale dell’insegnante intrattenitore di ragazzi parcheggiati a scuola tutto il giorno.
Che il disegno “politico” e la “vision” sociale e culturale siano queste, è confermato dal pressing sempre più stringente sulla questione orario. L’opinione pubblica viene incalzata continuamente col cliché diffuso ad arte ed assorbito con superficialità degli insegnanti che lavorano “solo 18 ore”.
Il presidente Monti, in una trasmissione televisiva assai seguita, ha dichiarato che nella scuola ha trovato “spirito conservatore e corporativismo”, esemplificando sapientemente con la “indisponibilità a fare due ore in più a settimana che avrebbe significato più didattica e cultura”. Chi sta nella scuola sa che non è vero, ma il messaggio voluto è passato agli italiani. L’affermazione di Monti non è un rispolvero casuale di “odiosi luoghi comuni”, ma risponde a un disegno preciso.
Ultimamente molti interventi sollecitano in questa direzione. Andrea Gavosto, presidente della Fondazione Agnelli, ha parlato sui media nazionali di “occasione perduta” riguardo alla cancellazione della norma sull’incremento di orario. La sua idea è quella del docente con “orario full time” di 40 ore settimanali, articolato nei compiti e differenziato nello stipendio.
È di pochi giorni fa il comunicato dell’Associazione di genitori Age Toscana che riprende le stesse parole: “Professori a 24 ore settimanali: un’occasione perduta, tanta retorica pelosa e qualche sincero dubbio sulla nostra classe politica, ecco il parere di noi genitori, che avremmo dovuto gridare allo scandalo per tempo”. La convinzione è che i docenti facciano un tart time pagato per intero. Un preconcetto pericoloso, perché in una Italia impoverita e spremuta alimenta la “guerra fra poveri”, mette gli uni contro gli altri, indirizza i rancori verso gli obiettivi sbagliati, facendo il gioco del manovratore.
Mentre nella scuola la mobilitazione cessa da un giorno all’altro, con “soddisfazione” per lo scampato pericolo, il cliché dell’insegnante che lavora poco dilaga, echeggia nei media che contano a livello nazionale e nei luoghi dove meno te l’aspetti.
Il Giornale di Vicenza del 25 novembre pubblica l’intervento di una signora che ha partecipato ad un incontro della Scuola per Genitori organizzata da Confartigianato, il cui direttore scientifico è il famoso psicoterapeuta Paolo Crepet. “Sono tornata a casa perplessa per come la serata si è conclusa –scrive la signora Cristina Tizian- cioè con uno sproloquio, da parte del prof. Crepet, sulla casta degli insegnanti, che lavorano 18 ore a settimana e fanno 3 mesi di vacanza, e che non vogliono lavorare e mostrare in modo trasparente quanto e se lavorano per preparare le lezioni e correggere i compiti”.