Ora l’esecutivo deve trovare 40 milioni taglierà l’offerta formativa delle scuole
I 45mila insegnanti troveranno la restituzione in busta paga
CORRADO ZUNINO
ROMA
— Retromarcia: gli scatti d’anzianità ottenuti nel 2013 dagli insegnanti non vanno restituiti. L’insurrezione di docenti, sindacati, parlamentari del Pd (suggellati dall’intervento del segretario Renzi) ha procurato, ieri mattina alle 8,30, una riunione d’urgenza di un pezzo del governo sul tema “buste paga della scuola”. Il premier Enrico Letta ha convocato i ministri dell’Economia Saccomanni e dell’Istruzione Carrozza (che ha fermato il suo viaggio a Washington) e dopo due ore è riemerso dalla riunione con il tweet atteso: «Insegnanti non dovranno restituire 150 euro percepiti nel 2013 a seguito della contorta vicenda scatti... «. La busta paga è salva. I 45 mila tra docenti e personale amministrativo il prossimo 27 gennaio troveranno sul cedolino due voci: prelievo di 150 euro (già stampato) e contemporaneamente restituzione di 150 euro (da aggiungere).
Chiusa la riunione politica si sono aperti i tavoli tecnici alla ricerca dei soldi (35-40 milioni) ora mancanti nei bilanci di Stato. Saccomanni ha fatto notare che quel denaro andrà recuperato nei bilanci dell’Istruzione, come da legge del 2010. «Nella ricerca sono a buon punto», dicono fonti del Mef. Come da prima ipotesi, gli scatti dei docenti saranno pagati togliendo soldi all’offerta formativa delle scuole. «Carta igienica, gessetti e toner per le stampanti continueranno a essere in carico dei genitori », sottolinea il sindacato Anief.
Dopo il botta e risposta di martedì sulle responsabilità del gran pasticcio (risolto in extremis), anche ieri le versioni tra i ministri sono rimaste lontane. Maria Chiara Carrozza: «Gli uffici del Mef hanno preso una decisione senza avvertirci». Fabrizio Saccomanni: «Il 9 dicembre abbiamo mandato una nota alla quale non c’è stata risposta». Il ministro dell’Istruzione ora assicura un’analisi interna, «capiremo chi ha sbagliato», e garantisce: «Rivedremo il processo decisionale, non è possibile che da una parte si decidono le cose per 800 mila insegnanti e dall’altra come e quando si pagano gli stipendi. Serve una riforma dello Stato ». I sindacati, dopo il primo successo, non mollano la presa. La Cgil scuola: «O la scuola viene messa al centro dell’azione di governo o sarà sciopero generale».